Responsabilità dell’albergatore per furto e danno da vacanza rovinata – Sentenza Tribunale di Napoli 2024
Un furto in albergo trasforma una vacanza estiva in un’aula di tribunale. Il Tribunale di Napoli nel 2024 si trova ad affrontare un caso che solleva interrogativi cruciali sulla responsabilità degli albergatori e sui limiti del danno da vacanza rovinata. Quali sono gli obblighi di custodia per chi gestisce una struttura ricettiva? E quanto deve essere grave un inconveniente per rovinare davvero una vacanza agli occhi della legge? La sentenza offre spunti di riflessione importanti sul delicato equilibrio tra la tutela dei turisti e le responsabilità degli operatori del settore, in un contesto in cui la sicurezza dei beni personali diventa sempre più rilevante.
Indice
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Un turista soggiornava con la propria famiglia presso una struttura alberghiera in Puglia dal 5 al 19 agosto 2018. Il 7 agosto, mentre era a cena con la famiglia, subiva il furto di gioielli per un valore dichiarato di 15.000 euro e di 600 euro in contanti dalla propria camera d’albergo.
L’attore citava in giudizio la struttura alberghiera, chiedendo il risarcimento dei danni per il furto subito e per il danno da vacanza rovinata, quantificando la richiesta complessiva in circa 15.600 euro.
La struttura alberghiera si costituiva in giudizio contestando la ricostruzione dei fatti e chiamando in causa la propria compagnia assicurativa. Quest’ultima si costituiva eccependo la propria responsabilità in garanzia limitatamente alla sola domanda risarcitoria per il furto degli oggetti e nel limite massimo di 7.000 euro previsto dal contratto di assicurazione.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame chiama in causa principalmente gli articoli 1783, 1784 e 1785 del Codice Civile, che disciplinano la responsabilità dell’albergatore per i beni portati dai clienti in albergo.
L’art. 1783 c.c. stabilisce una responsabilità oggettiva dell’albergatore per il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo, con un limite al risarcimento pari a cento volte il prezzo giornaliero dell’alloggio.
L’art. 1784 c.c. prevede invece una responsabilità illimitata dell’albergatore per le cose consegnategli in custodia o che ha rifiutato di ricevere in custodia pur avendone l’obbligo.
L’art. 1785 c.c. elenca tassativamente le cause di esonero della responsabilità dell’albergatore, tra cui la forza maggiore e il fatto del cliente stesso.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che il cliente non ha l’obbligo di affidare in custodia gli oggetti di valore all’albergatore, ma in tal caso il risarcimento sarà limitato a quanto previsto dall’art. 1783 c.c., salvo il caso di colpa dell’albergatore.
Per quanto concerne il danno da vacanza rovinata, l’art. 46 del Codice del Turismo lo definisce come “un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”. La giurisprudenza ha chiarito che tale danno richiede la lesione di un interesse rilevante del turista e che tale lesione sia grave, superando una soglia di normale tollerabilità.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Napoli ha accolto parzialmente la domanda dell’attore, riconoscendo un risarcimento per il furto subito ma rigettando la richiesta di danno da vacanza rovinata.
In merito alla responsabilità per il furto, il giudice ha ritenuto sussistente l’evento, nonostante alcune incongruenze emerse dalle dichiarazioni dell’attore e dei testimoni circa i segni di effrazione sulla porta della camera. Tuttavia, il Tribunale ha rilevato un atteggiamento concorsuale dell’attore nella vicenda. In particolare, è emerso che la cassaforte della camera non funzionava e che l’attore, consapevole di ciò, aveva deciso di riporre i gioielli in un beauty case anziché chiederne la custodia alla struttura.
Il giudice ha sottolineato come tale comportamento denoti una negligenza da parte dell’attore, il quale, constatato il malfunzionamento della cassaforte, ha accettato il rischio derivante dalla mancata consegna dei beni all’albergatore. Pertanto, pur riconoscendo la responsabilità della struttura, il Tribunale ha ritenuto di limitare il risarcimento a 5.000 euro, anche in considerazione della mancanza di prove concrete circa il valore dei beni sottratti.
Di particolare interesse è la decisione relativa al danno da vacanza rovinata. Il Tribunale ha rigettato tale richiesta, ritenendo che l’evento non abbia inciso in maniera significativa sul godimento complessivo della vacanza. Il giudice ha evidenziato che:
- Il furto è avvenuto dopo soli due giorni dall’inizio del soggiorno di due settimane.
- L’attore e la sua famiglia hanno completato regolarmente il soggiorno, senza interromperlo.
- Non sono stati forniti elementi per ritenere che il furto abbia determinato l’impossibilità di proseguire la vacanza a causa del patimento psicologico subito.
Il Tribunale ha sottolineato che il danno da vacanza rovinata si concretizza in un turbamento tale da incidere significativamente sulla qualità della vita e sul godimento del periodo di svago. Nel caso di specie, la scelta di proseguire il soggiorno nella medesima struttura e nella stessa camera, nonostante i lamentati disservizi, è stata ritenuta incompatibile con la configurabilità di tale danno.
La sentenza offre un’interessante applicazione pratica dei principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di responsabilità dell’albergatore e di danno da vacanza rovinata. Emerge l’importanza di un comportamento diligente da parte del turista nella custodia dei propri beni, nonché la necessità che il pregiudizio lamentato incida in maniera oggettiva e significativa sul godimento della vacanza per poter configurare il danno da vacanza rovinata.
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ESTRATTO DELLA SENTENZA
“In base a quanto emerso, nonostante le segnalate incongruenze, appare ragionevole ritenere sussistente l’evento anche perché non espressamente disconosciuto dal convenuto neanche per fatti concludenti. Del pari appare opportuno però rilevare come vi sia stato un atteggiamento concorsuale dell’attore nella vicenda. Difatti, in base a quanto emerso dai fatti di causa, così come dalle dichiarazioni testimoniali “io mi recai in stanza sua per vedere se funzionava e constatai che la sua cassaforte non funzionava perché non si chiudeva, pur seguendo la procedura descritta e che io avevo seguito per la mia cassaforte” e dallo stesso interrogatorio formale “Peraltro, poiché all’arrivo in albergo constatammo che la cassaforte non si chiudeva (tanto che chiamammo anche l’amico per verificare insieme se la stessa funzionasse) allora lasciammo i nostri gioielli e i soldi in contanti in un beauty in stanza”, appare evidente la negligenza del medesimo attore, il quale, constatato il malfunzionamento della cassaforte, decide di riporre i gioielli per un valore affermato di €. 15.000,00 in un beauty case, quale alternativa alla cassaforte.