Nel complesso mondo dei rapporti bancari, la questione dei limiti della responsabilità degli istituti di credito nei confronti dei correntisti rappresenta un tema di straordinaria attualità. La vicenda che analizziamo oggi solleva interrogativi fondamentali sulla portata degli obblighi di vigilanza che gravano sulle banche quando un cliente conferisce una delega ad operare sul proprio conto corrente. Fino a che punto l’istituto bancario deve spingersi nel controllare le operazioni disposte dal delegato? Esiste un dovere generalizzato di monitoraggio continuo delle movimentazioni, o la responsabilità si limita a situazioni specifiche e circoscritte?
La controversia esaminata dal Tribunale di Lecce nel 2025 trae origine da una situazione purtroppo non infrequente nella pratica quotidiana. Una correntista anziana, dopo aver scoperto che sul proprio conto corrente erano state effettuate nel corso di diversi anni numerose operazioni per importi complessivamente molto rilevanti, si è rivolta al giudice contestando alla propria banca di non averla mai avvisata di quelle che riteneva essere anomalie evidenti. La cliente sosteneva che l’istituto di credito avrebbe dovuto insospettirsi di fronte a prelievi frequenti, bonifici con causali particolari, pagamenti presso esercizi commerciali di vario tipo e altre operazioni che, a suo dire, non corrispondevano alle sue effettive esigenze di vita quotidiana.
La questione si complica ulteriormente considerando che tutte queste operazioni erano state materialmente eseguite da un soggetto regolarmente delegato ad operare sul conto, circostanza che solleva delicati problemi di bilanciamento tra l’autonomia contrattuale del correntista e la tutela dello stesso da possibili abusi. Il caso presenta anche profili di interesse sotto il piano probatorio, dovendo il giudice valutare se le singole operazioni contestate presentassero caratteristiche tali da giustificare un intervento preventivo della banca.
La sentenza che andiamo ad esaminare fornisce importanti chiarimenti sui doveri di protezione che gravano sugli istituti bancari, distinguendo nettamente tra l’obbligo di vigilare su operazioni singolarmente anomale e l’inesistenza di un dovere di controllo generalizzato sull’intera gestione del rapporto. Si tratta di una distinzione fondamentale per comprendere quando effettivamente una banca possa essere chiamata a rispondere dei danni subiti dal correntista a causa di operazioni disposte dal delegato.
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INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda processuale prende avvio da un rapporto bancario di lunga durata, risalente ormai a quasi 20 anni prima della proposizione della domanda giudiziale. La correntista aveva infatti acceso il proprio primo conto corrente presso la filiale locale dell’istituto di credito convenuto già nel lontano 2006, in un regime iniziale di cointestazione con il coniuge. Sul conto venivano regolarmente accreditati gli emolumenti pensionistici percepiti dalla titolare, che nel corso degli anni erano progressivamente aumentati fino a raggiungere un importo mensile di circa 3.000 euro.
Nel corso del tempo, il rapporto bancario aveva subito alcune evoluzioni nella sua configurazione formale. Dopo un primo periodo di gestione cointestata, era stato aperto un secondo conto corrente, sempre in regime di cointestazione ma questa volta tra la correntista e il figlio. Successivamente, la cliente aveva richiesto l’apertura di un ulteriore conto corrente, questa volta intestato esclusivamente a lei. Fu proprio in occasione dell’apertura di quest’ultimo rapporto, avvenuta nel luglio del 2015, che la titolare del conto conferì al figlio una delega completa ad operare, autorizzandolo a compiere in via continuativa tutte le operazioni sul rapporto bancario con firma disgiunta.
Le movimentazioni sul conto corrente si caratterizzavano per un andamento sostanzialmente costante nel tempo. Gli accrediti mensili della pensione venivano rapidamente consumati attraverso diverse tipologie di operazioni: prelievi di contante effettuati sia presso gli sportelli bancari che attraverso i dispositivi automatici, bonifici disposti a favore di terzi, pagamenti tramite assegni bancari, utilizzo di carte di debito per acquisti presso esercizi commerciali. La banca, dal canto suo, provvedeva regolarmente ad inviare alla correntista non soltanto i consueti estratti conto trimestrali, ma anche specifiche informative riepilogative mensili relative ai servizi di pagamento, documenti questi ultimi volti a evidenziare in modo particolare le operazioni di maggiore consistenza economica.
La situazione precipitò nell’ottobre del 2022, quando il figlio delegato venne a mancare. Fu proprio in prossimità di questo tragico evento che la correntista, esaminando con maggiore attenzione la documentazione bancaria degli anni precedenti, si rese conto dell’entità complessiva delle operazioni che erano state effettuate sul suo conto nel periodo compreso tra il 2015 e il 2022. Complessivamente, erano stati movimentati importi molto significativi attraverso canali diversi: oltre 109.000 euro in prelievi tramite bancomat, più di 71.000 euro in prelievi allo sportello, circa 12.600 euro in bonifici bancari e quasi 13.000 euro attraverso assegni bancari. Tra le varie operazioni, la cliente individuò anche pagamenti che le apparivano particolarmente sospetti, come quelli effettuati presso stazioni di rifornimento carburanti per complessivi 6.300 euro, ristoranti, ricevitorie per scommesse per circa 2.300 euro, oltre a bonifici disposti con la causale di “regalo” a favore dello stesso delegato e dei suoi familiari per un totale di 3.700 euro.
