Discrimen tra amministrazione di sostegno ed interdizione (Tribunale di Lecce, sentenza n. 2714/2022)

Discrimen tra amministrazione di sostegno ed interdizione (Tribunale di Lecce, sentenza n. 2714/2022)

Tribunale di Lecce, sentenza n. 2714/2022 del 30.09.2022

[…] In proposito occorre rilevare che il Giudice di legittimità, muovendo dalla premessa che la finalità perseguita dal legislatore con l’introduzione nel nostro ordinamento della misura di protezione dell’amministrazione di sostegno è quella, espressamente indicata nell’art. 1 della L. n. 6/2004, di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente, ha più volte posto in evidenza come il discrimen tra amministrazione di sostegno ed interdizione non debba essere individuato alla luce di un criterio quantitativo, ovverosia correlato al grado di incapacità manifestato dal soggetto, bensì sulla scorta di un criterio funzionale, avendo riguardo, cioè, al tipo di attività che deve essere compiuta in nome del beneficiario. La Suprema Corte, contribuendo a consolidare il predetto orientamento, ha infatti recentemente affermato che “L’amministrazione di sostegno prevista dall’art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie” (Cass. n. 6079/2020; Cass. n. n. 13584/2006; v. anche Cass. n. 4866/2010 e Cass. n. 22332/2011) […]

Avv. Cosimo Montinaro

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