Il Tribunale di Lecce, con una recente pronuncia, ha accolto l’appello di un automobilista contro una sanzione per eccesso di velocità, stabilendo un principio fondamentale in materia di rilevatori elettronici di velocità: l’approvazione e l’omologazione sono procedure distinte e non equivalenti, e solo quest’ultima soddisfa i requisiti di legge per la validità dell’accertamento. La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale che sta ridefinendo i presupposti di legittimità delle sanzioni da autovelox, offrendo importanti tutele per gli automobilisti. Il giudice ha annullato il verbale contestato poiché l’apparecchiatura utilizzata (Photored F17dr) risultava solo approvata ma non omologata, mancando così del requisito tecnico essenziale richiesto dall’art. 142 comma 6 del Codice della Strada per garantire l’affidabilità e la precisione dello strumento di rilevazione.
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Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La controversia nasce dall’impugnazione proposta da un automobilista avverso la sentenza del Giudice di Pace di Lecce che aveva rigettato l’opposizione formulata contro un verbale di contestazione per violazione dell’art. 142 comma 8 del Codice della Strada. La violazione, accertata dalla Polizia Locale mediante l’apparecchiatura elettronica denominata Photored F17dr, riguardava il superamento dei limiti di velocità consentiti nel tratto stradale oggetto di controllo.
Il Giudice di Pace aveva respinto l’opposizione ritenendo che l’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento dell’infrazione fosse stata “regolarmente omologata“, sottoposta a verifica di funzionamento e di taratura, e utilizzata in un tratto stradale adeguatamente individuato dall’amministrazione comunale. Nella motivazione della sentenza di primo grado, il giudice aveva inoltre affermato la “sostanziale equivalenza” tra la procedura di omologazione e quella di approvazione dei dispositivi di controllo della circolazione stradale, ritenendo quindi legittimo l’accertamento effettuato mediante un apparecchio che disponeva della sola approvazione.
L’automobilista, non condividendo tale decisione, ha proposto appello dinnanzi al Tribunale di Lecce, deducendo diversi motivi di illegittimità del verbale di contestazione. La questione centrale sollevata nell’impugnazione riguardava proprio la distinzione tra approvazione e omologazione dell’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento della velocità, sostenendo che l’assenza di omologazione ministeriale rendesse illegittimo l’accertamento.
Nel costituirsi in giudizio, l’ente locale resisteva al gravame, difendendo la legittimità del proprio operato e la validità del verbale di contestazione. È significativo notare che l’amministrazione comunale non ha prodotto in giudizio alcuna documentazione attestante l’avvenuta omologazione dell’apparecchio Photored F17dr, risultando in atti unicamente il decreto di approvazione emesso dal Ministero competente e il certificato di taratura dello strumento risalente al maggio 2022. Questa carenza documentale ha assunto rilevanza determinante nell’economia della decisione del Tribunale, evidenziando come l’onere della prova circa la regolarità dell’apparecchiatura gravi sull’amministrazione che ha accertato l’infrazione.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La questione giuridica centrale affrontata dal Tribunale di Lecce si colloca nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 142 del Codice della Strada, con particolare riferimento al comma 6, che disciplina le modalità di accertamento delle violazioni dei limiti di velocità. La norma prevede espressamente che: “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate“.
L’utilizzo dell’espressione “debitamente omologate“ ha dato origine a un dibattito giurisprudenziale circa la necessità di una formale procedura di omologazione ministeriale come condizione di legittimità dell’accertamento, o se invece possa ritenersi sufficiente la mera approvazione del dispositivo. La distinzione tra questi due procedimenti amministrativi non è di poco conto, poiché incide direttamente sulla validità degli accertamenti effettuati mediante apparecchiature elettroniche.
Sul punto, il Tribunale di Lecce ha fatto riferimento a un recentissimo e fondamentale precedente della Corte di Cassazione: la sentenza n. 10505 del 18 aprile 2024. In questa pronuncia, la Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile che i procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo hanno caratteristiche, natura e finalità diverse e devono quindi considerarsi distinti. Secondo la Cassazione, l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo Sviluppo Economico, mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.
