Licenziamento invalido per denunce ambientali sui social: il diritto di critica del dipendente prevale sull’obbligo di fedeltà – Tribunale di Trani 2025

Nel panorama giuridico italiano, la recente pronuncia del Tribunale di Trani offre un’importante riflessione sui limiti del potere disciplinare del datore di lavoro e sulla portata del diritto di critica esercitabile dal lavoratore. Il caso in esame riguarda una dipendente di una società di gestione autostradale, licenziata per aver denunciato l’abbattimento di alberi presso un casello autostradale, sia attraverso la richiesta di intervento delle autorità competenti sia mediante la pubblicazione di post sui social network. La controversia mette in luce il delicato equilibrio tra l’obbligo di fedeltà gravante sul prestatore di lavoro, sancito dall’art. 2105 del codice civile, e le libertà costituzionalmente garantite quali la libertà di espressione (art. 21 Cost.) e la libertà e segretezza della corrispondenza (art. 15 Cost.). Il Tribunale di Trani ha affrontato con particolare attenzione le questioni relative alla legittimità del licenziamento disciplinare, analizzando sia i profili procedurali sia quelli sostanziali relativi alla rilevanza disciplinare delle condotte addebitate alla lavoratrice. La sentenza rappresenta un importante precedente giurisprudenziale in materia di diritto del lavoro e tutela ambientale, stabilendo che le condotte della dipendente non costituiscono una violazione dell’obbligo di fedeltà in quanto rientrano nel legittimo esercizio del diritto di critica, con particolare riferimento a tematiche di rilevante interesse pubblico quali la tutela dell’ambiente, peraltro oggetto di specifica protezione costituzionale a seguito della recente modifica dell’art. 9 della Costituzione.

Inoltre, la decisione sottolinea che la legittimità dell’esercizio del diritto di critica deve essere valutata alla luce di criteri ormai consolidati nella giurisprudenza, quali l’oggettiva esistenza dei fatti posti alla base delle opinioni espresse, l’interesse della collettività all’informazione e la correttezza espressiva. Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che la dipendente abbia esercitato il proprio diritto di critica nel rispetto di tali parametri, escludendo pertanto qualsiasi rilevanza disciplinare delle condotte addebitate. La sentenza del Tribunale di Trani offre pertanto preziosi orientamenti interpretativi in merito al bilanciamento tra gli interessi datoriali alla tutela dell’immagine aziendale e i diritti fondamentali dei lavoratori, in particolare quando questi ultimi agiscono a tutela di interessi costituzionalmente rilevanti quali la protezione dell’ambiente. Tale pronuncia rappresenta un significativo passo avanti nella definizione dei confini dell’esercizio del potere disciplinare, soprattutto in relazione a condotte extralavorative o realizzate attraverso i moderni mezzi di comunicazione digitale, come i social network e le applicazioni di messaggistica istantanea.

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Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

La controversia giudiziaria in esame trae origine dal licenziamento disciplinare intimato da una società concessionaria di autostrade nei confronti di una propria dipendente, assunta con contratto a tempo indeterminato dal novembre 2018 e inquadrata nel livello C+ del CCNL Autostrade, con mansioni di esattore presso il casello autostradale di Molfetta. Il provvedimento espulsivo era stato adottato dalla società a seguito di due contestazioni disciplinari formulate nei confronti della lavoratrice rispettivamente in data 16 febbraio 2024 e 21 marzo 2024. Con il primo atto di contestazione, la società aveva addebitato alla dipendente di aver intralciato i lavori di manutenzione avviati dall’azienda presso un cantiere in prossimità del casello autostradale a cui era adibita, sollecitando l’intervento della Polizia di Stato sul posto per verificare la regolarità dell’intervento di abbattimento di alberi che era in corso di esecuzione. Inoltre, veniva contestato alla lavoratrice di aver pubblicato su Facebook dei post asseritamente lesivi dell’immagine aziendale, contenenti fotografie di alberi accompagnate da didascalie quali “abbattimenti seriali notturni di alberi tutt’ora in corso sul piazzale di ingresso del casello autostradale di Molfetta” e commenti come “perché un mese fa c’era un po’ di vento e quindi meglio eliminarli. Al momento motoseghe in azione” e “qui prima vivevano alberi innocenti” e “sterminio“.

La società contestava altresì alla dipendente di aver messo in pericolo la propria incolumità fisica e quella degli utenti della strada, durante l’orario di lavoro, al fine di scattare delle fotografie successivamente pubblicate sui social, nonché di aver utilizzato l’indirizzo di posta elettronica aziendale per fini estranei all’attività lavorativa, avendo richiesto, nella sua qualità di presidente di un’associazione ambientalista, un incontro urgente con il Direttore della società per discutere dell’abbattimento degli alberi. Con la seconda contestazione, invece, la datrice di lavoro addebitava alla ricorrente di aver segnalato l’abbattimento di alberi al referente territoriale del WWF tramite messaggi inviati su Messenger, insinuando che la società avesse posto in essere comportamenti contrari alla legge e in violazione del Codice Etico di Gruppo. Inoltre, veniva contestato alla lavoratrice di aver inoltrato a più colleghi un’immagine tratta dal “Bilancio di sostenibilità 2022” pubblicato sulla intranet aziendale, relativa ai paragrafi intitolati “Ascolto delle persone” e “Le persone di autostrade per l’Italia”, aggiungendo come didascalia il seguente messaggio: “Io mi comporto in linea con ciò che vuole da me e mi fa leggere sul sito in maniera trasparente. Chi ipotizza il contrario probabilmente non è in linea o evidentemente ha tanto da nascondere“.

