La Responsabilità degli amministratori verso la società

Responsabilità degli amministratori verso la società

Tribunale di Milano, sentenza n. 387/2023

In diritto, ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori rispondono verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo ovvero per non avere osservato, nell’adempimento di tali doveri, la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, come previsto dall’art. 2392 c.c. e dall’art. 2476 co 1 c.c.

I liquidatori chiamati a compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società in modo da evitare la dispersione del patrimonio della società e liquidare al meglio per ripartire l’attivo tra i soci dopo il soddisfacimento dei creditori sociali secondo il grado di preferenza di ciascuno (Cass ord. 521/2020) devono adempiere ai loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico. La loro responsabilità è retta dai medesimi principi che regolano la responsabilità degli amministratori, in forza dell’espresso richiamo alle norme in tema di responsabilità degli amministratori operato dall’art. 2489 c.c.

I doveri di amministratori e liquidatori possono condensarsi nel più generale obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio, che impone loro, in pari tempo:

– di astenersi dal compiere qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori, in quanto rivolta a vantaggio di terzi o di qualcuno dei creditori a scapito di altri, in violazione durante la liquidazione del principio della par condicio creditorum;

– di contrastare qualsiasi attività che si riveli dannosa per la società, così da adeguare la gestione sociale ai canoni della corretta amministrazione. (Trib Milano sentenza in RG 2699/2017 del 24.10.2019 Pres Mambriani, est Ricci) .

Fallimento società: solo il curatore può esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori

Per effetto del fallimento di una società di capitali, all’esercizio delle azioni di responsabilità degli amministratori è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 146 l. fall. (norma applicabile ratione temporis nel caso in esame), che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori, i liquidatori ed i sindaci tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità (contrattuale) di questi verso la società (artt. 2392, 2407 c.c.), quanto a quelli della responsabilità (extracontrattuale) verso i creditori sociali (art. 2394, 2407 c.c.).

L’azione sociale, anche se esercitata dal curatore fallimentare, ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo. Dalla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale dell’azione de qua consegue che, mentre sull’attore (società o curatore fallimentare che sia) grava esclusivamente l’onere di allegare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato), il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. In altre parole, l’inadempimento si presumerà colposo e, quindi, non spetterà al curatore fornire la prova della colpa degli amministratori, mentre spetterà al convenuto amministratore evidenziare di avere adempiuto il proprio compito con diligenza ed in assenza di conflitto di interessi con la società, ovvero che l’inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c., o che il danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo.

L’azione spettante ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. o art 2476 co 6 c.c. costituisce conseguenza dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale che presuppone un comportamento dell’amministratore funzionale ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere.

Inoltre va detto che, al di fuori delle ipotesi di condotte dolosamente poste in essere a danno della società, non possono di regola essere considerate, come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società, quelle scelte e quelle iniziative imprenditoriali o gestionali degli organi amministrativi, quand’anche risultate in concreto economicamente poco positive, che rientrino nell’ambito del normale esercizio della libertà imprenditoriale e nel rischio di impresa; quindi di per sé i risultati negativi della gestione non determinano responsabilità in capo all’organo amministrativo, in quanto le scelte imprenditoriali presuppongono una valutazione di opportunità e di convenienza, che attiene all’ambito della discrezionalità e come tale è sottratta al giudizio del giudice con il limite per le iniziative dannose caratterizzate, anche solo a livello di colpa, dall’omissione di quelle specifiche cautele procedurali, di quelle verifiche e di quelle acquisizioni informative preventive che sono imposte dalla legge o dallo statuto per quel tipo di operazione posta in essere ovvero ancora dalla violazione dell’obbligo generale di vigilanza e/o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo per il perseguimento dell’interesse sociale, il tutto nel quadro del generale obbligo di diligenza qualificata.

La violazione dei su richiamati obblighi gravanti sugli amministratori e liquidatori -e quindi l’accertamento dell’inadempimento da parte di costoro agli obblighi imposti dalla legge e/o dallo statuto- costituisce presupposto necessario, ma non sufficiente per affermare la loro responsabilità risarcitoria; infatti, sono necessarie la prova del danno, ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della società e la diretta riconducibilità causale del danno alla condotta omissiva o commissiva degli amministratori o liquidatori.

Avv. Cosimo Montinaro

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