Nel complesso panorama del diritto condominiale, la distinzione tra nullità e annullabilità delle delibere assembleari rappresenta un nodo cruciale, con significative implicazioni sia sostanziali che processuali. Una recente pronuncia del Tribunale di Crotone del 2024 offre l’opportunità di approfondire questa tematica, ponendo l’accento sui criteri distintivi tra le due categorie di invalidità. Quali sono i confini tra nullità e annullabilità di una delibera condominiale? E quali conseguenze comporta questa distinzione in sede di impugnazione?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE:
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI:
La controversia in esame trae origine dall’impugnazione di alcune delibere condominiali da parte di una condomina, nuda proprietaria e usufruttuaria al 50% di un’unità immobiliare. L’attrice ha citato in giudizio il condominio chiedendo la nullità delle delibere assembleari del 17 agosto 2017, 25 agosto 2019 e 23 agosto 2020, nonché di quelle precedenti non conosciute e mai comunicate.
Le contestazioni dell’attrice si concentravano principalmente sulla presunta non veridicità degli oneri condominiali addebitati nei rendiconti di gestione e sull’illegittimità del distacco del servizio idrico. L’attrice lamentava inoltre l’omessa convocazione alle assemblee condominiali.
Il condominio si è costituito in giudizio eccependo preliminarmente la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza di causa petendi e petitum, nonché la carenza di legittimazione attiva e di interesse ad agire dell’attrice.
Il fulcro della controversia ruotava intorno alla qualificazione dei vizi delle delibere impugnate come cause di nullità o di mera annullabilità, una distinzione che si è rivelata determinante per l’esito del giudizio.
NORMATIVA E PRECEDENTI:
Il caso in esame richiama l’applicazione dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della legge n. 220 del 2012, che disciplina l’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea condominiale. Questa norma stabilisce che le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio possono essere impugnate per chiederne l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni.
La Corte di Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 9839/2021, ha fornito importanti chiarimenti sui confini tra nullità e annullabilità delle delibere condominiali. Secondo questo orientamento, l’azione di annullamento costituisce la regola generale, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale, limitata a specifiche ipotesi:
- Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali
- Impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico
- Contenuto illecito, contrario a norme imperative, ordine pubblico o buon costume
In particolare, sono nulle le deliberazioni che stabiliscono o modificano i criteri generali di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, in quanto si tratta di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c.
Sono invece meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione.
Questa distinzione ha importanti conseguenze processuali: mentre l’azione di nullità può essere proposta in ogni tempo e da chiunque vi abbia interesse, l’azione di annullamento deve essere esercitata nel termine perentorio di 30 giorni dalla deliberazione per il condomino assente, dissenziente o astenuto.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI:
Il Tribunale di Crotone, nella sentenza in esame, ha posto al centro della sua analisi la distinzione tra nullità e annullabilità delle delibere condominiali, traendone conseguenze decisive per l’esito della causa.