Responsabilità del gestore della palestra per furto di beni del cliente: sentenza Tribunale di Firenze 2024
Una recente sentenza del Tribunale di Firenze del 2024 ha sollevato importanti questioni sulla responsabilità dei gestori di palestre per il furto dei beni dei clienti. Il caso in esame pone una domanda cruciale: fino a che punto si estende l’obbligo di custodia del gestore di una struttura sportiva? E quali precauzioni deve adottare il cliente per tutelare i propri beni senza compromettere il diritto al risarcimento? La decisione offre spunti significativi sull’applicazione analogica della disciplina alberghiera alle palestre e sul delicato equilibrio tra gli obblighi delle parti. Un’analisi approfondita della sentenza rivela le sfumature di un tema di grande rilevanza pratica per gestori e frequentatori di palestre.
INDICE
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso in esame trae origine da una controversia tra un cliente e il gestore di una palestra a seguito del furto di alcuni beni personali all’interno della struttura. Il 6 settembre 2016, il cliente si era recato presso una palestra di Firenze per partecipare ad una lezione di “tacfit“. Come confermato da un testimone, dipendente della palestra all’epoca dei fatti, l’uomo era entrato nella struttura indossando al polso un orologio di marca e un braccialetto.
Durante la lezione, il cliente non aveva con sé tali oggetti, avendoli presumibilmente riposti nell’armadietto dello spogliatoio. Al termine dell’attività fisica, intorno alle 13:50, l’uomo era rientrato nello spogliatoio trovando il proprio armadietto forzato sui cardini. Dal suo interno erano stati sottratti l’orologio, il braccialetto e, secondo quanto dichiarato dal cliente, anche la fede nuziale.
A seguito di tale episodio, il cliente aveva sporto denuncia ai Carabinieri poche ore dopo la scoperta del furto. Successivamente, aveva citato in giudizio la società gestore della palestra, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per la sottrazione dei beni.
In primo grado, il Giudice di Pace di Firenze aveva accolto la domanda, condannando la società gestore al pagamento di € 2.200,00 a titolo di risarcimento/indennizzo del danno. Il giudice aveva fondato la propria decisione equiparando il gestore di un impianto sportivo all’albergatore ex art. 1786 c.c., riconoscendone quindi la responsabilità per la sottrazione dei beni del cliente, se pur nei limiti previsti dall’art. 1783, co. 3 c.c.
Avverso tale sentenza, la società gestore ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Firenze, articolando diverse censure. In particolare, l’appellante ha contestato:
- L’insufficienza della prova del furto, ritenendo non dimostrato che il cliente avesse effettivamente portato i beni sottratti all’interno della palestra e li avesse riposti nell’armadietto;
- L’assenza di responsabilità in capo al gestore, in quanto il cliente non aveva utilizzato le cassette di sicurezza sorvegliate messe gratuitamente a disposizione all’ingresso della palestra, violando così il regolamento sottoscritto al momento dell’iscrizione e gli obblighi di correttezza e buona fede;
- La sussistenza di cause di esclusione della responsabilità ex art. 1785 nn. 1 e 2 c.c., sostenendo che il danno si fosse verificato per colpa del cliente (che aveva introdotto beni di ingente valore senza avvisare) o per forza maggiore (trattandosi di furto con scasso);
- La non debenza del risarcimento ex art. 1783, co. 3 c.c., ritenendo la condotta del cliente l’unica causa dell’evento dannoso, contestando altresì la mancata prova del valore dei beni e la congruità dell’offerta reale formulata in corso di causa.
Il cliente si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La sentenza in esame si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale che applica in via analogica la disciplina della responsabilità dell’albergatore (artt. 1783 ss. c.c.) anche ad altre strutture, tra cui le palestre.
Il fondamento normativo di tale estensione si rinviene nell’art. 1786 c.c., il quale prevede che “Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili”.
Come chiarito dalla Cassazione, tale elencazione “è chiaramente esemplificativa e deve intendersi ampliata fino a considerarvi compresa, in genere, ogni attività imprenditoriale di tal natura da implicare, avuto riguardo all’uso, la necessità di liberare il cliente dalla cura di custodire direttamente le cose che porta con sé, al fine di agevolare il godimento del servizio” (Cass. civ. n. 1740/1978).
Applicando tali principi alle palestre, la giurisprudenza ha evidenziato come anche in queste strutture l’utente, per fruire appieno dei servizi, abbandoni provvisoriamente la custodia di alcuni oggetti personali (Trib. Venezia 16.10.1996, Trib. Milano 2.11.2021, n. 8865).