Tre ordinanze della Suprema Corte di Cassazione, tutte depositate nel 2025 e provenienti dalla Prima Sezione Civile, hanno definitivamente chiarito i criteri per la dimostrazione della cessione del credito nelle procedure di accertamento dello stato passivo. Le pronunce affrontano con approccio sistematico la complessa questione della prova documentale richiesta al cessionario per dimostrare l’avvenuto trasferimento dei diritti creditizi.
La casistica esaminata dalle tre decisioni presenta elementi comuni che delineano un quadro giurisprudenziale consolidato sui metodi di dimostrazione dell’inclusione dei crediti nel perimetro delle operazioni di cessione. Ogni pronuncia affronta aspetti specifici della problematica probatoria, dalla cessione in blocco di portafogli creditizi alla dimostrazione dell’identificazione puntuale dei singoli rapporti trasferiti.
Il contributo interpretativo delle tre ordinanze risulta particolarmente significativo per gli operatori del settore creditizio, che si trovano frequentemente a dover gestire procedure di accertamento del passivo in contesti di crisi aziendale o procedure esecutive. La giurisprudenza di legittimità ha fornito parametri chiari per la valutazione della documentazione probatoria, stabilendo criteri oggettivi che dovranno guidare sia i professionisti nella predisposizione delle istanze sia i giudici nella valutazione delle prove prodotte.
Le decisioni si caratterizzano per l’approccio pragmatico adottato nella risoluzione delle questioni processuali, bilanciando le esigenze di certezza del diritto con la necessità di non imporre oneri probatori eccessivamente gravosi o impossibili da assolvere. La Cassazione ha così delineato un sistema di regole che tiene conto delle specificità operative delle cessioni di credito moderne, caratterizzate spesso da operazioni complesse su portafogli di grande dimensione.
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Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLE SENTENZE
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
I tre casi sottoposti all’esame della Suprema Corte presentano fattispecie processuali che, pur nelle loro specificità, convergono verso problematiche comuni relative alla prova della cessione del credito nelle procedure di accertamento dello stato passivo. In ciascuna delle vicende esaminate, società cessionarie si erano rivolte ai competenti tribunali per ottenere l’ammissione dei propri crediti nelle graduatorie concorsuali, incontrando il rigetto delle istanze per insufficienza della documentazione probatoria prodotta.
La prima controversia riguardava una cessione in blocco di crediti plurimi per un valore complessivo superiore ai sei milioni di euro, derivanti da finanziamenti ipotecari e prestiti garantiti da fideiussione. La particolarità del caso risiedeva nella modalità di trasferimento attraverso una procedura di amministrazione straordinaria, che aveva comportato la cessione di un intero portafoglio di crediti in sofferenza. Il Tribunale di primo grado aveva escluso i crediti dallo stato passivo, ritenendo che la società cessionaria non avesse fornito prova specifica dell’inclusione dei singoli rapporti creditizi nel perimetro dell’operazione di cessione, nonostante l’esistenza di un contratto generale di trasferimento regolarmente stipulato e notificato.
La seconda vicenda processuale aveva ad oggetto una cessione parziale di crediti derivanti da rapporti di conto corrente nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione. Il caso presentava elementi di complessità legati alla necessità di identificare con precisione quali specifici crediti fossero stati effettivamente trasferiti tra i molteplici rapporti esistenti tra le parti. Il cessionario aveva prodotto contratti autentici e comunicazioni alle controparti debitrici, ma il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto insufficiente tale documentazione per dimostrare l’avvenuto trasferimento del particolare credito azionato. La questione si complicava ulteriormente per la presenza di precedenti operazioni di cessione parziale che avevano interessato lo stesso debitore, generando incertezze sulla corretta identificazione del credito effettivamente oggetto di trasferimento.
