Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di rilevamento elettronico della velocità: l’illegittimità delle sanzioni elevate mediante apparecchi autovelox che, pur essendo approvati, non sono stati oggetto di regolare omologazione ministeriale. La sentenza del 2024 mette in luce la cruciale distinzione tra approvazione e omologazione degli strumenti di rilevamento, aprendo nuove prospettive per la tutela degli automobilisti. Ci si potrebbe chiedere: quanto è garantita la certezza della misurazione in assenza di una formale omologazione?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda trae origine da un verbale di contestazione emesso dal Comune di Milano nei confronti di A.A. per violazione dell’art. 142 comma 8 del Codice della Strada, relativo all’eccesso di velocità. La violazione era stata rilevata mediante un dispositivo autovelox. Il destinatario della sanzione decideva di opporsi al verbale presentando ricorso davanti al Giudice di Pace di Milano, contestando la legittimità dell’accertamento.
In primo grado, il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione, invalidando il verbale di contestazione. Tuttavia, il Comune di Milano impugnava la decisione davanti al Tribunale, il quale, in riforma della sentenza di primo grado, confermava la validità del verbale di accertamento. Di fronte a questo rovesciamento della decisione, la parte privata decideva di ricorrere in Cassazione, presentando cinque motivi di impugnazione, tra i quali assumeva particolare rilevanza la questione relativa al difetto di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento della velocità.
NORMATIVA E PRECEDENTI #2
Il quadro normativo di riferimento si incentra principalmente sull’art. 142, comma 6, del Codice della Strada (D.Lgs. 285/1992) e sull’art. 192 del relativo Regolamento di esecuzione (D.P.R. 495/1992). Queste disposizioni stabiliscono i requisiti fondamentali per la legittimità delle rilevazioni della velocità effettuate mediante apparecchiature elettroniche.
La normativa prevede espressamente che le apparecchiature destinate all’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità debbano essere sottoposte a una specifica procedura di omologazione ministeriale. Tale requisito non può essere considerato equivalente alla mera approvazione dello strumento, in quanto i due procedimenti presentano caratteristiche strutturali e funzionali distintamente diverse.
La giurisprudenza di legittimità, in particolare con la recente sentenza n. 10505/2024 richiamata nell’ordinanza in esame, ha consolidato questo orientamento, chiarendo definitivamente la non equipollenza tra approvazione e omologazione degli strumenti di rilevazione della velocità.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte di Cassazione ha accolto il quarto e il quinto motivo del ricorso, che denunciavano rispettivamente il difetto di omologazione dell’apparecchiatura di rilevamento della velocità e la falsa interpretazione dell’art. 142 comma 6 del Codice della Strada.
La decisione si basa sul principio secondo cui è illegittimo l’accertamento eseguito con un apparecchio autovelox che, pur essendo stato approvato, non ha ottenuto la necessaria omologazione ministeriale. I giudici hanno sottolineato come questa distinzione non sia meramente formale, ma sostanziale, in quanto i due procedimenti (approvazione e omologazione) rispondono a finalità diverse e seguono iter procedurali distinti.
La Suprema Corte ha quindi annullato il verbale di contestazione, condannando anche la parte controricorrente al rimborso delle spese processuali, sia per il giudizio di appello che per quello di legittimità.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“È illegittimo l’accertamento eseguito con apparecchio autovelox approvato ma non debitamente omologato, poiché la preventiva approvazione dello strumento di rilevazione elettronica della velocità non è equipollente giuridicamente all’omologazione ministeriale prescritta dall’art. 142 co. 6 D.Lgs. 285/1992. Si tratta infatti – ex artt. 142 co. 6 D.Lgs. 285/1992 c.d.s. e 192 D.P.R. 495/1992 (regolamento di esecuzione del c.d.s.) – di procedimenti strutturalmente e funzionalmente diversi.”
(Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Ordinanza n. 20913/2024)