Abbandono della casa coniugale e addebito della separazione

Abbandono della casa coniugale e addebito separazione

Quando può chiedersi la separazione con addebito?

Il fondamento della separazione personale dei coniugi è costituito dall’intollerabilità della prosecuzione della convivenza (art. 151 c.c., comma 1), e non già dalla “irreversibile” crisi della comunione spirituale e materiale dei coniugi (presupposto, invece, della pronuncia di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio: L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 1). Non a caso, l’art. 151 c.c. stabilisce che il Giudice della separazione, pronunciando sulla separazione, dichiara, ove ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza (o il grave pregiudizio che questa comporta all’educazione della prole), in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri del matrimonio. Si rammenta che, ai sensi dell’art. 143 c.c., con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri: obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono inoltre tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Ai fini della pronuncia di addebito, inoltre, è necessaria la sussistenza di un rapporto di causalità tra il comportamento lesivo e la sussistenza dell’elemento dell’intollerabilità della convivenza. Sotto questo profilo, il Giudice della separazione ha il potere-dovere di indagare liberamente le fonti del proprio convincimento. In altri termini, la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la crisi coniugale sia ricollegabile “esclusivamente” al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza (Cass., ex multis, 11 giugno 2005 n. 12383 e 27 giugno 2006 n. 14840).

L’abbandono della casa coniugale giustifica l’addebito della separazione?

Nella valutazione delle cause della crisi della famiglia, l’abbandono del la casa coniugale, se volontario, unilaterale e definitivo, presenta un profilo del tutto speciale in relazione all’art. 151 c.c.. La violazione dell’obbligo di coabitazione (art. 143 c.c.) non si connota, infatti, soltanto per la sua particolare gravità, comportando la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale da parte del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuti di tornarvi (art. 146, comma 1, c.c.); essa, piuttosto, non si lascia ridurre al rango delle violazioni cui fa riferimento l’art. 151 c.c., non essendo predicabile per essa, come conseguenza, l’intollerabilità della prosecuzione di una convivenza, alla quale essa pone invece direttamente fine, in forza di una decisione unilaterale.

L’art. 146 c.c., con l’espressa previsione che la proposizione della domanda di separazione costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare, consente al coniuge di sottrarsi alla convivenza con una decisione unilaterale purché abbia proposto la domanda di separazione. Pertanto, il coniuge il quale provi che l’altro abbia volontariamente e definitivamente abbandonato la residenza familiare senza aver proposto domanda di separazione personale, non deve provare l’incidenza causale di quel comportamento illecito sulla crisi del matrimonio, implicando esso la cessazione della convivenza e degli obblighi a essa connaturati, e gravando sull’altra parte l’onere di offrire la prova che quel comportamento fosse giustificato dalla preesistenza di una situazione di intollerabilità della coabitazione (Cass., n. 2059/2012).

Sicchè, come peraltro chiarito dalla Suprema Corte (Cass. 20 aprile 2011 n. 9074), la regola appena ricordata viene meno quando si constati la mancanza di nesso causale tra violazione dei doveri coniugali e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Avv. Cosimo Montinaro

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