Il terzo caso presentava profili di particolare interesse tecnico per quanto riguarda la corrispondenza tra documentazione contrattuale e certificazioni notarili. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza di ammissione allo stato passivo sostenendo che la documentazione prodotta dal cessionario non consentiva di individuare con precisione i singoli crediti ceduti, mancando corrispondenza tra le caratteristiche indicate nell’atto di cessione e quelle risultanti dalla certificazione bancaria successivamente rilasciata. Il cessionario aveva eccepito l’erroneità di tale valutazione, sostenendo che i documenti depositati erano sufficienti per dimostrare sia l’esistenza dei crediti sia l’avvenuto trasferimento, producendo anche documentazione integrativa per chiarire eventuali discrasie formali tra i vari atti.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La disciplina normativa della prova nella cessione del credito si fonda principalmente sugli articoli 1260 e seguenti del Codice Civile, che regolano tanto i requisiti sostanziali dell’operazione quanto le modalità per dimostrarne l’avvenuto perfezionamento. L’articolo 1260 stabilisce che il creditore può cedere il proprio credito anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. L’efficacia della cessione nei confronti del debitore è disciplinata dall’articolo 1264, che richiede l’accettazione da parte del debitore o la notificazione dell’avvenuto trasferimento.
Il sistema probatorio trova il suo cardine nell’articolo 2697 del Codice Civile, che stabilisce il principio generale secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel contesto specifico delle cessioni di credito, tale principio comporta che il cessionario deve fornire prova documentale non solo dell’esistenza del credito originario, ma anche dell’avvenuto trasferimento del diritto per effetto dell’operazione di cessione. La giurisprudenza ha chiarito che tale onere non può essere assolto attraverso mere presunzioni, richiedendo invece la produzione di documentazione specifica e inequivocabile.
La Corte di Cassazione ha consolidato nel tempo un orientamento secondo cui la dimostrazione della cessione richiede la produzione di una serie coordinata di elementi probatori. In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite numero 11632 del 2003 ha stabilito che il cessionario deve fornire la prova tanto dell’esistenza del credito originario quanto dell’avvenuto trasferimento del diritto, non potendo limitarsi alla produzione del solo atto di cessione. Questo principio è stato successivamente sviluppato attraverso pronunce che hanno precisato come la prova debba essere fornita attraverso documentazione oggettiva, capace di identificare con precisione il credito oggetto di trasferimento.
La normativa speciale relativa alle procedure concorsuali introduce ulteriori specificazioni per quanto riguarda l’accertamento dello stato passivo. L’articolo 58 del Decreto Legislativo 385 del 1993 prevede che l’istanza di ammissione debba essere corredata dalla documentazione idonea a comprovare non solo l’esistenza e l’entità del credito, ma anche la legittimazione del soggetto richiedente. Nel caso di crediti ceduti, tale documentazione deve necessariamente includere elementi che dimostrino inequivocabilmente l’avvenuto trasferimento del diritto dal cedente al cessionario.
Le recenti evoluzioni del mercato del credito, caratterizzate da operazioni di cessione sempre più complesse e articolate, hanno reso necessario un adattamento degli standard probatori alle nuove modalità operative. La giurisprudenza ha dovuto confrontarsi con cessioni in blocco di portafogli creditizi, operazioni di cartolarizzazione e trasferimenti nell’ambito di procedure concorsuali, sviluppando criteri di valutazione che tengano conto delle specificità di ciascuna tipologia di operazione. Il principio della vicinanza della prova, più volte richiamato dalla Cassazione, impone che l’onere probatorio gravi sulla parte che si trova nella posizione più favorevole per fornire la dimostrazione dei fatti rilevanti, principio che nelle cessioni di credito si traduce generalmente nell’onere del cessionario di dimostrare l’avvenuto trasferimento.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La metodologia interpretativa adottata dalla Suprema Corte nelle tre pronunce si caratterizza per un approccio sistematico alla questione della prova nelle cessioni di credito, sviluppando criteri valutativi che bilanciano le esigenze di certezza del diritto con la praticabilità degli oneri processuali. L’analisi condotta dalla Cassazione evidenzia come la valutazione della prova documentale debba essere effettuata considerando le specificità dell’operazione di cessione e le modalità concrete attraverso cui essa si è realizzata.
