Clausola “solve et repete” nulla nei contratti tra banca e consumatore: la Corte d’Appello di Bologna revoca il decreto ingiuntivo (2024)

La Corte d’Appello di Bologna, con una sentenza del 2024, ha emesso una pronuncia di notevole rilevanza in materia di contratti bancari e tutela del consumatore. Il caso riguardava un decreto ingiuntivo per oltre un milione di euro emesso contro una fideiussore. Mentre il tribunale di primo grado aveva confermato il decreto, respingendo l’opposizione, la Corte d’Appello ha riformato completamente questa decisione, accogliendo l’appello e revocando il decreto ingiuntivo.

La Corte ha fondato la sua decisione su tre motivi principali. Innanzitutto, ha riconosciuto la qualità di consumatrice della fideiussore, applicando la disciplina di tutela prevista dal Codice del Consumo. La Corte ha ritenuto irrilevante che la fideiussore fosse legata a persone coinvolte in attività d’impresa, non essendo dimostrato alcun collegamento tra la fideiussione e un’attività professionale. In secondo luogo, ha dichiarato nulla la clausola “solve et repete presente nel contratto di fideiussione. Questa clausola, che obbliga il debitore a pagare prima di poter sollevare eccezioni, è stata considerata vessatoria ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo. La banca non ha dimostrato che tale clausola fosse stata oggetto di specifica trattativa individuale. Infine, la Corte ha ritenuto fondata l’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria per decorso del termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c.. Ha constatato che la banca non aveva provato di aver intrapreso azioni giudiziarie contro i debitori principali entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale.

Questa sentenza evidenzia l’importanza della tutela del consumatore nei rapporti bancari e l’obbligo del giudice di rilevare d’ufficio la nullità delle clausole vessatorie, anche quando non espressamente eccepita dalla parte.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
  • SCARICA LA SENTENZA ⬇️

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Ravenna, con il quale si ingiungeva a una persona fisica il pagamento di una somma di oltre un milione di euro in favore di un istituto bancario. La somma era richiesta in virtù di una fideiussione rilasciata dalla persona fisica a garanzia di un credito concesso dalla banca a terzi debitori.

L’ingiunta proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, sollevando diverse eccezioni. In particolare, contestava la validità del contratto di conto corrente per mancanza di indicazione delle condizioni economiche, dei dati anagrafici dei contraenti e di una data certa. Inoltre, eccepiva la nullità della clausola anatocistica e la mancata prova del credito. Relativamente alla fideiussione, ne sosteneva la nullità per conformità al modello ABI, censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005 in quanto anticoncorrenziale. L’opponente invocava anche la propria liberazione ai sensi degli artt. 1956 e 1957 c.c..

Il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 2019, rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. Il giudice di prime cure qualificava la garanzia come fideiussione con clausola “solve et repete“, escludendo che si trattasse di un contratto autonomo di garanzia. Riteneva quindi non opponibili le eccezioni sollevate dall’opponente, in quanto precluse dalla clausola che impone al garante di adempiere e poi, eventualmente, ripetere.

Avverso tale sentenza, la fideiussore proponeva appello dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna. Nei motivi di gravame, l’appellante ribadiva le eccezioni già sollevate in primo grado e contestava la qualificazione della garanzia operata dal tribunale. In particolare, eccepiva la nullità della clausola “solve et repete” in quanto vessatoria nei rapporti tra professionista e consumatore, ai sensi degli artt. 33 e 34 del Codice del Consumo. Inoltre, insisteva sulla nullità della fideiussione per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La Corte d’Appello di Bologna ha fondato la propria decisione su un’approfondita analisi della normativa vigente e dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di tutela del consumatore nei contratti bancari.

In primo luogo, la Corte ha richiamato gli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), che disciplinano le clausole vessatorie nei contratti tra professionisti e consumatori. In particolare, l’art. 33 lett. r) e t) prevede una presunzione di vessatorietà per le clausole che limitano la facoltà del consumatore di opporre eccezioni, salvo che il professionista non dimostri che siano state oggetto di specifica trattativa.

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