Il genitore ha diritto alla restituzione del mantenimento versato ai figli divenuti economicamente indipendenti

Il genitore ha diritto alla restituzione del mantenimento versato ai figli divenuti economicamente indipendenti

Cassazione Civile, ordinanza n. 3659 del 29 novembre 2019, depositata il 13 febbraio 2020

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte trae origine da una sentenza del Tribunale di Taranto (anno 1987) con la quale era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, con obbligo a carico del padre di versare un contributo al mantenimento delle due figlie, sino al termine degli studi universitari.

L’ex moglie, nonostante le due figlie della coppia avessero conseguito Laurea e si fossero persino sposate, notificava all’ex marito atto di precetto intimando il pagamento del mantenimento relativo agli ultimi 5 anni.

L’ex marito versava quanto richiesto e, successivamente, promuoveva giudizio civile finalizzato ad ottenere la restituzione di quanto pagato, chiedendo, in subordine, il risarcimento del danno per appropriazione indebita.

Il Giudice di prime cure, come anche la Corte d’Appello di Lecce, rigettavano la domanda restitutoria del marito statuendo che “il suo obbligo contributivo fosse venuto meno solo con il provvedimento del Tribunale del 2 maggio 2007 che ne aveva decretato la cessazione a decorrere dal 13 ottobre 2006”; inoltre, rigettavano, altresì, la domanda risarcitoria “escludendo l’ipotizzata appropriazione indebita sia perché la (moglie) aveva percepito le somme in forza di un titolo giudiziale, sia perché l’ipotizzato danno era riconducibile al comportamento inerte dello stesso (marito) il quale solo nell’ottobre 2006 si era attivato per la modifica delle statuizioni patrimoniali inerenti al divorzio”.

Veniva proposto ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, con ordinanza ordinanza n. 3659 del 29 novembre 2019, depositata il 13 febbraio 2020, accoglieva le doglianze avanzate dal marito statuendo che “la circostanza che il procedimento di revisione delle condizioni di divorzio sia stato introdotto dall’ex marito solo successivamente, “…non impedisce la proposizione dell’azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell’art. 2033 c.c. che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa”; … “irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio”.

Avv. Cosimo Montinaro

TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

Svolgimento del processo

M.S. conveniva in giudizio l’ex coniuge G.A. ed esponeva che, con sentenza del (OMISSIS), il Tribunale di Taranto aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, alle condizioni specificate nel ricorso congiunto i che prevedevano a carico del M. il pagamento di un contributo di mantenimento di Lire 600000 mensili per le due figlie, nate nel (OMISSIS) e (OMISSIS), fino al termine degli studi universitari; che il tribunale, con ordinanza del 5 novembre 1991, aveva aumentato il contributo a Lire 800000, rimanendo invariate le altre condizioni; che le figlie avevano conseguito la laurea e successivamente avevano contratto matrimonio nel (OMISSIS) e (OMISSIS); che era quindi venuto meno il suo obbligo di corrispondere alla G. il contributo per le figlie; che in data (OMISSIS), egli si era visto notificare un atto di precetto per il pagamento del contributo (pari a Euro 36910,10) relativo agli ultimi cinque anni, cui aveva provveduto nonostante non vi fosse tenuto quantomeno dal (OMISSIS) e (OMISSIS); pertanto, chiedeva la restituzione di quanto pagato e, in subordine, la condanna della G. al risarcimento del danno per l’appropriazione indebita delle somme.

Il tribunale, con sentenza del 5 aprile 2012, rigettava la domanda restitutoria e accoglieva la domanda di condanna della G. al risarcimento del danno patrimoniale.

La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 21 maggio 2015, ha rigettato il gravame principale del M. che chiedeva la restituzione delle somme versate ed ha accolto quello incidentale della G. che voleva fare eliminare la condanna al risarcimento del danno.

