Debiti tributari del defunto: cosa devono pagare gli eredi e come evitare sanzioni
Quando una persona muore, i suoi beni vengono trasferiti agli eredi designati. Ma insieme ai beni, possono trasmettersi anche i debiti, inclusi quelli tributari con il Fisco. È un aspetto delicato che può comportare gravi conseguenze finanziarie per gli eredi, se non gestito correttamente. Ci sono però alcune importanti eccezioni e strategie legali che possono essere adottate per tutelarsi. Ad esempio, le sanzioni tributarie non sono trasmissibili, mentre i debiti principali sì. E con l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario è possibile limitare la propria responsabilità patrimoniale. Ma quali sono esattamente le regole da seguire? Come devono comportarsi gli eredi di fronte a cartelle esattoriali o avvisi di accertamento intestati al defunto? Prosegui nella lettura per scoprire la verità e le soluzioni migliori per proteggere il tuo patrimonio…
Indice:
- La trasmissibilità dei debiti tributari agli eredi
- Le sanzioni tributarie non si trasmettono
- Rinuncia all’eredità per non pagare i debiti
- Accettazione con beneficio d’inventario
- Come devono essere notificate le cartelle agli eredi
- Quando scatta l’obbligo di pagamento per gli eredi
La trasmissibilità dei debiti tributari agli eredi
Con l’accettazione dell’eredità, gli eredi subentrano sia nelle attività che nelle passività del de cuius, rispondendo con il proprio patrimonio dei debiti tributari non ancora estinti. Questo principio è sancito dall’articolo 65 del DPR 600/1973, che stabilisce la responsabilità solidale degli eredi per le obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato prima della morte del dante causa.
Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate può rivolgersi indistintamente a ciascun erede per ottenere l’integrale pagamento dei debiti fiscali lasciati dal defunto, come cartelle esattoriali, avvisi di accertamento o altri importi insoluti. L’erede che avrà pagato per intero potrà poi rivalersi sugli altri coeredi per la quota di loro spettanza.
A titolo esemplificativo, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28215/2023 ha confermato che gli eredi, in solido tra loro, sono obbligati al pagamento delle imposte dovute dal de cuius e liquidate sulla base della dichiarazione da lui presentata.
Le sanzioni tributarie non si trasmettono
C’è però un’importante eccezione che riguarda le sanzioni amministrative e tributarie: queste non sono trasmissibili agli eredi in virtù del principio di personalità della responsabilità penale. Lo prevede espressamente l’art. 8 del D.Lgs. 472/1997, secondo cui “l’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi“.
Pertanto, di fronte a cartelle o avvisi che includono sia debiti principali che sanzioni, gli eredi possono presentare un’istanza di sgravio per le sole sanzioni, pagando solamente gli importi dovuti a titolo di imposta, interessi e altre voci accessorie.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito questo principio, come nell’ordinanza n. 31013/2022 che cita “un principio di ordine generale, che opera indipendentemente dal fatto che la sanzione sia stata già irrogata con provvedimento definitivo“.
Rinuncia all’eredità per non pagare i debiti
Per evitare di rispondere dei debiti tributari del de cuius con il proprio patrimonio personale, l’erede ha due strade percorribili:
- La rinuncia all’eredità, prevista dall’art. 519 c.c. In questo caso, il chiamato all’eredità non diventa erede e non può essere chiamato a pagare le obbligazioni tributarie riferibili al defunto, come chiarito dalla risoluzione del Ministero delle Finanze n. 7/3801 del 1980.
- L’accettazione con beneficio d’inventario, regolata dagli artt. 484 e seguenti del c.c. Qui l’erede succede nei debiti ma con una limitazione di responsabilità: risponde solo fino a concorrenza del valore dei beni ricevuti in eredità, senza intaccare il proprio patrimonio personale.
La rinuncia all’eredità ha effetto retroattivo e rende il soggetto completamente estraneo alle passività del de cuius. Nell’accettazione con beneficio d’inventario invece l’erede risponde ma entro il limite del valore ereditario (ultra vires hereditatis).
Un caso esemplificativo è la sentenza del Tribunale di Modena n. 107/2023, che ha chiarito come con il beneficio d’inventario l’erede paghi solo con i beni ereditati, non con il suo patrimonio personale.
Accettazione con beneficio d’inventario
L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario consente di accedere ai beni ereditari senza rischiare di doversi accollare anche i debiti del defunto per un valore superiore a quello dei beni stessi ricevuti.
Per utilizzare questo strumento giuridico, l’erede deve farne espressa richiesta attraverso una dichiarazione solenne ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale competente per territorio.
