L’abbandono della casa coniugale non è causa di addebito se la convivenza è già intollerabile

Con la sentenza n. 12241 del 23 giugno 2020, il Supremo Collegio ha stabilito che il volontario abbandono della casa coniugale coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto.

Cassazione civile, sez. VI-1, sentenza 23 giugno 2020, n. 12241

Estratto della sentenza:

La Corte d’appello, confermando sul punto la statuizione di primo grado, ha fondato la propria decisione in punto di addebito sul rilievo che l’abbandono della casa familiare da parte della moglie era intervenuto in un momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata ed in conseguenza del comportamento di entrambi i coniugi, rivelatisi inidonei a costruire persino un progetto di vita matrimoniale.
Pertanto, anzitutto, la statuizione del giudice d’appello è conforme ai principi di diritto più volte enunciati da questo giudice di legittimità (Cass. 12373/2005; Cass. 17056/2007: “l’abbandono della casa familiare, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio. Ne consegue che il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto“; conf. Cass. 10719/2013; Cass. 25663/2014).
Inoltre, in difetto di violazione di legge, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass. 11511/2014). Le censure poste a fondamento del ricorso si risolvono nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 7972/2007; Cass. 25332/2014).
6. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiara l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale. Stante la soccombenza reciproca, le spese processuali del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese processuali del presente giudizio di legittimità.

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