A seguito di questa scoperta, la correntista si convinse che la banca avrebbe dovuto accorgersi dell’anomalia di tale situazione e avrebbe dovuto avvisarla tempestivamente, consentendole così di intervenire per bloccare quello che ella riteneva essere un utilizzo improprio del suo denaro da parte del delegato. Ritenendo pertanto che l’istituto bancario fosse venuto meno ai propri doveri di vigilanza e protezione nei suoi confronti, la cliente decise di adire l’autorità giudiziaria chiedendo il risarcimento dei danni.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La decisione del caso si fonda su un complesso intreccio normativo che chiama in causa sia disposizioni del codice di procedura civile relative al rito applicabile, sia principi di diritto sostanziale in materia di contratto di conto corrente bancario e di esecuzione delle obbligazioni secondo buona fede. Sul piano processuale, la controversia è stata trattata secondo le forme del procedimento semplificato di cognizione, disciplinato dall’articolo 281 decies del codice di rito, con trattazione e decisione secondo le modalità previste dall’articolo 281 sexies, che consente la discussione orale della causa in udienza e la contestuale ritenzione in decisione da parte del giudice.
Per quanto concerne il merito della questione, assume rilievo centrale la disciplina del contratto di conto corrente bancario e in particolare le norme che regolano i rapporti tra banca e cliente in ordine alla verifica delle operazioni annotate in conto. L’articolo 1832 del codice civile stabilisce che l’estratto conto, se non contestato dal cliente entro il termine previsto, si intende approvato, precludendo così ogni successiva contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni. Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza richiamata nella sentenza, tale approvazione anche tacita impedisce soltanto di contestare la correttezza materiale delle registrazioni contabili, ma non esclude la possibilità di far valere vizi relativi alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori che hanno dato origine agli addebiti e accrediti.
Sul piano dei principi generali assume particolare importanza la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto, sancita dall’articolo 1375 del codice civile, che impone a ciascuna parte di comportarsi secondo correttezza nei rapporti con la controparte. Nella specifica materia dei rapporti bancari, tale principio si traduce in un obbligo di protezione che grava sulla banca nei confronti del correntista, imponendo all’istituto di credito di tutelare gli interessi del cliente anche al di là dello stretto adempimento delle prestazioni contrattuali tipiche.
La sentenza fa ampio riferimento alla giurisprudenza della Cassazione, che negli ultimi anni ha delineato con precisione i confini di tale obbligo di protezione nel contesto specifico delle operazioni disposte da soggetti delegati. In particolare, viene richiamata l’ordinanza della Prima Sezione Civile della Corte di legittimità numero 30588 del 3 novembre 2023, che costituisce il principale precedente di riferimento in materia. Secondo tale pronuncia, pur dovendosi escludere l’esistenza di un dovere generale della banca di monitorare costantemente la regolarità di tutte le operazioni ordinate dal cliente o dai suoi delegati, nondimeno l’istituto bancario è tenuto a rifiutare l’esecuzione di un’operazione, o quantomeno ad informare preventivamente il correntista, ogni qualvolta l’operazione richiesta appaia “ictu oculi” anomala e non rispondente agli interessi del cliente.
Viene altresì richiamata una precedente sentenza della stessa Prima Sezione Civile, la numero 7956 del 31 marzo 2010, che aveva già affermato analoghi principi. Più recente è invece il riferimento ad un’ordinanza della Sesta Sezione Civile, numero 30000 del 20 novembre 2018, che chiarisce come l’approvazione dell’estratto conto non impedisca di sollevare contestazioni fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità dell’inclusione o eliminazione di partite del conto corrente in relazione al titolo giuridico.
La normativa applicabile include anche le disposizioni in materia di disconoscimento delle scritture private, contenute nell’articolo 214 del codice di procedura civile, rilevanti nel caso specifico con riferimento ad alcuni documenti prodotti in giudizio dalla banca a sostegno delle proprie difese. Il quadro normativo risulta completato dai principi generali in tema di responsabilità contrattuale e di riparto dell’onere della prova nelle controversie aventi ad oggetto l’inadempimento di obbligazioni nascenti da contratto.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Lecce, nell’affrontare la complessa questione sottoposta al suo esame, ha operato una netta distinzione tra due piani di analisi: da un lato, la verifica dell’esistenza di un dovere generale della banca di sorvegliare l’intera gestione del conto corrente da parte del delegato; dall’altro, l’accertamento dell’eventuale carattere anomalo di specifiche singole operazioni tali da far sorgere un obbligo di intervento dell’istituto bancario.