Assegno divorzile e convivenza more uxorio
Corte d’Appello di Venezia, sentenza n. 1571/2022
Estratto della sentenza
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Le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio: “L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica e di integrale del diritto all’assegno.
Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; dell’eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare personale dell’ex coniuge.
Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge, ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto, altresì della durata del matrimonio“
[…]
… nell’attuale contesto sociale occorra distinguere tra il caso in cui l’ex coniuge contragga nuovo matrimonio e quello in cui crei una famiglia di fatto, anche se, ai fini della conservazione dell’assegno divorzile, è il convivente beneficiario di un assegno a trovarsi in una posizione di vantaggio rispetto al coniuge che contragga nuovo matrimonio, perché al convivente non è applicabile l’art. 5 L. 898/70, secondo cui l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge al quale deve essere corrisposto passa a nuove nozze. La Corte di Cassazione afferma che la componente compensativa dell’assegno divorzile non può ritenersi automaticamente caducata in presenza di una nuova convivenza a fronte del provato emergere di un contributo dato dal coniuge debole con le sue scelte personali condivise in favore della famiglia alle fortune familiari e al patrimonio dell’altro coniuge. Con tale decisione la Cassazione ha superato il precedente orientamento giurisprudenziale, che aveva dapprima sostenuto che il diritto all’assegno divorzile entra in uno stato di “quiescenza” durante la nuova convivenza (Cass., sez. 1, sent. n. 1789 del 2012) e poi ritenuto più radicalmente che la nuova convivenza faccia venir meno definitivamente il presupposto dell’assegno (Cass., sez. 1, sent. n. 6855 del 2015). Il superamento del precedente indirizzo è giustificato a) con la non compatibilità della caducazione automatica con la compente compensativa dell’assegno divorziale; b) con il dato normativo che circoscrive la perdita del diritto all’assegno solo alla diversa ipotesi delle nuove nozze; c) e l’impossibilità del ricorso all’analogia in presenza di situazioni eterogenee.
8. Per Cass., s.u., sent. n. 18287 del 2018, l’art. 5, 6 co. L. 898/70 accorpa tutti gli indicatori che compongono il criterio assistenziale dell’assegno (le condizioni dei coniugi e il reddito di entrambi), quello compensativo (il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune) e quello risarcitorio (le ragioni della decisione) nella prima parte della norma, come fattori di cui si deve “tenere conto” nel disporre sull’assegno di divorzio: << […] attribuisce all’assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all’ex coniuge il diritto all’assegno di divorzio quando non abbia mezzi “adeguati” e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell’adeguatezza ha, tuttavia, carattere intrinsecamente relativo […] contiene in sé una funzione equilibratrice e non solo assistenziale-alimentare>>. La tutela del coniuge divorziato deve esplicarsi “in chiave perequativa alle situazioni […] caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico patrimoniali […] dettate […] da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare”. Nel risolvere il contrasto sorto fra l’orientamento consolidato (Cass., s.u., sent. n. 11490 del 1990), secondo cui l’assegno deve garantire un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, e quello più recente (Cass., sez. 1, sent. n. 11504 del 2017), fondato sull’autosufficienza economica, l’attuale indirizzo giurisprudenziale ha optato per una soluzione intermedia riconoscendo all’assegno una funzione assistenziale e compensativo – perequativa. Nel tentativo di bilanciare autoresponsabilità e solidarietà post-coniugale, la funzione compensativa dell’assegno comporta la necessità di valorizzare il contributo di ciascun coniuge nella conduzione della vita famigliare. Le decisioni assunte dai coniugi nella vita matrimoniale comportano a carico del coniuge favorito nella realizzazione personale e professionale la necessità di riequilibrare le condizioni economiche patrimoniali dell’altro. Per le Sezioni Unite alla funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si aggiunge un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. Le due componenti dell’assegno non sono facilmente isolabili perché il presupposto normativo dell’assegno di divorzio è sempre costituito dall’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente e dall’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Tanto più si valorizza la funzione compensativa, quanto più, in presenza di un dislivello reddituale, si tenderà all’obiettivo di una perequazione valorizzando la relatività della nozione di “mezzi adeguati”.
9. Secondo Cass. 32198/21 occorre individuare, al di fuori di automatismi, il punto di equilibrio fra principio di autoresponsabilità e solidarietà post matrimoniale:
9.1 con l’instaurazione di una nuova stabile convivenza nell’ambito della quale l’ex coniuge può trovare reciproca assistenza, cessa il diritto alla componente assistenziale dell’assegno, anche se il nuovo nucleo familiare abbia un tenore di vita non paragonabile al precedente. Il nuovo legame si sostituisce al precedente;
9.2 se il coniuge più debole ha sacrificato la propria esistenza professionale a favore delle esigenze familiari, non deve però perdere una compensazione dei sacrifici compiuti solo perché si è ricostruito una diversa vita affettiva. La componente compensativa non ha alcuna connessione con il nuovo progetto di vita né può essere sostituita dalla nuova solidarietà che si forma nella nuova famiglia;
9.3 qualora rilevi la sola componente compensativa, occorre procedere a un calcolo non proiettato verso il futuro, ovvero correlato alla previsione di vita della persona, ma rivolto al passato, ovvero volto a stimare il contributo prestato in quell’arco di tempo chiuso, circoscritto alla durata della vita matrimoniale […]