Occupazione casa coniugale: 3500€ di risarcimento | Sentenza 2024
Nel panorama giuridico italiano, le dispute relative all’occupazione degli immobili rappresentano una questione delicata e complessa, soprattutto quando coinvolgono ex coniugi e proprietà familiari. Una recente sentenza del Tribunale di Avellino del 2024 getta nuova luce su questa tematica, affrontando il caso di un’occupazione sine titulo protrattasi per mesi dopo la revoca dell’assegnazione della casa coniugale. Quali sono i diritti del proprietario in queste situazioni? E come si quantifica il danno derivante dall’indisponibilità dell’immobile?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda giudiziaria in esame trae origine da una complessa situazione familiare, culminata in un contenzioso relativo all’occupazione di un immobile. I protagonisti sono due ex coniugi, la cui separazione consensuale era stata omologata dal Tribunale di Avellino nel 2015. In quella sede, era stato disposto l’affido condiviso dei figli minori, con collocazione presso la madre e conseguente assegnazione a quest’ultima della casa coniugale, situata ad Avellino.
La situazione subisce una svolta significativa nell’aprile 2021, quando, nell’ambito del procedimento di divorzio avviato dal marito, il Tribunale emette un’ordinanza che modifica le condizioni precedentemente stabilite. Con questo provvedimento, viene revocata la collocazione dei minori presso la madre e, di conseguenza, l’assegnazione della casa coniugale alla stessa.
È importante sottolineare che l’attore, ovvero l’ex marito, risulta titolare di un diritto d’uso e abitazione sulla casa in questione, in virtù di un atto di donazione risalente al 2008, nel quale aveva espressamente costituito tale diritto a proprio favore.
Nonostante la notifica dell’ordinanza di revoca e le ripetute sollecitazioni a rilasciare l’immobile, l’ex moglie persiste nell’occupazione dello stesso. Questa situazione porta l’attore a notificare un atto di precetto, al quale la convenuta risponde con un’opposizione. Il contenzioso si protrae fino all’ottobre 2021, quando il Tribunale emette una nuova ordinanza che dispone esplicitamente il collocamento dei figli presso il padre e l’assegnazione della casa coniugale a quest’ultimo, ordinando alla convenuta di rilasciarla senza ritardo.
Tuttavia, il rilascio effettivo dell’immobile avviene solo il 16 novembre 2021, dopo ulteriori scambi di comunicazioni e tentativi di conciliazione. L’attore, ritenendo ingiustificata questa prolungata occupazione, chiede il pagamento di un’indennità per il periodo compreso tra il 24 aprile e il 16 novembre 2021, durante il quale sostiene che l’ex moglie abbia occupato l’immobile sine titulo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame coinvolge diversi aspetti del diritto civile e familiare, toccando questioni relative ai diritti reali, all’assegnazione della casa coniugale e al risarcimento del danno per occupazione sine titulo. Per comprendere appieno la decisione del Tribunale, è necessario analizzare il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
In primo luogo, occorre considerare la disciplina dei diritti reali, in particolare il diritto di abitazione. L’articolo 1022 del Codice Civile definisce il diritto di abitazione come il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni del titolare e della sua famiglia. Nel caso in esame, questo diritto era stato costituito a favore dell’attore mediante atto di donazione, conferendogli una posizione giuridica forte rispetto all’immobile.
Per quanto riguarda l’assegnazione della casa coniugale, il riferimento normativo principale è l’articolo 337-sexies del Codice Civile, introdotto dal D.lgs. 154/2013, che ha sostituito il previgente articolo 155-quater. Questa norma stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. L’assegnazione, pur avendo natura temporanea, è trascrivibile e opponibile ai terzi.
Un aspetto cruciale della vicenda riguarda gli effetti della revoca dell’assegnazione della casa coniugale. Su questo punto, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti con la sentenza n. 1367/2012. In questa pronuncia, la Suprema Corte ha stabilito che la natura speciale del diritto di abitazione derivante dall’assegnazione della casa familiare è tale per cui esso non sussiste senza l’allontanamento di chi non ne è titolare. Simmetricamente, quando questo diritto cessa di esistere per effetto della revoca, determina la necessità di allontanamento da parte di chi lo ha perduto.
Questa interpretazione ha importanti conseguenze pratiche: il provvedimento di revoca dell’assegnazione costituisce di per sé titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile, anche in assenza di un esplicito ordine in tal senso. Ciò significa che, nel caso in esame, l’ex moglie avrebbe dovuto lasciare l’immobile immediatamente dopo la notifica dell’ordinanza di revoca dell’aprile 2021.
Per quanto concerne il risarcimento del danno derivante dall’occupazione sine titulo, la giurisprudenza ha elaborato criteri specifici. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 14947/2023, ha ribadito che il danno emergente presuppone l’allegazione e, in caso di contestazione, la prova (anche presuntiva) della concreta possibilità di godimento perduta. La liquidazione può avvenire equitativamente, facendo ricorso al criterio del valore locativo di mercato.
Infine, in tema di onere probatorio, la Cassazione ha chiarito con la sentenza n. 1929/2009 che il titolare di un diritto reale sul bene, quando chiede il rilascio di un fondo occupato senza titolo, non è tenuto ad alcun onere probatorio specifico. Spetta invece al convenuto provare l’esistenza di un titolo che giustifichi la sua permanenza nella detenzione della cosa.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Avellino, dopo aver esaminato attentamente le circostanze del caso e le argomentazioni delle parti, ha accolto la domanda dell’attore, riconoscendo la fondatezza della sua pretesa risarcitoria per l’occupazione sine titulo dell’immobile.
