La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale in materia di affidamento dei minori: l’età prescolare del bambino non può essere l’unico criterio per limitare il rapporto con il padre. Con una sentenza innovativa, la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Venezia che aveva modificato il regime di collocamento di una bambina di tre anni da paritetico a prevalentemente materno, basandosi esclusivamente sulla sua giovane età. La Corte ha evidenziato come tale criterio astratto non possa prevalere sulla necessaria valutazione concreta delle capacità genitoriali e delle condizioni di vita familiari, ribadendo il diritto fondamentale del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.
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INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso prende avvio da un procedimento di separazione con domanda cumulativa di scioglimento del matrimonio, nel quale il Tribunale di Padova aveva inizialmente disposto l’affidamento condiviso della minore con collocamento paritario presso entrambi i genitori, che vivevano nello stesso edificio in appartamenti diversi. Tale decisione era stata motivata considerando la contiguità delle abitazioni e l’orario di lavoro non preclusivo del padre. A seguito del reclamo presentato dalla madre, la Corte d’Appello di Venezia aveva modificato il regime, disponendo il collocamento prevalente presso la madre e limitando significativamente i tempi di frequentazione padre-figlia a soli due pomeriggi infrasettimanali (dall’uscita da scuola alle 20:30) e un fine settimana alternato. La motivazione principale di tale modifica si basava essenzialmente sulla tenera età della bambina (poco più di tre anni) e sul presunto bisogno di un maggiore accudimento materno in questa fase dello sviluppo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il quadro normativo di riferimento si fonda sull’art. 337-ter del Codice Civile, che sancisce il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, ricevendo cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi. La disposizione normativa pone come criterio fondamentale l’esclusivo interesse morale e materiale della prole, richiedendo una valutazione concreta e ponderata delle capacità genitoriali. La giurisprudenza precedente della Cassazione, in particolare nelle sentenze richiamate (n. 18087/2016 e n. 21425/2022), non ha mai affermato il principio della necessaria preferenza materna per i minori in età prescolare, ma ha sempre sottolineato l’importanza di una valutazione complessiva delle circostanze concrete e delle capacità genitoriali. Il nuovo orientamento si inserisce nel solco della tutela della bigenitorialità, principio cardine dell’ordinamento italiano e del diritto internazionale, come sancito anche dall’art. 8 della CEDU sul diritto alla vita familiare.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte di Cassazione ha radicalmente censurato l’approccio della Corte d’Appello, individuando significative criticità sia nell’iter logico-giuridico seguito che nelle conclusioni raggiunte. I giudici supremi hanno evidenziato come il passaggio da un regime di collocamento paritario a uno prevalentemente materno sia stato disposto sulla base di un automatismo giuridico inaccettabile, fondato esclusivamente sull’età prescolare della minore.
Di particolare rilievo è la critica alla mancata valutazione complessiva delle circostanze concrete del caso. La Corte ha sottolineato come siano stati completamente ignorati elementi fondamentali quali la contiguità delle abitazioni dei genitori (situate nello stesso edificio), la flessibilità dell’orario lavorativo del padre, e soprattutto gli effetti della pregressa gestione paritaria sulla bambina. La decisione impugnata, infatti, non ha minimamente considerato l’impatto che una così drastica riduzione dei tempi di frequentazione potesse avere su una relazione padre-figlia già consolidata attraverso la precedente gestione paritaria settimanale.
La Suprema Corte ha inoltre evidenziato come la Corte d’Appello abbia erroneamente interpretato i precedenti giurisprudenziali citati a sostegno della propria decisione. In particolare, le sentenze richiamate (n. 18087/2016 e n. 21425/2022) non hanno mai stabilito un principio di preferenza materna automatica per i minori in età prescolare, ma hanno sempre sottolineato la necessità di una valutazione caso per caso, basata su elementi concreti.
Particolarmente critica è stata giudicata la scelta di ridurre drasticamente i tempi di frequentazione padre-figlia a soli due pomeriggi infrasettimanali (dall’uscita da scuola alle 20:30) e un fine settimana alternato. Tale decisione, secondo la Cassazione, non solo non trova giustificazione nelle circostanze del caso concreto, ma rischia di compromettere irrimediabilmente la relazione genitore-figlio, in aperta violazione del principio di bigenitorialità sancito dall’art. 337-ter c.c.
La Corte ha quindi stabilito che le decisioni in materia di affidamento e collocamento dei minori devono sempre basarsi su una valutazione concreta e individualizzata delle capacità genitoriali e del superiore interesse del minore, senza ricorrere a presunzioni o automatismi basati sull’età del bambino o sul genere del genitore. Tale principio assume particolare rilevanza nei casi in cui si vada a modificare un assetto già stabilizzato, richiedendo in questi casi una motivazione ancora più rigorosa e basata su elementi concreti che giustifichino il cambiamento.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice, in applicazione dell’art. 337-ter c.c., è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale impone di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore.