Quando un datore di lavoro modifica l’organizzazione aziendale subito dopo aver irrogato una sanzione disciplinare a un dipendente, ammette implicitamente che le condizioni di lavoro precedenti erano effettivamente insostenibili. È questo il principio cardine che ha portato il Tribunale di La Spezia ad annullare completamente una multa disciplinare comminata a un portalettere per non aver consegnato tutta la posta assegnata durante alcuni giorni del mese di agosto 2023.
Il caso, che rappresenta un precedente significativo in materia di diritto del lavoro e sanzioni disciplinari, ha visto contrapposti un dipendente delle Poste Italiane e l’azienda in una vicenda che evidenzia chiaramente come spesso le difficoltà lavorative non dipendano da negligenza del lavoratore ma da carichi eccessivi imposti dall’organizzazione aziendale. La peculiarità della situazione risiede nel fatto che la stessa azienda, dopo aver sanzionato il lavoratore per mancate consegne, ha successivamente diviso in due parti la zona di competenza del portalettere, dimostrando così che il carico di lavoro era effettivamente sproporzionato per un singolo operatore.
La zona di consegna in questione comprendeva i quartieri nord-ovest della città della Spezia, con un totale di circa 250 punti di recapito giornalieri per cinque giorni a settimana, includendo sia prodotti ordinari che prodotti a firma come raccomandate, atti dell’autorità giudiziaria e pacchi. Il portalettere doveva iniziare il servizio alle 7:45 presso il centro aziendale, preparare il materiale, uscire per le consegne alle 9:45 e rientrare entro le 14:45, un orario serrato che si è rivelato incompatibile con l’effettivo volume di lavoro assegnato.
La vicenda assume particolare rilevanza perché illustra come il comportamento successivo del datore di lavoro possa costituire la prova più evidente dell’illegittimità di una sanzione disciplinare. Quando un’azienda riorganizza il lavoro riducendo il carico dopo aver punito un dipendente per non averlo gestito, viene meno il presupposto stesso della responsabilità disciplinare, rendendo la sanzione contraddittoria e illegittima. Il Tribunale ha quindi applicato un principio di logica giuridica ineccepibile: non si può sanzionare qualcuno per non aver fatto ciò che si rivela successivamente impossibile da realizzare nelle condizioni date.
➡️ RICHIEDI UNA CONSULENZA ⬅️ all’Avv. Cosimo Montinaro – e-mail segreteria@studiomontinaro.it
Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
- SCARICA LA SENTENZA ⬇️
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il portalettere protagonista della vicenda prestava servizio presso un ufficio postale con la qualifica di portalettere titolare di una zona di consegna particolarmente estesa e complessa. La sua area di competenza comprendeva diversi quartieri della città, in una zona caratterizzata da alta densità abitativa e complessità logistica che richiedeva spostamenti significativi tra i vari punti di consegna.
L’organizzazione del lavoro prevedeva un orario di servizio molto rigido: il dipendente doveva prendere servizio al mattino presto presso il centro aziendale, dedicare circa due ore alla preparazione del materiale da recapitare (smistamento, organizzazione per itinerari, verifica dei prodotti a firma), per poi uscire per il giro di consegne in mattinata e rientrare tassativamente nel primo pomeriggio. Questo significava avere a disposizione soltanto alcune ore per coprire un territorio che comprendeva circa 250 punti di recapito giornalieri, una quantità considerevole che rappresentava la sostanza della questione.
Il materiale da consegnare presentava una varietà tipologica che complicava ulteriormente il lavoro: oltre ai prodotti ordinari (lettere, bollette, comunicazioni varie), il portalettere doveva gestire prodotti a firma che richiedevano tempi aggiuntivi per la consegna, tra cui raccomandate con ricevuta di ritorno, atti dell’Autorità giudiziaria, pacchi di vario peso e dimensione, raccomandate speciali con codici identificativi specifici. Questi prodotti speciali richiedevano non solo la presenza fisica del destinatario o di un suo delegato, ma anche procedure di identificazione, firma di ricevute, gestione di eventuali rifiuti o mancate consegne.
