La Corte d’Appello di Bari ha riformato la sentenza di primo grado in materia di risarcimento del danno da errore medico, rivedendo i criteri di liquidazione del danno biologico e del danno riflesso subito dai familiari. La Corte ha accolto parzialmente l’appello proposto dalla struttura sanitaria e dal medico, rigettando infine la domanda risarcitoria dei genitori in quanto le somme già corrisposte a titolo di acconto risultavano superiori al danno effettivamente liquidato. La sentenza affronta importanti questioni relative alla quantificazione del danno in caso di premorienza del danneggiato e ai presupposti per la personalizzazione del risarcimento, fornendo rilevanti indicazioni operative.
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda giudiziaria trae origine da un presunto errore medico verificatosi durante il parto di un bambino presso l’Ospedale di Modugno nel novembre 1995. I genitori, in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio, avevano citato in giudizio la struttura sanitaria e il medico ginecologo per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della nascita del bambino, affetto da gravi invalidità conseguenti a un’asfissia perinatale.
Secondo quanto esposto dagli attori, la gestante era stata ricoverata al termine della gravidanza presentando alcuni fattori di rischio. Durante il travaglio, protrattosi per diverse ore, si sarebbero verificate delle complicanze che avrebbero richiesto l’intervento di un secondo medico per portare a termine il parto. Il neonato presentava alla nascita i segni di una sindrome ipossico-ischemica, con conseguenti danni neurologici che lo condannavano ad una esistenza vegetativa. Il bambino era purtroppo deceduto all’età di circa 10 anni per cause naturali non correlate alla patologia neonatale.
I genitori avevano quindi agito in giudizio chiedendo il risarcimento sia del danno biologico e morale subito dal figlio in vita (iure hereditatis), sia del danno esistenziale e patrimoniale da loro direttamente patito. Alla domanda si erano associati anche i nonni materni, ritenendosi a loro volta danneggiati.
In primo grado, il Tribunale di Bari aveva accolto parzialmente la domanda, condannando in solido la struttura e il medico al risarcimento in favore dei genitori di circa 950.000 euro complessivi, a titolo di danno biologico del figlio, danno esistenziale e spese mediche. Era stata invece rigettata la domanda dei nonni.
Avverso tale sentenza proponevano appello sia la struttura sanitaria e il medico, contestando l’entità della liquidazione, sia i genitori in via incidentale, insistendo per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale e per l’aumento delle somme liquidate.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La sentenza in esame affronta diverse questioni giuridiche relative alla quantificazione del danno non patrimoniale in caso di lesioni personali, richiamando importanti principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
In primo luogo, viene in rilievo il tema della liquidazione del danno biologico in caso di premorienza del danneggiato per cause indipendenti dal fatto illecito. Sul punto, la Corte d’Appello richiama il consolidato orientamento della Cassazione secondo cui, in tali ipotesi, il risarcimento va commisurato alla durata effettiva della vita del soggetto leso, e non alla sua aspettativa di vita futura valutata al momento del sinistro. Vengono citate in proposito le sentenze della Suprema Corte n. 679/2016, n. 2297/2011, n. 23739/2011, n. 13331/2015, n. 4551/2019 e n. 41933/2021.
In particolare, la sentenza n. 41933/2021 della Cassazione ha indicato un criterio di calcolo proporzionale, che prevede di determinare innanzitutto la somma che sarebbe spettata al danneggiato in base all’età e alla percentuale di invalidità se fosse rimasto in vita, per poi rapportarla agli anni di vita effettiva mediante una proporzione matematica.
Altro tema centrale è quello della c.d. personalizzazione del danno biologico, ossia la possibilità di aumentare il risarcimento tabellare per tenere conto di peculiari conseguenze pregiudizievoli nel caso concreto. La Corte richiama sul punto l’orientamento restrittivo della Cassazione, espresso tra le altre nelle sentenze n. 7513/2018, n. 23778/2014 e n. 1870/2023, secondo cui la personalizzazione può essere accordata solo in presenza di conseguenze anomale e del tutto peculiari, tempestivamente allegate e provate, mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da quel tipo di lesione sono già considerate nel valore standard di liquidazione.
Viene inoltre affrontata la questione del c.d. danno riflesso o di rimbalzo subito dai congiunti. Sul punto, la Corte richiama la sentenza n. 9048/2018 della Cassazione, che ha escluso la risarcibilità del danno in favore del fratello nato successivamente al fatto lesivo, per difetto del nesso di causalità.
Infine, la sentenza fa riferimento alla normativa in tema di spese di giustizia, e in particolare all’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115/2002, che prevede il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di rigetto dell’impugnazione.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte d’Appello ha accolto in parte l’appello principale proposto dalla struttura sanitaria e dal medico, riformando la sentenza di primo grado sui seguenti punti: