Azione di ingiustificato arricchimento contro il Comune di Cavallino: rigettata la richiesta di pagamento del professionista – Tribunale di Lecce, 2024

Una recente sentenza del Tribunale di Lecce ha affrontato un caso controverso riguardante l’azione di ingiustificato arricchimento intentata da un professionista nei confronti del Comune di Cavallino. La vicenda ruota attorno alla richiesta di pagamento per un progetto commissionato dall’ente locale, ma mai retribuito. Il giudice ha rigettato la domanda del professionista, ritenendo inammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente pubblico.

La decisione si basa principalmente su due elementi chiave: la mancanza del requisito di sussidiarietà dell’azione ex art. 2041 c.c. e l’esistenza di norme specifiche sulla responsabilità dei funzionari pubblici in caso di violazione delle regole di contabilità. Il Tribunale ha dovuto esaminare complesse questioni giuridiche, tra cui l’applicabilità dell’art. 2041 c.c. sull’arricchimento senza causa nei confronti della pubblica amministrazione e i limiti posti dalle norme di contabilità pubblica.

La difesa del Comune di Cavallino, affidata all’Avv. Lucio G. Longo (con studio in Lecce in Via M.R. Imbriani n. 24 – tel. 0832/396167), ha efficacemente argomentato l’inammissibilità dell’azione, contribuendo all’esito favorevole per l’ente. La sentenza solleva interrogativi sull’effettiva tutela dei professionisti che prestano la propria opera per gli enti pubblici in assenza di validi contratti, confermando al contempo l’importanza di una difesa tecnica qualificata in contenziosi di questa natura.

ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso in esame trae origine dalla richiesta di pagamento avanzata da un professionista nei confronti del Comune di Cavallino per un progetto di fattibilità tecnica ed economica. Nello specifico, il professionista era stato incaricato di redigere un progetto per l’ammodernamento e il completamento della piattaforma RSU a servizio dei Comuni dell’Ex ATO LE/1, situata nel territorio comunale di Cavallino.

L’incarico era stato conferito inizialmente con una determinazione del 2013, seguita da una successiva del 2017 che ampliava i compiti del professionista. Per le attività aggiuntive era stato pattuito un compenso ulteriore di 34.000 euro, oltre IVA e oneri. Il professionista sosteneva di aver ricevuto, quale acconto iniziale, la somma di 5.000 euro.

L’incarico prevedeva la redazione di rilievi e misurazioni dello stato di fatto dei luoghi, picchettazione e predisposizione di elaborati e dettagli necessari per la definizione di tutti gli aspetti tecnici inerenti alla totale progettazione. Il professionista sosteneva di aver portato a termine l’incarico con diligenza, come dimostrato dalla validazione del progetto da parte del RUP. Tuttavia, nonostante i solleciti, il Comune di Cavallino non aveva provveduto al pagamento del compenso residuo.

La vicenda ha attraversato diverse fasi giudiziarie. Inizialmente, il professionista aveva ottenuto un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Lecce, successivamente opposto dal Comune. Nel giudizio di opposizione, conclusosi con sentenza passata in giudicato, era stato revocato il decreto ingiuntivo e rigettata la domanda riconvenzionale del Comune.

Ritenendo che tale sentenza avesse statuito con efficacia di giudicato sull’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente locale, il professionista aveva quindi intentato la presente causa, chiedendo l’accertamento dell’arricchimento senza causa del Comune di Cavallino e la condanna al pagamento della somma dovuta, oltre oneri di legge, interessi e rivalutazione.

Il Comune di Cavallino si costituiva in giudizio contestando la domanda attorea.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame coinvolge un intreccio complesso di norme e orientamenti giurisprudenziali in materia di arricchimento senza causa e di contabilità degli enti locali.

L’art. 2041 del codice civile disciplina l’azione generale di arricchimento senza causa, prevedendo che chi si è arricchito senza giusta causa a danno di un’altra persona è tenuto a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. L’art. 2042 c.c. stabilisce il carattere sussidiario di tale azione, specificando che non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito.

La giurisprudenza ha elaborato nel tempo una serie di criteri per l’applicazione di queste norme. In particolare, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è recentemente intervenuta con la sentenza n. 33954/2023, chiarendo che la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico.

Per quanto riguarda l’applicabilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, la giurisprudenza ha progressivamente attenuato il requisito dell’utilitas, originariamente richiesto in termini di riconoscimento espresso da parte dell’ente pubblico del vantaggio ottenuto (Cass. SS.UU. n. 10798/2015). Tuttavia, permane l’onere in capo all’attore di dimostrare il fatto oggettivo dell’arricchimento dell’ente (Cass. civ. n. 16793/2018).

Un ruolo centrale nella vicenda è svolto dall’art. 191 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), che disciplina le procedure per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese da parte degli enti locali. Questa norma prevede che gli enti possano effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria. La violazione di tali regole comporta la nullità dell’atto e la responsabilità personale di chi ha agito in nome dell’ente.

Sull’interazione tra questa disposizione e l’azione di arricchimento senza causa, la Cassazione ha statuito che “a fronte di una responsabilità diretta del funzionario o dell’amministratore verso il fornitore o il prestatore con esclusione di ogni rapporto obbligatorio tra quest’ultimo e l’ente, deve essere esclusa sostanzialmente la possibilità giuridica per il prestatore di beni e servizi o per l’esecutore di lavori di somma urgenza di esperire nei confronti del Comune azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. per mancanza di residualità e sussidiarietà dell’azione” (Cass. civ. n. 19958/2020).

Infine, per quanto concerne la quantificazione dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che esso deve comprendere “tutto quanto il patrimonio ha perduto (in elementi ed in valore) rispetto alla propria precedente consistenza; ma non anche i benefici e le aspettative connessi con la controprestazione pattuita quale corrispettivo dell’opera, della fornitura, o della prestazione professionale, non percepito” (Cass. SS.UU. n. 23385/2008).

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Lecce ha rigettato la domanda attorea, ritenendo inammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento proposta dal professionista nei confronti del Comune di Cavallino. La decisione si articola su diversi punti chiave, ciascuno dei quali merita un’attenta analisi.

1. Assenza di giudicato sull’esperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c.

In primo luogo, il giudice ha escluso che si fosse formato un giudicato sull’esperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. nei confronti dell’ente locale. La precedente sentenza invocata dall’attore non conteneva infatti una pronuncia definitiva su tale questione, ma si limitava ad esplicitare incidenter tantum una conseguenza logica ritraibile dall’inesistenza di un valido titolo contrattuale tra le parti. Il Tribunale ha correttamente applicato il principio secondo cui il giudicato sostanziale si forma solo su ciò che ha costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice.

2. Inammissibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento

Il nodo centrale della decisione riguarda l’inammissibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. nei confronti del Comune. Il Tribunale ha fondato questa conclusione su due pilastri fondamentali:

a) Mancanza del requisito di sussidiarietà: L’art. 2042 c.c. stabilisce il carattere residuale dell’azione di arricchimento senza causa. Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che esistessero altre azioni esperibili dal professionista, in particolare l’azione diretta nei confronti del funzionario o amministratore responsabile della violazione delle norme di contabilità pubblica, come previsto dall’art. 191 TUEL.

b) Applicazione dell’art. 191 TUEL: Questa norma prevede una responsabilità personale di chi agisce in nome dell’ente in violazione delle regole di contabilità pubblica. Il Tribunale ha seguito l’orientamento della Cassazione (sentenza n. 19958/2020) secondo cui tale previsione esclude la possibilità di agire ex art. 2041 c.c. nei confronti del Comune.

3. Onere della prova non assolto

Il giudice ha inoltre evidenziato come il professionista non avesse assolto all’onere probatorio su di esso gravante in ordine alla dimostrazione della diminuzione economica subita. Questo aspetto è cruciale nell’azione di ingiustificato arricchimento, poiché l’indennizzo deve essere commisurato all’effettivo depauperamento subito, non al corrispettivo originariamente pattuito.

4. Quantificazione dell’indennizzo

Il Tribunale ha ribadito il principio, affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 23385/2008), secondo cui l’indennizzo ex art. 2041 c.c. non può essere quantificato nel corrispettivo originariamente convenuto. L’indennizzo deve comprendere solo quanto effettivamente perso dal patrimonio, senza includere benefici e aspettative connessi alla controprestazione pattuita.