Con il beneficio d’inventario si ottiene la separazione dei due patrimoni: quello ereditario e quello personale dell’erede. In questo modo, l’erede non risponderà mai con i propri beni personali ma solo fino a concorrenza del valore dell’asse ereditario ricevuto.
Nell’eventualità di un’eredità “negativa“, cioè con più debiti che attivi, l’erede beneficiato potrà semplicemente rinunciare a succedere nei debiti, limitando la sua esposizione.
Il beneficio d’inventario è quindi un’opportunità particolarmente utile quando si eredita da un soggetto insolvente o con molte pendenze debitorie, permettendo di accedere comunque ai beni relitti senza subire danni patrimoniali.
Come devono essere notificate le cartelle agli eredi
Affinché gli eredi possano essere considerati pienamente debitori delle somme non pagate dal de cuius, è necessario che le cartelle esattoriali o gli altri atti impositivi vengano loro ritualmente notificati.
Nei primi 12 mesi dal decesso, le notifiche agli eredi possono essere fatte in modo impersonale e collettivo, indirizzandole a “eredi di X”, presso l’ultimo domicilio del defunto.
Trascorso un anno, come previsto dall’art. 65 del DPR 600/1973, gli atti dovranno essere notificati in modo personale a ciascun erede, indicando il relativo nome e cognome sull’avviso di ricezione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5020/2022, ha precisato che per la tempestività della notifica fa fede non la data di iscrizione a ruolo del debito, ma quando l’atto è stato materialmente ricevuto dagli eredi.
Nel caso di mancata o irregolare notifica, l’erede può impugnare l’atto e richiederne l’annullamento per violazione delle norme sulla comunicazione.
Quando scatta l’obbligo di pagamento per gli eredi
Un aspetto cruciale riguarda il momento a partire dal quale si concretizza per gli eredi l’obbligo di pagare i debiti tributari del defunto. Sull’argomento si è espressa più volte la Corte di Cassazione, chiarendo che tale obbligo non coincide con l’apertura della successione (cioè il decesso), ma con l’effettiva accettazione dell’eredità.
Prima dell’accettazione, infatti, i chiamati all’eredità sono considerati solo “eredi potenziali” e il Fisco non può agire nei loro confronti per il recupero dei crediti vantati verso il de cuius. L’accettazione, che può avvenire entro 10 anni dall’apertura della successione, è il requisito essenziale affinché si perfezioni la soggettività passiva tributaria dell’erede.
Come chiarito dalla sentenza n. 24317/2020, la responsabilità per i debiti ereditari, compresi quelli tributari, grava su chi accetta l’eredità e non sul semplice “chiamato all’eredità“. Pertanto, rinviando l’accettazione è possibile ritardare l’insorgere dell’obbligo di pagamento e, nei casi più fortunati, beneficiare della prescrizione del debito stesso.
L’accettazione può essere espressa con un atto formale oppure tacita, quando il chiamato all’eredità pone in essere comportamenti che implicano la volontà di accettare (come prelevare somme dal conto corrente del defunto). In questi casi, secondo la Cassazione, è onere dell’Agenzia delle Entrate dimostrare l’avvenuta accettazione tacita.
Un caso emblematico è quello trattato dalla sentenza n. 37064/2022, in cui si afferma che la notifica di un avviso di accertamento a un chiamato all’eredità che non ha ancora accettato non può precludergli la successiva rinuncia, in quanto si tratta di un semplice atto amministrativo non idoneo a incidere sul presupposto impositivo.
Altri casi di debiti non trasmissibili agli eredi
Oltre alle sanzioni amministrative e tributarie, vi sono altre fattispecie di debiti che non si trasmettono agli eredi per effetto del principio di personalità della responsabilità:
- Le multe e ammende per violazioni del Codice della Strada, come sancito dall’art. 199 dello stesso Codice.
- Gli assegni di mantenimento in caso di separazione o divorzio dei coniugi defunti.
In tutti questi casi, presentando apposita istanza di sgravio o di cancellazione del debito, gli eredi possono essere completamente esonerati dall’obbligo di pagamento.
Un’ulteriore ipotesi di debito è quello derivante dalla comproprietà di un bene con il defunto. Se ad esempio l’erede era comproprietario con il de cuius di un’automobile che ha subito una multa, per quella specifica sanzione l’erede risponde in solido con il defunto ai sensi dell’art. 196 CdS. Diversamente, per le altre eventuali multe o debiti del solo de cuius, l’erede non è obbligato.
In conclusione, la corretta gestione dell’eredità e dei debiti del de cuius richiede molta attenzione e l’eventuale assistenza di un legale esperto. Conoscere le norme e i principi giurisprudenziali è fondamentale per tutelare il proprio patrimonio ed evitare spiacevoli conseguenze economiche.