Nel settembre 2023, l’azienda ha formalizzato una contestazione disciplinare dettagliata che evidenziava specifiche carenze nelle consegne verificatesi in diverse giornate del mese precedente. Le mancate consegne documentate mostravano un quadro sistematico: in una prima giornata, il lavoratore aveva caricato sul palmare di servizio oltre 150 invii ma ne aveva consegnati soltanto una parte minoritaria, lasciando oltre 120 prodotti non recapitati tra cui diversi pacchi, per un peso complessivo significativo di materiale non consegnato.
Le giornate successive avevano mostrato un quadro analogo con percentuali elevate di mancate consegne che includevano sia prodotti ordinari che raccomandate speciali e pacchi di vario peso. L’azienda aveva inoltre contestato al lavoratore problematiche nella gestione delle procedure di ritorno al mittente per i prodotti non consegnati, evidenziando carenze anche negli aspetti procedurali della gestione delle mancate consegne.
La contestazione si fondava sulla violazione degli obblighi contrattuali di diligenza e correttezza, richiamando sia le norme del Codice Civile che il Codice Etico aziendale, e sottolineando l’importanza del ruolo del portalettere come figura di incaricato di pubblico servizio la cui attività incide sull’immagine aziendale e sulla qualità del servizio reso alla collettività.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il quadro normativo di riferimento per la vicenda si articola principalmente attorno alle disposizioni del Codice Civile in materia di rapporto di lavoro subordinato e alle norme contrattuali che disciplinano il procedimento disciplinare nel settore postale.
Gli articoli 2104 e 2105 del Codice Civile costituiscono il fondamento giuridico della contestazione disciplinare. L’articolo 2104 stabilisce che “il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale“, mentre l’articolo 2105 prevede che “il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio“.
Particolare rilevanza assume l’articolo 52 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore postale, che disciplina specificamente le sanzioni disciplinari e stabilisce le procedure da seguire per la loro irrogazione. Questo articolo è strettamente collegato al Codice Etico aziendale, documento che definisce i principi comportamentali che devono guidare l’azione dei dipendenti e che viene richiamato nella contestazione come parametro di riferimento per valutare la condotta del lavoratore.
Il procedimento disciplinare deve rispettare i principi fondamentali del contraddittorio e del diritto di difesa, garantendo al lavoratore la possibilità di fornire le proprie giustificazioni entro i termini stabiliti. La tempestività della contestazione rappresenta un elemento essenziale per la validità del procedimento: l’azienda deve formulare l’addebito in tempi ragionevoli rispetto al verificarsi dei fatti, tenendo conto delle dimensioni organizzative e della complessità strutturale del datore di lavoro.
In materia di onere della prova nelle controversie disciplinari, la giurisprudenza di legittimità ha consolidato il principio secondo cui spetta al datore di lavoro dimostrare non solo l’esistenza del fatto contestato, ma anche la sua riconducibilità alla condotta colpevole del dipendente. Il principio del favor per il lavoratore opera quando sussistano dubbi sulla ricostruzione dei fatti o sulla loro qualificazione giuridica, orientando l’interpretazione verso la soluzione più favorevole al soggetto sottoposto a procedimento disciplinare.
Gli articoli 2086 e 2094 del Codice Civile, che disciplinano rispettivamente la direzione dell’impresa e la subordinazione del lavoratore, assumono rilevanza per stabilire i confini della responsabilità organizzativa del datore di lavoro. L’articolo 1228 del Codice Civile, relativo alla responsabilità per fatto degli ausiliari, completa il quadro normativo stabilendo che l’imprenditore risponde delle decisioni organizzative adottate dai propri dipendenti in posizione dirigenziale, anche quando non le abbia espressamente autorizzate ma le abbia tollerate o accettate con il proprio comportamento.
La giurisprudenza ha inoltre elaborato importanti principi in tema di inesigibilità della prestazione lavorativa, stabilendo che non può considerarsi inadempimento colpevole del lavoratore il mancato svolgimento di compiti oggettivamente impossibili o sproporzionati rispetto alle condizioni organizzative messe a disposizione dal datore di lavoro.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di La Spezia ha sviluppato un ragionamento articolato che ha portato all’annullamento integrale della sanzione disciplinare, attraverso una analisi logico-giuridica che ha messo in evidenza la contraddittorietà del comportamento aziendale e l’inesigibilità della prestazione richiesta al lavoratore.