Donazione indiretta: la prova dell’animus donandi
Introduzione
La donazione indiretta si configura come un negozio giuridico che, pur non avendo la forma della donazione, è mosso da un fine di liberalità e ha lo scopo e l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario.
In caso di donazione indiretta, la prova dell’animus donandi è fondamentale per poter qualificare il negozio giuridico e per poter applicare la disciplina della donazione.
La sentenza della Cassazione n. 9379/2020
La sentenza della Cassazione n. 9379/2020 ha stabilito che la prova dell’animus donandi in caso di donazione indiretta deve essere rigorosa e deve essere desunta dall’esame di tutte le circostanze di fatto del singolo caso.
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Roma aveva ritenuto sussistente una donazione indiretta da parte dei suoceri della moglie separata in favore della nuora, in base al fatto che i suoceri avevano versato il prezzo dell’acquisto di un immobile intestato alla nuora.
La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, ritenendo che la Corte d’appello non avesse fornito alcuna argomentazione in ordine alla sussistenza dell’animus donandi dei suoceri.
In particolare, la Corte ha rilevato che:
- la mera finalizzazione della dazione del denaro all’acquisto di un immobile non è sufficiente a dimostrare l’intenzione di donare;
- la dichiarazione della nuora di aver ricevuto il denaro dai suoceri non è sufficiente a dimostrare l’animus donandi dei suoceri, in quanto proviene dall’accipiens e non dal solvens.
MASSIMA Cassazione civ., Sez. II, Ord. 21/05/2020, n. 9379
“La donazione indiretta si identifica con ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da un fine di liberalità e abbia l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario, sicché l’intenzione di donare emerge solo in via indiretta dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio”
(Nella specie, la S.C. ha escluso che la donazione indiretta fosse dimostrata dalla dazione di denaro effettuata all’unico scopo di acquisto di un immobile da parte del destinatario, non potendo trarsi conferma dell’”animus donandi” dalla sola dichiarazione, resa dall’”accipiens”, che il corrispettivo della compravendita era stato pagato dai genitori dell’ex coniuge)
Conclusioni
La sentenza in esame ha stabilito che la prova dell’animus donandi in caso di donazione indiretta deve essere rigorosa e deve essere desunta dall’esame di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, tenendo in considerazione, in particolare, i seguenti elementi:
- la finalità della dazione del denaro;
- la natura del rapporto tra le parti;
- il comportamento delle parti prima e dopo la dazione del denaro.
Alcune considerazioni sulla sentenza
La sentenza in esame è importante perché fornisce importanti indicazioni in merito alla prova dell’animus donandi in caso di donazione indiretta.
In particolare, la Corte ha chiarito che la mera finalizzazione della dazione del denaro all’acquisto di un immobile non è sufficiente a dimostrare l’intenzione di donare.
Inoltre, la Corte ha precisato che la dichiarazione dell’accipiens di aver ricevuto il denaro dal solvens non è sufficiente a dimostrare l’animus donandi del solvens, in quanto proviene dall’accipiens e non dal solvens.
La sentenza in esame, pertanto, conferma l’orientamento della giurisprudenza secondo cui la prova dell’animus donandi in caso di donazione indiretta deve essere rigorosa e deve essere desunta dall’esame di tutte le circostanze di fatto del singolo caso.