Una recente sentenza del Tribunale di Tivoli del 2024 solleva interessanti questioni in merito alla prova della titolarità del credito nelle operazioni di cessione in blocco ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario. Il caso in esame mette in luce le criticità che possono emergere quando la documentazione fornita dal cessionario risulta insufficiente a dimostrare sia l’esistenza del contratto di cessione che l’inclusione dello specifico credito tra quelli oggetto di cessione. Quali sono i requisiti probatori richiesti in tali situazioni? E quali le conseguenze della loro mancata soddisfazione?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso in esame trae origine da un’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dinanzi al Tribunale di Tivoli. Il decreto ingiuntivo, emesso su richiesta di una società cessionaria di crediti, intimava il pagamento di una somma di denaro derivante da un’apertura di credito in conto corrente, sia nei confronti del debitore principale che del fideiussore.
L’opponente, identificato come il garante, ha contestato la legittimazione attiva della società opposta, mettendo in dubbio l’esistenza stessa del contratto di cessione dei crediti e l’inclusione del credito specifico nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco. Inoltre, ha sollevato eccezioni relative alla sussistenza del credito, alla validità della fideiussione e alla sua eventuale estinzione.
La società opposta, intervenuta in qualità di mandataria del cessionario, ha difeso la propria posizione sostenendo la validità della cessione e la conseguente titolarità del credito in capo alla mandante. A supporto delle proprie tesi, ha depositato un estratto della Gazzetta Ufficiale contenente l’avviso di cessione di crediti in blocco e un documento informatico che avrebbe dovuto rappresentare l’elenco delle posizioni debitorie cedute.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inserisce nel contesto normativo delle cessioni di crediti in blocco, disciplinate dall’art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993 (Testo Unico Bancario) e, per quanto riguarda le operazioni di cartolarizzazione, dall’art. 4 della L. n. 130 del 1999.
L’art. 58 del TUB, al comma 2, prevede che “la banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana“. Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce che “nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del codice civile“.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito i principi applicabili in materia di prova della titolarità del credito nelle cessioni in blocco. In particolare, la Suprema Corte ha distinto due situazioni:
- Quando non è contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito nell’operazione, l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale può costituire prova adeguata, purché contenga indicazioni sufficientemente precise per ricondurre con certezza il credito tra quelli ceduti.
- Quando è contestata l’esistenza stessa del contratto di cessione, è necessaria una prova più rigorosa, non essendo sufficiente la mera dichiarazione della parte cessionaria o la notificazione della cessione al debitore, nemmeno se avvenuta mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Cass. 22.06.2023, n. 17944; Cass. 29.02.2024, n. 5478).
Riguardo alle forme di pubblicità richieste, la giurisprudenza di merito ha evidenziato che l’art. 58 TUB richiede cumulativamente sia l’iscrizione nel Registro delle Imprese che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non essendo tali adempimenti previsti in via alternativa (Trib. Benevento 07.08.2018; Trib. Rovigo, 21.02.2023).
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Tivoli ha accolto l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e rigettando la domanda di pagamento della società opposta. La decisione si fonda sulla mancata prova da parte dell’opposta della titolarità del credito azionato.
Il giudice ha ritenuto insufficiente la documentazione fornita dall’opposta per diversi motivi:
- Mancato deposito del contratto di cessione: l’estratto della Gazzetta Ufficiale è stato considerato inidoneo a provare l’esistenza del contratto, anche perché riferito cumulativamente alla cessione di crediti provenienti da soggetti diversi.
- Genericità dei criteri di identificazione dei crediti ceduti: i criteri indicati nell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale sono stati ritenuti troppo generici, non consentendo di ricondurre con certezza il credito controverso tra quelli ceduti.
- Mancata prova della classificazione del credito come “in sofferenza“: l’opposta non ha documentato che il credito in questione rientrasse in tale categoria alla data della cessione.
- Inidoneità del documento informatico depositato: l’elenco delle posizioni debitorie cedute è stato considerato privo di rilevanza, in quanto mera tabella priva di indici di riferibilità al rapporto in causa.
- Mancata iscrizione della cessione nel Registro delle Imprese: il Tribunale ha rilevato che non risultava perfezionata la forma di pubblicità prevista dall’art. 58 TUB, richiedente cumulativamente sia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
La decisione del Tribunale di Tivoli si allinea con l’orientamento della Cassazione, richiedendo una prova rigorosa dell’esistenza del contratto di cessione e dell’inclusione del credito specifico tra quelli ceduti, quando tali circostanze siano oggetto di contestazione da parte del debitore ceduto.
Il caso evidenzia l’importanza per le società cessionarie di crediti di conservare e produrre in giudizio una documentazione completa e dettagliata, che comprenda non solo gli avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale, ma anche i contratti di cessione e gli elenchi analitici dei crediti ceduti, oltre a curare scrupolosamente tutti gli adempimenti pubblicitari richiesti dalla legge.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“La documentazione fornita dall’opposta risulta insufficiente a comprovare sia l’esistenza del contratto di cessione tra [omissis] (indicato come originario creditore) e [omissis] (indicato come creditore attuale), sia anche l’inclusione del credito in esame tra le posizioni oggetto di cessione.
In primo luogo, occorre evidenziare il mancato deposito da parte dell’opposta del contratto di cessione, per la cui prova risulta inidoneo il mero estratto della Gazzetta Ufficiale, peraltro riferito cumulativamente alla cessione di crediti provenienti da soggetti diversi [omissis] e con indicazione solo generica dei dati identificativi dei crediti ceduti.
In secondo luogo, va rilevata l’estrema genericità degli indicati criteri di identificazione dei crediti ceduti, individuati in relazione ad un periodo temporale estremamente ampio e con la mera classificazione come in sofferenza, che non consentono di ricondurre con certezza il credito controverso tra le posizioni ricomprese nell’operazione di cessione in blocco.