Un tranquillo pomeriggio di passeggiata si trasforma in tragedia quando un cane di grossa taglia aggredisce e uccide un piccolo cagnolino. Ma chi è responsabile in questi casi? E quale risarcimento spetta ai proprietari dell’animale ucciso? Il Tribunale di Teramo nel 2024 ha affrontato proprio questo delicato caso, fornendo importanti chiarimenti sulla responsabilità del proprietario di animali e sui criteri di quantificazione del danno. La sentenza solleva interrogativi cruciali sul dovere di custodia degli animali e sui limiti della responsabilità oggettiva prevista dalla legge.
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
I fatti oggetto della sentenza in esame si sono svolti il 26 novembre 2016 a Villa Rosa di Martinsicuro, in provincia di Teramo. Nel primo pomeriggio, un uomo stava passeggiando con al guinzaglio il cane di piccola taglia di proprietà della figlia, un esemplare di razza Shih Tzu. Improvvisamente, un cane di grossa taglia, un mastino dogo sardo di proprietà di un altro soggetto, ha aggredito l’uomo e il piccolo cane che teneva al guinzaglio.
Secondo la ricostruzione degli attori, il cane di grossa taglia era privo di guinzaglio e ha attaccato facendo cadere a terra l’uomo e azzannando violentemente il piccolo cane. Quest’ultimo, nonostante le immediate cure veterinarie, è deceduto poco dopo a causa delle gravi ferite riportate. L’uomo che lo accompagnava ha invece subito lesioni fisiche, tra cui traumi ed escoriazioni a mani e ginocchio, oltre a un forte shock emotivo con successivi episodi di ansia e attacchi di panico.
Il proprietario del cane aggressore ha fornito una versione parzialmente diversa dei fatti, sostenendo che il suo cane fosse al guinzaglio ma si fosse divincolato per inseguire un gatto. Secondo questa ricostruzione, l’uomo con il cane piccolo avrebbe preso in braccio l’animale vedendo arrivare il cane grosso, per poi cadere accidentalmente a causa di un dislivello del terreno, lasciando così il piccolo cane esposto all’aggressione.
A seguito di questi fatti, i proprietari del cane deceduto e l’uomo ferito hanno citato in giudizio il proprietario del cane aggressore, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Nello specifico, la proprietaria del cane ucciso ha richiesto 1.500 euro per il valore dell’animale, mentre l’uomo ferito ha domandato oltre 19.000 euro per i danni fisici e psicologici derivati dall’aggressione.
Il convenuto si è costituito in giudizio contestando la ricostruzione dei fatti e l’entità dei danni richiesti. Ha inoltre chiamato in causa la propria compagnia assicurativa per essere manlevato in caso di condanna al risarcimento.
L’istruttoria ha compreso l’escussione di testimoni oculari e una consulenza tecnica medico-legale per valutare le lesioni riportate dall’uomo aggredito. All’esito del procedimento, il Tribunale di Teramo è stato chiamato a stabilire le responsabilità e quantificare l’eventuale risarcimento dovuto.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inquadra nell’ambito della responsabilità per i danni cagionati da animali, disciplinata dall’art. 2052 del Codice Civile. Tale norma stabilisce che “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito“.
Come evidenziato dal Tribunale di Teramo, questa disposizione configura una responsabilità oggettiva in capo al proprietario o detentore dell’animale. Ciò significa che la responsabilità sussiste per il solo fatto di essere proprietario o utilizzatore dell’animale, indipendentemente da una specifica colpa nel controllo o nella custodia dello stesso.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito i contorni di tale responsabilità. In particolare, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10402 del 20 maggio 2016 ha ribadito che gli unici requisiti per l’operatività dell’art. 2052 c.c. sono:
- – La relazione di fatto con l’animale (proprietà o utilizzo)
- – Il nesso causale tra il fatto dell’animale e il danno subito dal terzo
Non è quindi necessario provare una specifica negligenza del proprietario, in quanto vige il principio “cuius commoda eius et incommoda” (chi trae vantaggio da una cosa ne sopporta anche gli svantaggi).
L’unica prova liberatoria concessa al proprietario è quella del caso fortuito, ossia di un evento imprevedibile e inevitabile che interrompe il nesso causale. La Cassazione, con la sentenza n. 1400 del 1983, ha precisato che il caso fortuito deve configurarsi come una causa esclusiva, imprevedibile ed eccezionale, tale da assorbire l’intero rapporto causale.
Sotto il profilo probatorio, la giurisprudenza ha chiarito che grava sull’attore l’onere di provare il danno subito e il nesso causale con il comportamento dell’animale, mentre spetta al convenuto l’eventuale prova liberatoria del caso fortuito.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno, nel caso di lesioni di lieve entità (c.d. micropermanenti) non derivanti da sinistri stradali, la giurisprudenza prevalente ritiene non applicabili i criteri restrittivi previsti dall’art. 139 del Codice delle Assicurazioni. Come affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 12408 del 2011, in questi casi è preferibile utilizzare i criteri più favorevoli delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, ormai assurte a parametro nazionale di riferimento.
Infine, in tema di spese legali, la Suprema Corte con la recente sentenza n. 21220 del 5 luglio 2022 ha ribadito la nullità delle clausole assicurative che escludono il rimborso delle spese legali sostenute dall’assicurato per difendersi in giudizio, in quanto in contrasto con l’art. 1917 comma 3 c.c.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Teramo ha accolto la domanda degli attori, condannando il proprietario del cane aggressore al risarcimento dei danni.
