La Revocabilità della Donazione per Ingratitudine: Cassazione n. 3811/2024

La Revocabilità della Donazione per Ingratitudine: Cassazione n. 3811/2024

La revocabilità di una donazione per ingratitudine rappresenta un argomento di estrema rilevanza nel diritto civile, sollevando importanti questioni in merito alla tutela del donante e all’interpretazione dei requisiti necessari per far scattare tale istituto.

La recente sentenza della Cassazione Civile, Sez. II, n. 3811 del 12 febbraio 2024, getta nuova luce su questo delicato tema, fornendo preziosi chiarimenti sulla natura e sui presupposti dell’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c.

Ma quali sono i confini dell’ingratitudine del donatario? E come deve essere valutato il suo comportamento affinché possa legittimare la revoca della donazione?

In fatto

Nel 2002, P trasferisce un immobile di sua proprietà alla sorella A, che si obbliga ad assisterlo senza alcun corrispettivo. Lamentando che A non aveva adempiuto a tale obbligo, né somministrato gli alimenti, e che inoltre aveva fatto accendere al fratello un finanziamento utilizzato per far fronte alle proprie necessità, M, nella qualità di amministratore di sostegno di P, propone giudizio chiedendo, in via principale, la risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contenute nel contratto del 2002; in subordine, qualora l’atto fosse qualificato come donazione modale, la revoca della donazione per ingratitudine.

Normativa di riferimento:

L’art. 801 c.c. disciplina la revocabilità per ingratitudine della donazione, stabilendo che “La domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 463, ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436“.

Quali sono i requisiti necessari per integrare i presupposti di tale fattispecie?


Massima Cassazione Civile, Sez. II, 12 febbraio 2024, n. 3811

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