Particolarmente rilevante è la precisazione della Suprema Corte secondo cui l’omologazione, pur essendo una procedura amministrativa come l’approvazione, si differenzia da quest’ultima in quanto ha “natura necessariamente tecnica“ e tale specifica connotazione è finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico. Questo requisito costituisce, secondo la Cassazione, “l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento“, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 C.d.S..
Il Tribunale ha inoltre richiamato un ulteriore e ancor più recente precedente, la sentenza n. 20913 del 26 luglio 2024 della seconda sezione civile della Cassazione, che ha confermato il principio già espresso, annullando un verbale di contestazione dell’illecito di cui all’art. 142 comma 8 CdS proprio per difetto di omologazione dell’apparecchiatura.
Quest’orientamento giurisprudenziale si inserisce in un più ampio contesto di pronunce della Suprema Corte che hanno progressivamente definito i requisiti di legittimità degli accertamenti elettronici delle violazioni al Codice della Strada. In particolare, la sentenza n. 14597/2021 ha stabilito che, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, la funzionalità deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, mentre la sentenza n. 3335/2024 ha precisato che tale prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Lecce, applicando il “principio della ragione più liquida” elaborato dalla giurisprudenza della Cassazione (sentenze n. 9936/2014 e n. 12002/2014), ha ritenuto di poter decidere la controversia sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, senza necessità di esaminare gli ulteriori motivi di appello. Questo approccio interpretativo risponde alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzate dall’art. 111 della Costituzione.
Nel merito, il Tribunale ha accolto l’appello ritenendo fondata la censura relativa alla mancata omologazione dell’apparecchiatura Photored F17dr utilizzata per l’accertamento dell’infrazione. Il giudice ha rilevato che dalla documentazione in atti risultava unicamente l’approvazione dello strumento con Decreto ministeriale n. 257 del 19 gennaio 2016, esteso con Decreto n. 372 del 8 ottobre 2020, ma non la sua omologazione.
L’elemento determinante nella decisione è stata la distinzione concettuale e giuridica tra approvazione e omologazione, recentemente affermata dalla Cassazione. Il Tribunale ha condiviso l’orientamento secondo cui l’omologazione costituisce una procedura amministrativa con “natura necessariamente tecnica“, finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico, che rappresenta un requisito indispensabile per la legittimità dell’accertamento ai sensi dell’art. 142 comma 6 del Codice della Strada.
La decisione del Tribunale di Lecce si colloca in un orientamento giurisprudenziale che sta consolidandosi a livello nazionale e che pone l’accento sulla necessità di garanzie tecniche stringenti negli accertamenti elettronici delle violazioni stradali. Questo orientamento risponde all’esigenza di tutelare gli automobilisti da accertamenti effettuati con strumenti non adeguatamente verificati sotto il profilo della precisione e dell’affidabilità.
È interessante notare come il Tribunale abbia posto l’accento sull’onere della prova gravante sull’amministrazione: in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, spetta alla P.A. dimostrare la regolarità dello strumento attraverso le certificazioni di omologazione. Nel caso di specie, l’ente locale non ha prodotto alcuna documentazione attestante l’avvenuta omologazione, limitandosi a fornire il decreto di approvazione e il certificato di taratura.
La sentenza del Tribunale di Lecce rappresenta quindi un importante precedente a livello locale che si allinea con le pronunce della Suprema Corte sul tema, contribuendo a delineare un quadro giurisprudenziale sempre più chiaro sui requisiti di legittimità degli accertamenti elettronici delle violazioni stradali. L’orientamento affermatosi sottolinea l’importanza di un corretto equilibrio tra le esigenze di sicurezza stradale e la tutela dei diritti degli automobilisti, garantendo che le sanzioni siano irrogate solo a seguito di accertamenti effettuati con strumenti che offrano adeguate garanzie di precisione e affidabilità.