ASSEGNO DI MANTENIMENTO E PENSIONAMENTO VOLONTARIO

Com’è noto, costituiscono giustificati motivi di revisione dell’assegno di mantenimento i mutamenti delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi che, all’esito di una rinnovata valutazione comparativa, si presentino oggettivamente idonei ad alterare l’equilibrio determinato al momento della pronuncia del Tribunale. Invero, in materia di separazione e divorzio trova applicazione il principio generale in base al quale i provvedimenti vengono emessi dall’autorità giudiziaria “rebus sic stantibus”, ovvero sulla base degli elementi di fatto così come prospettati in un determinato momento, allo stato attuale, ferma restando la modificabilità degli stessi in presenza di circostanze sopravvenute che mutino il quadro della valutazione precedente. Pertanto, ove tali modifiche si rendano necessarie nel corso del giudizio, potranno essere fatte valere all’interno di esso, mentre, qualora il giudizio sia già terminato, occorrerà attivare la procedura delineata dall’art. 710 c.p.c., che presuppone pertanto una sentenza di separazione definitiva o un decreto di omologazione non più impugnabile. Detta procedura si introduce con ricorso e si conclude con un provvedimento, adottato dal Collegio in Camera di Consiglio, avente natura decisoria (cfr., Corte Cost., 31 marzo 1994, n. 121). Ciò premesso, è d’uopo chiedersi se il pensionamento volontario, che comporti un deterioramento dei redditi del coniuge beneficiario dell’assegno, possa essere valutato quale giustificato motivo di revisione dell’assegno, stante, appunto, la volontarietà della scelta.

Peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato

La Suprema Corte, con sentenza n. 5378/2006, ha affrontato il caso del peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato dovute alla contrazione dei suoi redditi da lavoro, statuendo che:

  1. l’incidenza dell’evento non può essere aprioristicamente esclusa in ragione del fatto che il decremento consegua alla libera scelta dell’ex coniuge (non dettata da specifiche esigenze familiari o di salute) di abbandonare la precedente attività professionale per intraprenderne un’altra meno redditizia ma maggiormente rispondente alle proprie aspirazioni o meno usurante, ovvero di limitare l’entità del proprio impegno optando per il lavoro a tempo parziale in luogo di quello a tempo pieno, ovvero, ancora, di cessare la stessa attività professionale;
  2. tali scelte sono pienamente legittime essendo esplicazione di fondamentali diritti di libertà della persona, quali quelli di libera disponibilità delle proprie energie fisiche e intellettive e di libera scelta dell’attività lavorativa (artt. 2 e 4, comma 2, Cost.);
  3. non si può ritenere che le disposizioni in tema di assegno di divorzio cristallizzino la posizione dell’obbligato sul piano dell’attività lavorativa, nel senso di impegnarlo comunque ad assistere (e nella stessa misura) l’ex coniuge beneficia-rio anche quando, per effetto di legittime, anche se non necessitate, decisioni rispetto alla propria vita professionale, il divario fra le condizioni economiche delle parti, a fronte delle quali l’assegno anzidetto era stato riconosciuto, si sia ridotto o annullato, o la situazione del beneficiario sia divenuta più favorevole di quella dell’obbligato;
  4. a diversa conclusione non si può giungere neppure facendo leva sull’aggettivo “giustificati” che accompagna i motivi legittimanti la revisione, atteso che, come ampiamente posto in luce dalla dottrina, detto predicato non mira affatto a introdurre un sindacato del giudice sulle cause dei sopravvenuti mutamenti delle condizioni economiche delle parti, ma evoca semplicemente l’esigenza di una verifica circa l’idoneità di tali mutamenti a giustificare la modifica delle disposizioni sull’assegno;
  5. un sindacato del Giudice sulle ragioni delle scelte, economicamente svantaggiose, in punto di esercizio dell’attività lavorativa e, in particolare, riguardo il loro carattere necessitato o meno, è possibile (e, anzi, doveroso, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 6, L. 898/1970) unicamente ove si discuta delle scelte del beneficiario dell’assegno, il cui diritto è subordinato alla duplice condizione che egli non disponga di “mezzi adeguati” ai fini della conservazione del tenore di vita che il predetto art. 5 ha inteso garantire e che non sia neppure in grado di procurarseli “per ragioni oggettive”, non potendosi evidentemente pretendere un contributo assistenziale da altri quando si ha la possibilità di conseguire questo tenore di vita con le proprie forze.

PENSIONAMENTO VOLONTARIO

Sul punto, si è affermato che, in tema di revisione dell’assegno di divorzio, se a fondamento dell’istanza dell’ex coniuge beneficiario volta a ottenere la concessione ex novo dell’assegno, egli deduce il deterioramento delle proprie condizioni economiche conseguente alla propria condizione di pensionato, il Giudice, ai fini dell’accoglimento della domanda, non potrà limitarsi alla sola considerazione dell’avvenuto mutamento e della volontarietà del pensionamento, ma dovrà procedere a una rinnovata valutazione comparativa della situazione reddituale delle parti, alla luce delle concrete circostanze, di fatto e di diritto, inerenti la singola fattispecie (cfr., Cass., Cass., n. 17041/2007).

In altri termini, non è sufficiente fare riferimento allo stato di pensionato e alla relativa volontarietà di un simile stato ad opera di chi si è, in tal modo, posto per propria scelta in una condizione di difficoltà economica, ma occorre considerare le specifiche circostanze (di diritto e di fatto, quali, ad esempio, i dettami della legislazione dell’epoca e la posizione personale del soggetto interessato) che hanno accompagnato il pensionamento stesso: la mera volontarietà del pensionamento non può escludere che la sopravvenuta diminuzione dei redditi dell’ex coniuge, costituisca un giustificato motivo di riconoscimento dell’assegno originariamente negato o non richiesto, nel quadro di una rinnovata valutazione comparativa della situazione reddituale delle parti, oggettivamente idonea ad alterare l’equilibrio determinato al momento della pronuncia di divorzio.

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