Denuncia infondata e risarcimento danni: i limiti della responsabilità civile secondo il Tribunale di Roma 2024

Denuncia infondata e risarcimento danni: i limiti della responsabilità civile secondo il Tribunale di Roma 2024

Una denuncia penale può avere conseguenze devastanti sulla vita di una persona, anche se poi si rivela infondata. Ma quando il denunciante può essere chiamato a risarcire i danni causati da un’accusa rivelatasi ingiusta? Una recente sentenza del Tribunale di Roma del 2024 affronta questo delicato tema, tracciando importanti principi in materia di responsabilità civile per denunce infondate. Il caso solleva interrogativi cruciali sul difficile bilanciamento tra il diritto di denunciare presunti reati e la tutela della reputazione degli indagati poi assolti.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo e per scaricare il testo integrale PDF della sentenza.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda trae origine da una denuncia per stalking presentata da una donna nei confronti di un uomo con cui aveva avuto in precedenza un legame affettivo. Secondo la ricostruzione dell’attore, i due avevano instaurato un rapporto di amicizia che si era poi evoluto in una relazione sentimentale, degenerata nell’ottobre 2017 in reciproche incomprensioni e contrasti. La donna aveva quindi sporto denuncia nei suoi confronti per il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), sostenendo di essere stata molestata e minacciata al punto da dover modificare le proprie abitudini di vita.

A seguito della denuncia, il Tribunale di Civitavecchia aveva emesso nel luglio 2018 un’ordinanza cautelare di divieto di avvicinamento nei confronti dell’uomo, impedendogli di avvicinarsi alla donna nel raggio di 200 metri. Tale misura era rimasta in vigore per circa un anno, fino al luglio 2019.

Il procedimento penale si era poi concluso con una sentenza di assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste. Nonostante l’esito favorevole, l’uomo lamentava di aver subito gravi conseguenze negative a causa della denuncia e del procedimento penale: un danno alla reputazione e un danno da perdita di chance, per non aver potuto partecipare ad un concorso pubblico a causa dei carichi pendenti.

Sulla base di tali presupposti, l’uomo aveva quindi citato in giudizio la donna chiedendo il risarcimento dei danni subiti, quantificati in 70.000 euro. A fondamento della domanda, sosteneva che la denuncia fosse stata presentata dalla convenuta non per difendere il proprio status, ma con il dolo specifico di danneggiarlo, integrando gli estremi della calunnia.

La convenuta si era costituita in giudizio contestando la ricostruzione dei fatti fornita dall’attore. In particolare, sosteneva di aver conosciuto l’uomo in ambito lavorativo e di averlo considerato come un amico fraterno, anche in ragione della notevole differenza di età. Solo al termine di una sua precedente relazione sentimentale, l’attore avrebbe manifestato sentimenti di natura diversa nei suoi confronti, assumendo atteggiamenti morbosi e pressanti che l’avevano indotta a sporgere denuncia.

La donna negava quindi di aver agito con l’intento doloso di danneggiare l’uomo, affermando di essersi rivolta all’autorità giudiziaria al solo scopo di far cessare comportamenti che le causavano angoscia e disagio. Evidenziava inoltre come non si fosse nemmeno costituita parte civile nel processo penale, a riprova dell’assenza di secondi fini.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame solleva delicate questioni in materia di responsabilità civile derivante dalla presentazione di denunce o querele poi rivelatesi infondate. La giurisprudenza ha elaborato nel tempo principi consolidati volti a bilanciare il diritto di agire in giudizio con la tutela della reputazione del denunciato.

Il fondamento normativo della responsabilità aquiliana è rappresentato dall’art. 2043 c.c., che sancisce l’obbligo di risarcire il danno cagionato con qualsiasi fatto doloso o colposo. Nel caso di specie, viene in rilievo anche l’art. 2059 c.c. sul risarcimento del danno non patrimoniale, invocato dall’attore con riferimento al presunto danno alla reputazione.

La Suprema Corte ha più volte affermato che la mera presentazione di una denuncia-querela o di un esposto non costituisce di per sé fonte di responsabilità civile e obbligo risarcitorio. Come ribadito da Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2023, n. 29495, è necessario che ricorra il dolo del denunciante, non essendo sufficiente la semplice colpa determinata da leggerezza o avventatezza.

In particolare, si richiede la sicura consapevolezza nel denunciante della falsità del fatto denunciato e la conscia attribuzione della commissione di un reato ad un soggetto della cui innocenza si è certi (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2015, n. 9322).

L’onere della prova di tali elementi grava sul danneggiato, che deve dimostrare non solo la materialità delle accuse, ma anche la consapevolezza della loro falsità e infondatezza in capo al denunciante (Cass. civ., sez. III, 7 gennaio 2022, n. 299).

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