Cessione del credito: legittimazione processuale provata anche con elementi presuntivi – Tribunale di Terni 2025

La questione della legittimazione processuale del cessionario di crediti rappresenta uno dei temi più delicati e ricorrenti nelle controversie relative a mutui fondiari ceduti a società specializzate nel recupero crediti. Il Tribunale di Terni, con sentenza del 2025, ha affrontato questa problematica nel contesto di un’opposizione all’esecuzione proposta da una società mutuataria che contestava il diritto del cessionario a procedere all’esecuzione forzata. La pronuncia assume particolare rilevanza perché chiarisce gli oneri probatori che gravano sul cessionario e le modalità attraverso cui può dimostrarsi la titolarità effettiva del credito nelle cessioni in blocco.

Il caso riguardava un mutuo fondiario di 2.300.000 euro stipulato nel 2009 e successivamente ceduto mediante un’operazione di cessione di crediti in blocco. La società debitrice aveva contestato genericamente la legittimazione sia della mandataria che aveva notificato il precetto, sia della cessionaria formalmente indicata come creditrice. Durante il giudizio era poi intervenuta un’ulteriore società, sostenendo di aver a sua volta acquistato il credito con un successivo contratto di cessione. Il Tribunale ha dovuto quindi verificare chi fosse l’effettivo titolare del credito e quali elementi probatori fossero necessari per dimostrare la titolarità in presenza di cessioni successive.

La sentenza ha confermato la legittimazione del cessionario originario e ha riconosciuto la successiva titolarità in capo all’intervenuta, accogliendo un orientamento sempre più consolidato secondo cui la prova della cessione può essere fornita anche mediante elementi presuntivi, quali la disponibilità del titolo esecutivo, le scritture contabili e le dichiarazioni della parte cedente. Questo approccio garantisce certezza dei traffici giuridici senza imporre al cessionario oneri probatori impossibili o eccessivamente gravosi.

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Avv. Cosimo Montinarosegreteria@studiomontinaro.it


INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Nel marzo 2009 veniva stipulato tra una società e un istituto bancario un contratto di mutuo fondiario dell’importo di 2.300.000 euro, garantito da ipoteca su immobili della mutuataria per complessivi 3.450.000 euro. Il contratto prevedeva la restituzione in 360 rate mensili al tasso fisso del 5,70% nominale annuo, con applicazione del metodo di ammortamento alla francese. Dopo alcuni anni di regolari pagamenti, la società aveva iniziato a incontrare difficoltà nell’adempimento delle obbligazioni assunte, determinando l’accumulo di rate insolute e l’applicazione degli interessi moratori previsti contrattualmente.

Nel frattempo, l’istituto bancario originario aveva ceduto il credito derivante dal mutuo a una società specializzata nel recupero crediti mediante un’operazione di cessione di crediti in blocco, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 138 del 23 novembre 2019. La cessione rientrava in quelle operazioni sempre più frequenti attraverso cui gli istituti di credito alienano in massa portafogli di crediti deteriorati a soggetti specializzati, individuando i crediti non nominativamente ma mediante criteri oggettivi di selezione. L’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale indicava i parametri identificativi dei crediti ceduti e rinviava al sito internet della società per ulteriori informazioni, consentendo ai debitori di verificare l’inclusione della propria posizione nell’operazione di cessione.

La società cessionaria aveva conferito mandato a un’altra società per la gestione e il recupero dei crediti acquisiti. Quest’ultima, in qualità di mandataria, aveva notificato alla società mutuataria nel luglio 2023 un atto di precetto con cui intimava il pagamento di oltre 2,8 milioni di euro a titolo di rate insolute, interessi corrispettivi maturati sulle rate non pagate, interessi moratori e spese. Il precetto era finalizzato ad avviare l’esecuzione forzata immobiliare sui beni gravati da ipoteca a garanzia del mutuo.

La società debitrice aveva proposto opposizione all’esecuzione, contestando la validità del contratto di mutuo sotto molteplici profili e sollevando anche una contestazione generica in merito alla legittimazione della mandataria e della mandante a procedere all’esecuzione forzata. Nell’atto di citazione, la società opponente si era limitata ad affermare che “né la società mandante né la mandataria hanno alcun diritto a procedere ad esecuzione forzata, in quanto sono carenti di legittimazione“, senza tuttavia specificare le ragioni concrete della contestazione né indicare se la doglianza riguardasse l’esistenza della cessione, l’inclusione del credito specifico nell’operazione o altri profili.

Nel corso del giudizio era intervenuta volontariamente un’ulteriore società, deducendo di aver acquistato dalla prima cessionaria la posizione creditoria mediante un contratto di cessione di crediti pecuniari individuabili in blocco sottoscritto nel dicembre 2024. L’intervenuta aveva prodotto l’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 5 dell’11 gennaio 2025, dal quale risultava che la società aveva ceduto a sua volta crediti individuabili secondo specifici criteri. L’intervenuta aveva conferito mandato alla medesima società già mandataria della prima cessionaria per la gestione dei crediti acquisiti.