Occupazione sine titulo: il danno è in re ipsa?
Tribunale di Bergamo, decreto 2 novembre 2022
“[…] Il tema pone quindi l’interrogativo se, in subiecta materia, il danno da occupazione sine titulo debba o non considerarsi in re ipsa.
Sulla questione la giurisprudenza si è pronunciata ripetutamente senza però assumere un orientamento consolidato univoco.
Secondo un primo indirizzo interpretativo il danno del proprietario usurpato è in re ipsa, in quanto si rapporta al semplice fatto della perdita di disponibilità del bene da parte del ” dominus” ed all’impossibilità per costui di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. In questo senso, l’occupazione abusiva di un immobile provocherebbe sempre, o perlomeno secondo l’id quod plerumque accidit un danno, la cui quantificazione potrà essere stabilita dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, facendo riferimento al c.d. danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del bene, restando ferma, in alternativa, una liquidazione dello stesso in via equitativa. Tale presunzione avrebbe, comunque, carattere relativo, iuris tantum, e lascerebbe aperta la prova contraria, ossia la prova che il proprietario non avrebbe comunque messo l’immobile a frutto (da ultimo, Cass. Sez. 2 -, Ord. n. 20545 del 6/8/2018; Cass. Sez. 6 2, Ord. n. 21239 del 28/8/2018; Cass. Sez. 2 -, Ord. n. 20708 del 31/7/2019; Cass. Sez. 2, ord. n. 39/2021).
Sull’opposto versante, invece, si colloca l’indirizzo che ripudia il danno in re ipsa, il quale snaturerebbe la funzione tipica della responsabilità civile, ossia la traslazione intersoggettiva di un costo economico sulla base dei criteri di imputazione previsti dalla legge, assegnandole, di contro, una finalità deterrente e sanzionatoria, inammissibile in mancanza di uno specifico intervento del legislatore. Il danno da occupazione sine titulo in quanto particolarmente evidente potrà quindi essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento di tale natura dell’onere probatorio non potrebbe comunque includere anche l’esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto (Cass., Sez. III, 25 maggio 2021 n. 14268; Cass., Sez. III, 25 maggio 2018 n. 13071).
Il Tribunale ritiene di aderire a questo secondo orientamento.
Nel caso di occupazione sine titulo il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (Cass. S.U. sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitoli è il danno – conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (Cass. S.U., sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost..
Accogliere l’impostazione del pregiudizio in re ipsa non comporterebbe, infatti, soltanto un semplice alleggerimento del peso probatorio del danneggiato: questi verrebbe, a ben vedere, sollevato anche dall’onere di allegazione del danno, con conseguente compromissione del diritto di difesa dell’autore della violazione.
Per tale ragione, il danno patrimoniale derivante da un occupazione sine titulo richiede un accertamento in concreto, non potendosi ritenere coincidente con l’evento lesivo, sicché l’intero onere della allegazione e prova, per quanto alleggerito dal ragionamento presuntivo, grava interamente sulla parte che lo deduce, dunque sul danneggiato.
Di conseguenza, il proprietario, posta l’occupazione abusiva della res, ai fini del risarcimento non potrà limitarsi a provare la condotta del convenuto (consistente nella violazione della sua facoltà di godimento), ma dovrà dimostrare che da questa sia derivato un danno. In caso contrario, nessun risarcimento sarà dovuto poiché questo è legato alla sussistenza e alla prova delle conseguenze dannose della condotta dell’occupante.
Avuto riguardo a tali principi, si evidenzia che la società (…) non ha allegato e provato le circostanze dalle quali far discendere in via presuntiva l’esistenza del danno richiesto, essendosi limitata a denunciare l’occupazione sine titulo da parte del fallimento.
Sarebbe stato invece onere del danneggiato provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli. La società (…) non ha invece prodotto, né tantomeno allegato, elementi probatori dai quali poter dedurre o financo presumere, in virtù dell’art. 2729 c.c., i valori economici pregiudicati dal comportamento assunto dall ‘altera pars.
In conclusione, la generica indicazione dell’occupazione sine titulo deve ritenersi insufficiente a concretizzare il supporto fattuale della domanda, ciò in quanto l’allegazione delle conseguenze pregiudizievoli sofferte a causa della lesione della situazione giuridica della quale la ricorrente è titolare deve necessariamente fondarsi sulla rappresentazione di elementi empirici diversi dal fatto in sé del fatto illecito contestato […]”
Contatta lo Studio per recupero crediti ed esecuzioni forzate