La decisione del giudice si basa su una serie di considerazioni chiave. In primo luogo, il Tribunale ha riconosciuto che l’attore ha assolto l’onere probatorio a suo carico, dimostrando di essere titolare del diritto di abitazione sull’immobile e provando il venir meno del titolo alla detenzione da parte della convenuta a partire dal 23 aprile 2021, data dell’ordinanza che revocava l’assegnazione della casa coniugale.
Il giudice ha sottolineato che, una volta venuto meno il provvedimento di assegnazione, la convenuta era obbligata alla restituzione immediata del bene. Non è stata ritenuta rilevante la circostanza che solo in data 15 ottobre 2021 sia stato emesso un nuovo provvedimento di assegnazione della casa coniugale in favore dell’attore quale genitore collocatario delle figlie minori. Infatti, l’attore era già legittimato a ottenere la restituzione del bene in virtù del suo diritto di abitazione, costituito in suo favore all’atto della donazione.
Un aspetto cruciale della decisione riguarda l’onere probatorio. Il Tribunale ha ribadito il principio secondo cui il titolare di un diritto reale sul bene, quando chiede il rilascio di un fondo occupato senza titolo, non è tenuto ad alcun onere probatorio specifico. Spetta invece al convenuto provare l’esistenza di un titolo che giustifichi la sua permanenza nella detenzione della cosa. Nel caso in esame, la convenuta non ha fornito alcuna prova in tal senso, limitandosi a sostenere che l’ordine di rilascio sarebbe avvenuto solo con l’ordinanza del 15 ottobre 2021.
Il giudice ha inoltre fatto riferimento alla giurisprudenza della Cassazione, in particolare alla sentenza n. 1367/2012, che ha chiarito come il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisca di per sé titolo esecutivo per il rilascio, anche in assenza di un esplicito ordine in tal senso.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno, il Tribunale ha applicato i principi stabiliti dalla recente giurisprudenza della Cassazione (sentenza n. 14947/2023) in tema di risarcimento del danno derivante dall’indisponibilità di un immobile. In particolare, ha ritenuto che il danno emergente fosse sufficientemente provato, anche in via presuntiva, e ha proceduto a una liquidazione equitativa facendo ricorso al criterio del valore locativo di mercato.
Considerando le dimensioni dell’immobile, la sua ubicazione e gli indici emergenti dalla valutazione immobiliare prodotta in atti, il giudice ha ritenuto equo fissare un valore locativo del bene pari a 500 euro mensili. Dato che l’occupazione si è protratta per 7 mesi, da aprile a novembre 2021, la convenuta è stata condannata al pagamento di 3.500 euro, somma già rivalutata all’attualità e comprensiva di interessi compensativi.
In conclusione, la decisione del Tribunale di Avellino si inserisce nel solco della giurisprudenza consolidata in materia di occupazione sine titulo e risarcimento del danno, offrendo un’applicazione pratica dei principi elaborati dalla Cassazione. La sentenza ribadisce l’importanza di un tempestivo rilascio dell’immobile a seguito della revoca dell’assegnazione della casa coniugale e fornisce criteri chiari per la quantificazione del danno in simili circostanze.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“La domanda dell’attore è fondata e meritevole di accoglimento per quanto di ragione. In punto di qualificazione, occorre rilevare che, nel caso di specie, l’attore ha chiesto accertarsi l’occupazione sine titulo della casa coniugale da parte della convenuta per il periodo compreso tra il 24 aprile 2021 ed il 16 novembre 2021, con conseguente pagamento della indennità dovuta per l’indisponibilità del bene. Orbene, l’attore ha assolto l’onere probatorio su di sé incombente comprovando la propria qualità di titolare del diritto di abitazione nonché il sopravvenuto venir meno del titolo alla detenzione da parte della convenuta a far data dal 23.4.2021, ovvero dalla pronuncia dell’ordinanza con la quale, nell’ambito del procedimento di divorzio, il Giudice Istruttore disponeva la revoca dell’assegnazione alla [convenuta] della casa familiare sita in Avellino alla via Due Principati 228. Non vi è dubbio che, venuto meno il provvedimento di assegnazione della casa coniugale e dunque il titolo della detenzione, la [convenuta] era obbligata alla restituzione immediata del bene. Non rileva che solo in data 15.10.2021 sia stato emesso provvedimento di assegnazione della casa coniugale in favore dell'[attore] quale genitore collocatario delle figlie minori, giacchè l’odierno attore era già legittimato ad ottenere la restituzione del bene in precedenza in quanto titolare del diritto di abitazione sul bene, costituito in suo favore all’atto della donazione per Notar [omissis] dell’11.05.2008. […] Per quanto sopra esposto, deve ritenersi provata l’occupazione sine titulo dell’immobile da parte della convenuta, a far data dal 24 aprile 2021 al 16 novembre 2021. […] Nel caso di specie, tenuto conto che la convenuta non ha svolto alcuna specifica e tempestiva contestazione avverso l’allegazione attorea del danno subito per l’indisponibilità del bene né avverso gli indici presuntivi della quantificazione del danno allegati (invero, solo nelle memorie conclusionali parte convenuta ha svolto contestazioni e deduzioni difensive sul punto), considerate, inoltre, le dimensioni dell’immobile e l’ubicazione dello stesso, valutati gli indici emergenti dalla valutazione immobiliare versata in atti ( all. 13 atto di citazione), appare equo fissare un valore locativo del bene pari mediamente ad € 500,00 mensili, ragion per cui, considerato che l’occupazione si è protratta dall’aprile 2021 sino al novembre 2021, per 7 mensilità, la convenuta va condannata al pagamento, in favore dell’attore, della somma di € 3.500,00 (mesi 7 x € 500,00), somma già rivalutata all’attualità e comprensiva di interessi compensativi.”
(Tribunale di Avellino, sentenza n. 397/2024)