La Corte ha ritenuto infondata la pretesa restitutoria del M., sul presupposto che il suo obbligo contributivo fosse venuto meno solo con il provvedimento del tribunale del 2 maggio 2007 che ne aveva decretato la cessazione a decorrere dal 13 ottobre 2006; in accoglimento del gravame della G., ha rigettato la domanda risarcitoria del M., escludendo l’ipotizzata appropriazione indebita sia perchè la G. aveva percepito le somme in forza di un titolo giudiziale, sia perchè l’ipotizzato danno era riconducibile al comportamento inerte dello stesso M., il quale solo nell’ottobre 2006 si era attivato per la modifica delle statuizioni patrimoniali inerenti al divorzio.

Avverso questa sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, resistito dalla G.. Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., per avere escluso il carattere indebito del pagamento del contributo di mantenimento per le figlie, essendo il vincolo obbligatorio, cioè la causa giustificativa del pagamento stesso, cessato quantomeno dal (OMISSIS) e (OMISSIS) Il motivo è fondato.

Ad avviso della Corte territoriale, la domanda di ripetizione dell’indebito “può ritenersi fondata solo nei casi di inesistenza originaria della causa giustificativa del pagamento o di sopravvenuto venir meno ma con effetto retroattivo del vincolo obbligatorio” e, tuttavia, nella specie la ripetizione non era possibile perchè le somme erano state versate sulla base di un valido titolo giudiziale (l’ordinanza del tribunale del 5 novembre 1991, modificativa di un provvedimento precedente) che imponeva l’obbligo di mantenimento a carico del M., venuto meno solo a seguito del provvedimento successivamente adottato, in data 2 maggio 2007, in sede di revisione delle condizioni economiche, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 e con effetto dal 13 ottobre 2006.

Questa impostazione non è condivisibile.

Nella specie, risulta dalla sentenza impugnata ed è incontestato tra le parti che le figlie si sposarono nel (OMISSIS) e (OMISSIS), raggiungendo la definitiva indipendenza economica. E’ questa una circostanza non secondaria ma decisiva che giustifica il venir meno dell’obbligo del padre di provvedere al loro mantenimento e del diritto della G. di ricevere il contributo per le figlie maggiorenni e indipendenti economicamente.

Si deve aggiungere che prima dei rispettivi matrimoni entrambe le figlie avevano conseguito il diploma di laurea che faceva venire meno l’obbligo di mantenimento da parte del padre, in base all’accordo raggiunto tra i coniugi in sede di divorzio congiunto (avente natura negoziale per quanto concerne la prole e i rapporti economici, salvo il controllo del giudice sul rispetto di disposizioni inderogabili, cfr. Cass. n. 19540 del 2018, n. 18066 del 2014).

Il fatto che il procedimento di revisione delle condizioni economiche proprie del regime post-coniugale sia stato introdotto dal M. solo più tardi, al fine di ottenere il riconoscimento formale del mutamento di dette condizioni e di essere esonerato da ulteriori pagamenti per il futuro, non impedisce la proposizione dell’azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell’art. 2033 c.c., che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (tra le più recenti, Cass. n. 18266 del 2018).

Spetta al giudice cui sia proposta la domanda restitutoria di indebito di valutarne la fondatezza, in relazione alla sopravvenienza di eventi successivi che hanno messo nel nulla la causa originaria giustificativa dell’obbligo di pagamento (condictio ob causam finitam).

Questa Corte ha avuto occasione di precisare che l’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio (Cass. n. 11489 del 2014; nel senso che il principio di irripetibilità delle somme versate, in caso di revoca giudiziale dell’assegno di mantenimento, non trova applicazione in assenza del dovere di mantenimento medesimo, cfr. Cass. n. 21675 del 2012).

Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti, riguardando la domanda subordinata di risarcimento del danno, in relazione ai profili dell’arricchimento e dell’appropriazione indebita da parte della G. e del concorso di colpa del M..

La sentenza impugnata è cassata in accoglimento del primo motivo, con rinvio alla Corte territoriale anche per le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

Avv. Cosimo Montinaro

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