5. Riflessi sulla prassi amministrativa

La sentenza ribadisce l’importanza del rispetto delle procedure di spesa da parte degli enti locali. Emerge chiaramente la necessità per i professionisti di assicurarsi, prima di intraprendere qualsiasi attività, che l’incarico sia formalizzato secondo le modalità previste dalla legge e che vi sia un impegno di spesa regolarmente registrato.

In conclusione, la decisione del Tribunale di Lecce, pur ponendosi in continuità con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, evidenzia la complessità delle questioni giuridiche legate ai rapporti tra professionisti e pubblica amministrazione, suggerendo la necessità di un equilibrio tra tutela dell’interesse pubblico e garanzia dei diritti dei privati che collaborano con gli enti locali.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“La domanda attorea in via principale non può trovare accoglimento e deve essere rigettata.

In via preliminare, si rileva l’inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata dal Comune di Cavallino sia perché costituitosi oltre il termine di cui all’art. 166 c.p.c. e, quindi, incorso nelle decadenze di cui all’art. 167 c.p.c., sia perché già scrutinata nel merito nell’ambito del giudizio contraddistinto da R.G. n. 455/2021 e, pertanto, già coperta dal giudicato formatosi sulla sentenza n. 2204/2022.

Tanto premesso, si osserva che la domanda ex art. 2041 c.c. nei confronti del Comune di Cavallino non può trovare accoglimento.

Nel caso di specie, l’attore ha invocato l’esistenza del giudicato sull’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del Comune di Cavallino. Tale argomentazione, tuttavia, non coglie nel segno. […] Nel caso di specie, la sentenza n. 2204/2022 non contiene una pronuncia definitiva sulla questione relativa all’esperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. […] ma si limita ad esplicitare incidenter tantum una conseguenza logica ritraibile dall’inesistenza di un valido titolo contrattuale tra le parti.

[…] Tanto premesso in termini generali, occorre rimarcare che l’agire amministrativo appare vincolato da imperative regole di contabilità volte a preservare il buon andamento dell’amministrazione pubblica. A mente dell’art. 191 d. lgs n. 267 del 2000 (TUEL), l’atto con cui l’Ente locale assume un obbligo contrattuale deve essere necessariamente preceduto da un impegno di spesa, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria. Dall’inosservanza del descritto iter procedurale discende la nullità della deliberazione che autorizza la spesa pubblica nonché il sorgere di un’obbligazione pecuniaria a carico dell’amministratore, funzionario o dipendente del medesimo ente che sia responsabile della violazione.

Il richiamato art 191, prevedendo un’azione diretta di responsabilità nei confronti della persona fisica che concretamente abbia agito per conto dell’Ente, vale ad escludere che nel caso di specie sia utilmente esperibile l’azione di ingiustificato arricchimento. […]

Alla luce dei menzionati principi giurisprudenziali, parte attrice non ha neppure assolto all’onere della prova su di sé gravante in ordine alla dimostrazione della diminuzione economica subita in base alla quale determinare l’indennizzo ex art. 2041 c.c. L’indennizzo, peraltro, in assenza di un valido titolo contrattuale, non può essere quantificato nel corrispettivo originariamente convenuto, non avendo il professionista un diritto ad una controprestazione né tanto meno alla stessa prestazione che gli sarebbe spettata se il contratto fosse stato valido.

Come sostenuto da costanti pronunciamenti, il depauperamento ex art. 2041 c.c., non costituendo una restitutio in integrum, deve comprendere ‘tutto quanto il patrimonio ha perduto (in elementi ed in valore) rispetto alla propria precedente consistenza; ma non anche i benefici e le aspettative connessi con la controprestazione pattuita quale corrispettivo dell’opera, della fornitura, o della prestazione professionale, non percepito’ (Sez. Un. 23385/2008). È, pertanto, rimesso all’impulso processuale di parte attrice l’indicazione di elementi istruttori utili a documentare gli esborsi sostenuti.

Alla luce delle esposte argomentazioni la domanda di parte attrice va rigettata.”

(Tribunale di Lecce, Seconda Sezione Civile, Sentenza n. 2618/2023)

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