Cessione plurima di crediti: il Tribunale di Cosenza revoca decreto ingiuntivo per mancata prova dell’intera catena di trasferimenti (2024)

Nel complesso scenario del contenzioso bancario, la questione della prova della titolarità del credito nelle operazioni di cessione plurima solleva interrogativi cruciali, in particolare quando si interseca con le disposizioni dell’art. 58 del Testo Unico Bancario. Una recente pronuncia del Tribunale di Cosenza del 2024 getta nuova luce su questa tematica, affrontando il delicato equilibrio tra le esigenze di celerità delle operazioni di cartolarizzazione e la necessità di tutelare i diritti dei debitori ceduti in caso di molteplici passaggi del credito. Quali sono gli oneri probatori a carico del cessionario finale che agisce in giudizio? È sufficiente dimostrare l’ultimo passaggio della catena di cessioni o è necessario documentare ogni singolo trasferimento intermedio? La pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale per l’ultima cessione basta a provare la legittimazione attiva o è richiesta una documentazione più approfondita dell’intera sequenza di cessioni?

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INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Cosenza nel febbraio 2020, con il quale veniva ingiunto al debitore il pagamento di una somma di oltre 4.000 euro in favore di una società che asseriva di essere cessionaria di due rapporti di credito originariamente stipulati con Credito Fondiario S.p.A.

Il debitore proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, contestando in primis la legittimazione attiva della società ingiungente, sostenendo che quest’ultima non avesse fornito prova adeguata dell’avvenuto acquisto del credito. Inoltre, l’opponente sollevava eccezioni relative alla prescrizione del credito, al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte della creditrice e alla nullità di varie clausole contrattuali.

Il Giudice di Pace respingeva l’opposizione, ritenendo provata la legittimazione attiva della società sulla base della documentazione prodotta, in particolare l’estratto della Gazzetta Ufficiale attestante l’operazione di cartolarizzazione. Il giudice di prime cure escludeva inoltre l’applicazione di tassi illegittimi e della capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Avverso tale sentenza, il debitore proponeva appello dinanzi al Tribunale di Cosenza, censurando la decisione di primo grado e riproponendo le contestazioni originarie, in particolare il difetto di titolarità del credito in capo alla società opposta e l’incertezza sull’entità della pretesa creditoria.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel contesto normativo delineato dall’art. 58 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993) e dalla legge sulla cartolarizzazione dei crediti (L. 130/1999). L’art. 58 TUB disciplina la cessione di rapporti giuridici a banche, prevedendo un meccanismo pubblicitario semplificato rispetto alle regole ordinarie del codice civile.

In particolare, il secondo comma dell’art. 58 TUB stabilisce che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione produce gli effetti di cui all’art. 1264 del codice civile, rendendo la cessione opponibile ai debitori ceduti senza necessità di accettazione o notificazione individuale.

Tuttavia, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, occorre distinguere tra l’efficacia della cessione nei confronti del debitore e la prova dell’esistenza e del contenuto del contratto di cessione. Sul punto, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che “in materia di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 t.u.b., la questione dell’essere il credito compreso tra quelli ceduti è rilevabile d’ufficio dal giudice di merito, attenendo al fondamento della domanda proposta dal cessionario” (Cass. Civ., sez. I, 22/02/2022, n. 5857).

La Suprema Corte ha inoltre chiarito che “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta” (Cass. Civ., sez. I, 22/02/2022, n. 5857).

Quanto alla sufficienza della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la Cassazione ha precisato che “è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (Cass. Civ., sez. III, 10/02/2023, n. 4277).

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Cosenza, nell’esaminare l’appello, ha focalizzato la propria attenzione sul motivo di gravame relativo al difetto di legittimazione attiva della società cessionaria, ritenendolo assorbente rispetto alle altre censure.

Il giudice di secondo grado ha ribadito il principio secondo cui la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio costituisce elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione. Pertanto, in applicazione della regola generale sull’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., spetta all’attore (in questo caso, la società che ha ottenuto il decreto ingiuntivo) dimostrare di essere titolare del diritto azionato.

Analizzando la documentazione prodotta, il Tribunale ha rilevato che il credito oggetto di causa avrebbe subito una serie di passaggi: dalla società Credito Fondiario S.p.a. alla società Aspra Finance S.p.a. (poi fusa per incorporazione in un’altra società), da questa a una terza società e infine all’attuale creditrice.

Tuttavia, il giudice ha constatato che non sono stati depositati i singoli contratti di cessione del credito che documentassero l’intera catena di trasferimenti dalla società originaria all’attuale cessionaria. In particolare:

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