Revenge porn e revoca della donazione per ingratitudine: la condotta della vittima non integra ingiuria grave verso il coniuge donante – Tribunale di Bari 2024

La recente pronuncia del Tribunale di Bari affronta un caso di particolare interesse giuridico concernente l’intersezione tra il fenomeno del revenge porn e l’istituto della revoca della donazione per ingratitudine, fornendo importanti chiarimenti sulla qualificazione dell’ingiuria grave nell’era dei social media. La controversia trae origine dalla richiesta di revoca di una donazione immobiliare effettuata da un coniuge in favore dell’altro, motivata dalla presunta lesione dell’onore del donante derivante dalla diffusione virale di contenuti intimi della donataria. Il Tribunale, con una decisione che si caratterizza per il suo approccio innovativo, ha rigettato la domanda fornendo rilevanti principi interpretativi sul rapporto tra autodeterminazione sessuale, doveri coniugali e configurabilità dell’ingratitudine quale causa di revoca delle donazioni.

Avv. Cosimo Montinaro – Tel. 0832/1827251 – e-mail segreteria@studiomontinaro.it

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INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso prende avvio da una donazione immobiliare effettuata nel luglio 2012 da un coniuge in favore della moglie, avente ad oggetto un complesso immobiliare sito in Altamura. La vicenda si complica quando, nel 2015, inizia a circolare viralmente sui social network una foto intima della donataria, realizzata nella camera da letto coniugale. Contestualmente, emergono ulteriori elementi quali la pubblicazione da parte della moglie di un post su un blog relativo all’abbigliamento da indossare per l’udienza di separazione, la diffusione di un video dalla natura intima e la presenza sul profilo Instagram della donna di numerose foto considerate dal marito inappropriate. Il donante, ritenendo tali comportamenti lesivi del proprio onore e configuranti una grave ingiuria, agisce in giudizio per ottenere la revoca della donazione ai sensi dell’art. 802 c.c.

La convenuta si costituisce in giudizio contestando la ricostruzione attorea e allegando di essere stata vittima di revenge porn, circostanza comprovata dalla pendenza di un procedimento penale a carico del soggetto responsabile della diffusione non autorizzata dei contenuti intimi.

NORMATIVA E PRECEDENTI

L’analisi del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento richiede una disamina articolata che muove dal dato codicistico per giungere alle più recenti elaborazioni giurisprudenziali in materia.

In primis, la disciplina della revoca della donazione per ingratitudine trova il suo fondamento nell’art. 802 del codice civile, il quale, al primo comma, stabilisce che la donazione può essere revocata per ingratitudine quando il donatario abbia commesso una grave ingiuria nei confronti del donante. La norma va letta in combinato disposto con l’art. 801 c.c., che qualifica la revocazione come una forma di risoluzione del contratto di donazione, e con l’art. 803 c.c., che introduce il termine di decadenza annuale per l’esercizio dell’azione, decorrente dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che legittima la revocazione.

La giurisprudenza di legittimità ha elaborato nel tempo una nozione particolarmente rigorosa di “ingiuria grave“. Come affermato dalla Suprema Corte con sentenza n. 19816 del 20 giugno 2022, l’ingiuria grave rilevante ai fini della revoca della donazione deve sostanziarsi in comportamenti che ledano in modo significativo la personalità morale del donante, manifestando un atteggiamento di sostanziale disprezzo per i valori fondamentali della relazione donativa. Tale orientamento trova conferma in numerose pronunce precedenti, tra cui Cass. Civ., Sez. II, 24 giugno 2016, n. 13141, e Cass. Civ., Sez. II, 12 maggio 2010, n. 11576.

Di particolare rilievo è l’elaborazione giurisprudenziale concernente il rapporto tra violazione dei doveri coniugali e configurabilità dell’ingiuria grave. Sul punto, la Cassazione ha costantemente affermato che non sussiste un automatismo tra la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio e l’integrazione della causa di revoca, dovendo la condotta caratterizzarsi per una peculiare offensività che trascenda il mero inadempimento dei doveri coniugali (Cass. Civ., Sez. I, 15 maggio 2019, n. 12925).

In tema di nesso causale tra condotta ed evento lesivo, la giurisprudenza ha mutuato dalla materia aquiliana la teoria della causa sopravvenuta autonoma, elaborando il principio secondo cui l’interruzione del nesso eziologico si verifica in presenza di una causa autonoma, successiva ed eccezionale, che si inserisce nella serie causale quale elemento sufficiente da solo a determinare l’evento (Cass. Civ., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 576).

Il quadro normativo si arricchisce ulteriormente alla luce della recente introduzione nel codice penale dell’art. 612-ter, che disciplina il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. revenge porn). Tale fattispecie, pur non direttamente applicabile alla materia civilistica, fornisce rilevanti indicazioni circa la valutazione dell’antigiuridicità delle condotte di diffusione non consensuale di materiale intimo.

Nel contesto specifico dei rapporti tra coniugi, occorre altresì considerare l’art. 143 c.c., che prescrive i doveri reciproci dei coniugi, tra cui fedeltà e assistenza morale, nonché l’art. 29 della Costituzione, che tutela i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Tali norme vanno tuttavia interpretate alla luce dei principi costituzionali di autodeterminazione della persona (art. 2 Cost.) e di parità tra i coniugi (art. 29, comma 2, Cost.).

La giurisprudenza di merito ha progressivamente recepito un’interpretazione evolutiva di tali principi, come evidenziato da Trib. Milano, Sez. IX, 13 marzo 2018, che ha affermato come la valutazione della gravità dell’ingiuria debba tenere conto dell’evoluzione del costume sociale e della moderna concezione dei rapporti familiari.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Bari ha articolato la propria decisione su diversi livelli di analisi, giungendo al rigetto della domanda di revoca sia per ragioni procedurali che di merito. Sotto il profilo procedurale, il Tribunale ha accolto l’eccezione di decadenza dall’azione, rilevando come non fosse stata fornita prova della tempestività dell’azione rispetto al termine annuale previsto dall’art. 802 c.c. Nel merito, la decisione si caratterizza per un’innovativa analisi del rapporto causale tra la condotta della donataria e la lesione dell’onore del donante.

Il Tribunale riconosce che vi sia stata una oggettiva lesione dell’onore del donante derivante dalla diffusione virale della foto intima della moglie, ma esclude che tale lesione sia giuridicamente imputabile alla donataria. La motivazione si fonda sulla teoria della causa sopravvenuta autonoma, individuando nel comportamento illecito del terzo responsabile del revenge porn un fattore interruttivo del nesso causale. Particolarmente significativa è la distinzione operata tra la condotta di realizzazione e invio della foto, qualificata come espressione della libertà di autodeterminazione sessuale della persona (seppur potenzialmente confliggente con i doveri matrimoniali), e la successiva diffusione non autorizzata, unica vera causa efficiente del danno all’onore del donante.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Giova preliminarmente osservare che la questione sottoposta al vaglio del Tribunale richiede un’attenta disamina del rapporto eziologico intercorrente tra la condotta della donataria e l’asserita lesione dell’onore del donante, con particolare riferimento alla configurabilità dell’ingiuria grave quale causa di revoca della donazione ex art. 802 c.c..

Il Collegio ritiene di dover procedere ad una valutazione bifasica della fattispecie: in primis, occorre verificare se la condotta della convenuta integri una violazione dei doveri nascenti dal vincolo matrimoniale; in secundis, è necessario accertare se tale eventuale violazione assurga al rango di ingiuria grave rilevante ai fini della revoca della liberalità.

Quanto al primo profilo, non può revocarsi in dubbio che la realizzazione e la trasmissione volontaria di materiale fotografico di natura intima ad un soggetto terzo costituisca violazione del dovere di fedeltà coniugale, prescindendo dalla consumazione o meno di un rapporto fisico. Tale comportamento, infatti, si pone in antitesi con l’esclusività del rapporto matrimoniale e con il dovere di reciproca dedizione morale e materiale che connota il vincolo coniugale.

Tuttavia, ai fini della configurabilità dell’ingiuria grave ex art. 802 c.c., come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non è sufficiente la mera violazione dei doveri coniugali, richiedendosi un quid pluris caratterizzato da una peculiare carica offensiva idonea a ledere in modo significativo l’onore, il decoro o la reputazione del donante.

Nel caso di specie, benché sia innegabile che la diffusione virale del materiale fotografico abbia causato un pregiudizio all’onore del donante, particolarmente acuito dal contesto sociale di riferimento caratterizzato da comunità provinciali ove più facilmente si radica lo stigma sociale, tale lesione non può essere giuridicamente imputata alla donataria.

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