Nel panorama giuridico italiano, la cessione dei crediti in blocco rappresenta un’operazione finanziaria di notevole rilevanza, regolata dall’art. 58 del Testo Unico Bancario. Tuttavia, quando si tratta di azionare tali crediti in sede giudiziale, sorgono spesso questioni complesse riguardanti la legittimazione attiva del cessionario e l’onere probatorio a suo carico. Una recente pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 2024 ha affrontato questa tematica, offrendo importanti spunti di riflessione. Quali sono gli elementi necessari per dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario? E quali le conseguenze processuali in caso di carenza probatoria?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE:
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda in esame trae origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in favore di una società finanziaria per un importo di € 40.921,84, oltre interessi e spese processuali. Tale decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di un credito derivante da un contratto di finanziamento personale finalizzato, sottoscritto dai debitori con FINCONSUMO BANCA in data 13 settembre 2005.
Il credito in questione era stato oggetto di diverse cessioni: inizialmente ceduto da Santander Consumer Finanza Srl in data 20 dicembre 2000 e successivamente acquisito dalla società che aveva poi richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo.
I debitori, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, decidevano di proporre opposizione, contestando in primis la carenza di legittimazione attiva della società opposta, nonché la certezza del credito azionato. In particolare, gli opponenti chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo, sostenendo che la società ingiungente non avesse adeguatamente dimostrato la propria titolarità del credito.
La società opposta si costituiva regolarmente in giudizio, contestando le difese degli opponenti e insistendo per la conferma del credito azionato in via monitoria, chiedendo quindi il rigetto dell’opposizione.
Il giudice, in una fase iniziale del procedimento, concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. Successivamente, dopo il tentativo obbligatorio di mediazione, la causa veniva rimessa in decisione senza ulteriori approfondimenti istruttori.
Il fulcro della controversia si è quindi concentrato sulla questione della legittimazione attiva della società cessionaria del credito e sull’onere probatorio ad essa incombente in merito alla dimostrazione della titolarità del diritto azionato.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inserisce nel contesto normativo relativo alla cessione dei crediti in blocco, disciplinata dall’art. 58 del Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993). Tale disposizione prevede una disciplina parzialmente derogatoria rispetto a quella civilistica in materia di cessione dei crediti.
In particolare, l’art. 58 TUB stabilisce che la pubblicità della cessione, effettuata mediante l’iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, rende la cessione dei crediti trasferiti insieme all’azienda, o al ramo, o al blocco, opponibile al debitore a prescindere dalla relativa accettazione o notificazione. Ciò rappresenta una deroga alla previsione generale dell’art. 1264 del codice civile.
Tuttavia, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare dalla Cassazione Civile, Sez. III, con sentenza n. 2780 del 31/01/2019, “una cosa è l’avviso della cessione – necessario ai fini dell’efficacia del trasferimento – un’altra cosa è la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo specifico contenuto“.
Su questo punto, la Corte di Cassazione ha consolidato un orientamento costante, ribadito in numerose pronunce. In particolare, si segnalano:
- Cass. Civ., sez. I, 22/02/2022, n. 5857, secondo cui “in materia di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 t.u.b., la questione dell’essere il credito compreso tra quelli ceduti è rilevabile d’ufficio dal giudice di merito, attenendo al fondamento della domanda proposta dal cessionario; e la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta“.
- Cass. Civ., sez. III, 10/02/2023, n. 4277, che ha precisato come “è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione“.
- Cass., 5 novembre 2020, n. 24798, che ha ribadito che “La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta“.
Queste pronunce delineano chiaramente il quadro normativo e giurisprudenziale entro cui si inserisce la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ponendo l’accento sull’onere probatorio incombente sul cessionario del credito in relazione alla dimostrazione della propria legittimazione attiva.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nella sentenza in esame, ha accolto l’opposizione proposta dai debitori, revocando il decreto ingiuntivo precedentemente emesso. La decisione si basa principalmente sulla carenza di prova in ordine alla legittimazione attiva della società opposta.
Il giudice ha ritenuto fondamentale procedere prioritariamente al vaglio dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva, considerandola assorbente rispetto a tutte le altre questioni sollevate. In linea con i principi generali dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. e con la giurisprudenza di legittimità in materia di cessione dei crediti in blocco, il Tribunale ha affermato che spetta alla parte che agisce in giudizio, in questo caso la società opposta (attrice in senso sostanziale), l’onere di provare la propria titolarità del diritto azionato.