Risarcimento danni da vacanza rovinata: responsabilità del vettore marittimo – Sentenza Tribunale di Messina 2024
Una coppia in crociera vede la propria vacanza trasformarsi in un incubo a causa di una rovinosa caduta sulla passerella della nave. Il Tribunale di Messina nel 2024 si trova ad affrontare un caso emblematico che solleva importanti questioni sulla responsabilità del vettore marittimo e sul danno da vacanza rovinata. Quali sono i limiti della responsabilità di una compagnia di navigazione per la sicurezza dei passeggeri? E fino a che punto può spingersi il risarcimento per una vacanza compromessa? La sentenza offre spunti di riflessione cruciali sul delicato equilibrio tra gli obblighi del vettore e le aspettative dei turisti.
Indice
ESPOSIZIONE DEI FATTI
I coniugi attori avevano acquistato un pacchetto turistico per una crociera di 8 giorni nel Mediterraneo Occidentale sulla nave “Costa Favolosa“. Al quarto giorno, mentre la nave era ormeggiata a Palma di Maiorca, la signora cadeva rovinosamente mentre scendeva dalla passerella del “Ponte 0 Kyoto“, resa scivolosa dalla pioggia.
La passerella era dotata di strisce antiscivolo, ma queste versavano in pessime condizioni. Non era presente alcun cartello di avvertimento sulla scivolosità né personale della compagnia per assistere i passeggeri nella discesa.
A seguito della caduta, alla signora veniva diagnosticata inizialmente una distorsione tibiotarsica destra, che in successivi controlli si rivelava essere una frattura trimalleolare alla caviglia destra e all’anca. La donna doveva sottoporsi ad un intervento chirurgico, con una prognosi di diversi mesi e postumi permanenti.
I coniugi citavano in giudizio la compagnia di navigazione per ottenere il risarcimento dei danni subiti, invocando la responsabilità del vettore ai sensi degli artt. 2051 c.c. e 409 del Codice della Navigazione, nonché il risarcimento del danno da “vacanza rovinata” ex art. 47 del Codice del Turismo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame chiama in causa diverse norme e principi giurisprudenziali in materia di responsabilità civile e tutela del turista.
In primo luogo, viene in rilievo l’art. 2051 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia. Tale norma prevede una responsabilità oggettiva del custode, il quale risponde del danno salvo che provi il caso fortuito. La giurisprudenza ha chiarito che il danneggiato deve provare solo il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, mentre spetta al custode dimostrare il caso fortuito.
Parallelamente, l’art. 409 del Codice della Navigazione stabilisce la responsabilità del vettore marittimo per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero dall’inizio dell’imbarco fino al compimento dello sbarco, salvo che il vettore provi che l’evento è derivato da causa a lui non imputabile. La Cassazione ha precisato che il passeggero deve provare solo il nesso causale tra il sinistro e l’attività del vettore, spettando a quest’ultimo la prova liberatoria.
Per quanto concerne il danno da vacanza rovinata, l’art. 47 del Codice del Turismo lo definisce come il risarcimento correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta, purché l’inadempimento non sia di scarsa importanza. La giurisprudenza ha chiarito che tale danno rientra tra i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., ma solo se supera una soglia minima di tollerabilità da valutarsi caso per caso.
La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 12 marzo 2002 (C-168/00), ha inoltre stabilito che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o cattiva esecuzione delle prestazioni turistiche.
Infine, per la quantificazione del danno non patrimoniale, la giurisprudenza fa riferimento alle Tabelle di Milano, mentre per il danno da vacanza rovinata si ricorre alla valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Messina ha accolto le domande degli attori, riconoscendo la responsabilità oggettiva della compagnia di navigazione sia ex art. 2051 c.c. che ex art. 409 Cod. Nav.
Il giudice ha ritenuto provato il nesso causale tra l’evento dannoso e la cosa in custodia (la passerella scivolosa), nonché l’inadempimento del vettore nell’assicurare condizioni di sicurezza adeguate per lo sbarco dei passeggeri. La compagnia non è riuscita a fornire la prova liberatoria del caso fortuito, non essendo imprevedibile che in condizioni di pioggia la passerella potesse diventare pericolosa.
Per quanto riguarda il danno biologico, il Tribunale ha riconosciuto alla signora un risarcimento di circa 20.000 euro, calcolato secondo le Tabelle di Milano in base all’età della vittima e alla percentuale di invalidità permanente accertata (7%).
Particolare rilievo assume la decisione sul danno da vacanza rovinata. Il giudice lo ha riconosciuto non solo in favore della passeggera infortunata, ma anche del marito, configurando un danno “indiretto” per quest’ultimo. È stato liquidato sia il danno patrimoniale (pari a 3/7 del costo della crociera) che quello non patrimoniale (800 euro ciascuno), per il mancato godimento degli ultimi 3 giorni di vacanza.
La sentenza si segnala per aver dato piena applicazione ai principi di tutela del turista-consumatore, valorizzando la finalità di svago e relax propria del contratto di crociera. Il riconoscimento del danno da vacanza rovinata anche in favore del coniuge accompagnatore rappresenta un’apertura significativa, che potrebbe trovare applicazione in casi analoghi.
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ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Orbene, in sintonia con una nozione moderna di colpa, il giudizio sul profilo colposo deve essere inteso come un accertamento dell’oggettiva mancanza delle misure protettive idonee ad evitare il verificarsi di una situazione di pericolo che si possa tradurre in danno. La Suprema Corte ha, difatti, affermato che “la verifica della congruità a tal fine delle misure adottate, sulla base delle risorse offerte dalla tecnologia esistente ed in relazione alle condizioni concrete, costituisce il contenuto del giudizio da operare ai fini della sufficienza degli elementi addotti dal convenuto per l’esonero della responsabilità” (Corte di Cassazione, – Sentenza 5 febbraio-13 maggio 2003 n. 7298).