In risposta alle contestazioni disciplinari, la lavoratrice aveva fornito le proprie giustificazioni, sostenendo la legittimità delle condotte addebitate. In particolare, aveva evidenziato che la richiesta di intervento della Polizia di Stato era stata motivata dalla sua sensibilità per le tematiche ambientali e dalla volontà di verificare il possesso da parte della società delle autorizzazioni necessarie per l’abbattimento degli alberi. Quanto ai post pubblicati su Facebook, la dipendente aveva argomentato che non potevano considerarsi lesivi dell’immagine aziendale in quanto la società non era stata esplicitamente menzionata. Con riferimento ai messaggi privati inviati al referente del WWF, la lavoratrice aveva sostenuto che si trattava di comunicazioni destinate a rimanere riservate. Nonostante le giustificazioni fornite, la società aveva ritenuto di dover procedere con il licenziamento, intimato con lettera del 23 aprile 2024, ritenendo che le condotte poste in essere dalla dipendente avessero leso irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti. A seguito del licenziamento, la lavoratrice aveva presentato ricorso al Tribunale di Trani chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del recesso datoriale e la condanna della società alla sua reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dalla legge.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel complesso quadro normativo che regola il rapporto di lavoro subordinato e, in particolare, l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro. La cornice legislativa di riferimento è costituita dall’art. 2105 del codice civile, che disciplina l’obbligo di fedeltà gravante sul lavoratore, il quale, secondo la giurisprudenza consolidata, non impedisce al dipendente di esprimere critiche all’operato del datore di lavoro, purché ciò avvenga entro determinati limiti. Di fondamentale importanza sono anche gli articoli 2 e 3 del D.lgs. n. 23/2015, che disciplinano il regime sanzionatorio applicabile in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 con contratto a tempo indeterminato. In particolare, l’art. 3, comma 2, del citato decreto legislativo prevede la tutela reintegratoria attenuata “esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento“. La giurisprudenza, sia di legittimità sia costituzionale, ha chiarito che l’insussistenza del fatto materiale comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare.

Dal punto di vista costituzionale, la pronuncia del Tribunale di Trani si fonda su diverse disposizioni di rango primario, tra cui l’art. 21 della Costituzione, che sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, l’art. 15 della Costituzione, che garantisce la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, e l’art. 9 della Costituzione, come modificato dalla Legge Costituzionale n. 1/2022, che stabilisce che la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Nel contesto lavoristico, rilevante è anche l’art. 1 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), che riconosce ai lavoratori il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nei luoghi di lavoro, nel rispetto dei principi costituzionali. La decisione del Tribunale di Trani si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione in materia di diritto di critica, che ha elaborato nel corso degli anni specifici parametri per valutarne la legittimità. In particolare, secondo la sentenza della Cassazione n. 17784/2022, il diritto di critica, quale espressione della libera manifestazione del pensiero, rimanda non solo all’area dei rilievi problematici, ma anche a quella della disputa e della contrapposizione, della disapprovazione e del biasimo, anche con toni aspri e taglienti.

I limiti al diritto di critica sono stati individuati dalla giurisprudenza nella difesa dei diritti inviolabili, come quello previsto dall’art. 2 della Costituzione, con la conseguenza che non è consentito attribuire ad altri fatti non veri, né trasmodare nell’invettiva gratuita, salvo che l’offesa sia necessaria e funzionale alla costruzione del giudizio critico. La Cassazione ha precisato che, a differenza della cronaca, la critica si concretizza nella manifestazione di un’opinione o di un giudizio valutativo che presuppone un fatto, ma che non può pretendersi sia “obiettivo” o “vero/falso” in quanto tale. La critica richiede un sufficiente riscontro fattuale, in linea con quanto affermato anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha sottolineato la necessità di distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, poiché, se la materialità dei fatti può essere provata, l’esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata. Con riferimento specifico al rapporto di lavoro, la recentissima sentenza della Cassazione n. 5334/2025 ha affermato che la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza privata e il diritto alla riservatezza nel rapporto di lavoro, presidi della dignità del lavoratore, impediscono di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto in sé delle comunicazioni private del lavoratore, trasmesse col telefono personale a persone determinate e con modalità significative dell’intento di mantenere segrete le stesse, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Trani, all’esito di un’approfondita analisi delle questioni giuridiche sottese al caso, ha accolto il ricorso presentato dalla lavoratrice, dichiarando l’illegittimità del licenziamento e condannando la società alla sua reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 23/2015.

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