In primo luogo, il giudice ha ritenuto provata la dinamica dei fatti così come prospettata dagli attori, sulla base delle testimonianze raccolte. In particolare, è emerso che il cane di grossa taglia si aggirava libero e privo di custodia al momento dell’aggressione. I testi hanno riferito di una vera e propria “lotta” tra il cane aggressore e l’uomo che teneva in braccio il cagnolino, durata diversi minuti.
Il Tribunale ha quindi ravvisato la piena responsabilità del proprietario ai sensi dell’art. 2052 c.c., non essendo stata fornita la prova liberatoria del caso fortuito. Anzi, il fatto che il cane fosse privo di guinzaglio ha evidenziato una carenza di custodia da parte del proprietario.
Quanto ai danni risarcibili, il giudice ha riconosciuto:
- In favore della proprietaria del cane deceduto, il danno patrimoniale pari al valore dell’animale, quantificato in 1.500 euro come da preventivo di acquisto prodotto in atti. Le contestazioni del convenuto sul valore del cane sono state ritenute generiche e infondate.
- In favore dell’uomo aggredito:
- Il danno biologico, liquidato secondo le tabelle milanesi in 8.622 euro (5.747 euro per danno permanente + 2.875 euro per invalidità temporanea)
- Le spese mediche documentate, pari a 764,15 euro
Il Tribunale ha motivato la scelta di applicare le tabelle milanesi anziché i criteri più restrittivi previsti per le micropermanenti da sinistri stradali, aderendo all’orientamento giurisprudenziale prevalente.
Sulla somma così liquidata sono stati riconosciuti gli interessi legali dalla data del fatto illecito, calcolati anno per anno sulla somma via via rivalutata secondo gli indici ISTAT.
Il giudice ha inoltre condannato il convenuto alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, nonché al pagamento delle spese di CTU.
Infine, è stata accolta la domanda di manleva proposta dal convenuto nei confronti della propria compagnia assicurativa, non avendo quest’ultima sollevato eccezioni sull’operatività della polizza. La compagnia è stata quindi condannata a tenere indenne l’assicurato di quanto dovuto agli attori, comprese le spese di lite.
Il Tribunale ha anche precisato che la compagnia deve rimborsare all’assicurato le spese legali da lui sostenute per resistere in giudizio, richiamando la nullità di eventuali clausole contrattuali limitative in tal senso.
In conclusione, la sentenza in esame offre un’importante applicazione pratica dei principi in materia di responsabilità per danni da animali, confermando la natura oggettiva di tale responsabilità e i criteri di quantificazione del danno ormai consolidati in giurisprudenza. Emerge anche l’importanza di un’adeguata copertura assicurativa per i proprietari di animali, che possono trovarsi esposti a richieste risarcitorie anche ingenti.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“La domanda proposta dagli attori è fondata e come tale deve essere accolta, per le motivazioni di seguito esposte.
1 – È necessario premettere, nei limiti della rilevanza rispetto al caso concreto, una concisa digressione in punto di diritto della vicenda.
La fattispecie si inquadra senz’altro nell’alveo dell’art. 2052 c.c.
Tale norma, infatti, descrive un paradigma di condotta che risulta del tutto riconducibile a quello del caso de quo: “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale”.
Occorre precisare come l’art. 2052 c.c. preveda una deroga sotto il profilo probatorio rispetto alla disciplina generale della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. imponendo una presunzione di responsabilità in capo al proprietario/custode dell’animale che trova fondamento, quindi, non in una condotta, commissiva od omissiva, ma in una relazione di proprietà o di uso – anche temporaneo – intercorrente tra il soggetto e l’animale, con esclusione di qualsiasi fondamento soggettivo.
Trattasi, dunque, nella fattispecie che qui ci occupa di un’ipotesi di responsabilità oggettiva che postula, quali unici requisiti per il suo operare, la mera relazione di fatto con la res in combinato con il nesso causale tra il fatto dell’animale ed il danno subito dal terzo (ex plurimis, Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/5/2016, n. 10402).
[…]
2 – Nel caso di specie, all’esito dell’istruttoria espletata, è possibile ritenere confermata la dinamica del sinistro per cui è causa, così come prospettata dagli attori.
[…]
Ebbene, all’esito dell’istruttoria espletata, può ritenersi confermata la ricostruzione della vicenda come prospettata da parte attrice: il [attore], pur non essendo stato il bersaglio diretto dell’aggressione, è stato comunque coinvolto in una colluttazione con il cane di proprietà del convenuto, che il teste ha definito una vera e propria “lotta”, che avveniva con il [attore] per terra e il corso che aggrediva il cagnolino in braccio al [attore].
[…]
Pertanto, deve ritenersi sussistente il nesso causale tra l’aggressione del cane e le lesioni riportate: pur non essendo stato direttamente azzannato dal corso (circostanza, invero, mai paventata dall’attore), il [attore] – nel tentativo di difendere il proprio cagnolino – ha subìto una colluttazione durata diversi minuti, che gli ha provocato delle pur lievi lesioni, suscettibili di risarcimento.
[…]
(Tribunale di Teramo, sentenza n. 643/2024)