Una recente sentenza del Tribunale di Bologna del 2024 affronta un caso complesso di contestazione di un testamento olografo, sollevando importanti questioni in materia successoria. Può un testamento apparentemente valido essere dichiarato nullo per falsità? E quali sono le conseguenze di tale pronuncia sulla devoluzione dell’eredità? La vicenda esaminata offre interessanti spunti di riflessione sul delicato equilibrio tra tutela della volontà del testatore e protezione degli eredi legittimi, nonché sul ruolo cruciale delle perizie tecniche nell’accertamento della genuinità dei documenti testamentari.
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INDICE
ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda trae origine da una procedura esecutiva immobiliare promossa da diversi creditori nei confronti di un debitore esecutato. Nel corso del procedimento, la compagna e poi moglie dell’esecutato proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., sostenendo di essere proprietaria dei beni immobili oggetto di pignoramento. A fondamento della sua pretesa, l’opponente adduceva un testamento olografo della madre del debitore esecutato, pubblicato con atto notarile circa cinque anni dopo la morte della testatrice.
Secondo tale testamento, la de cuius avrebbe lasciato “ogni sua proprietà” all’opponente, “compagna di suo figlio“, riservando a quest’ultimo solo un diritto di abitazione su alcuni immobili. Nel medesimo atto di pubblicazione, l’opponente dichiarava di accettare puramente e semplicemente l’eredità, mentre il figlio della testatrice accettava il legato in suo favore e rinunciava a qualsiasi impugnazione del testamento e all’azione di riduzione per lesione di legittima.
I creditori procedenti ed intervenuti contestavano la validità del testamento, chiedendone la declaratoria di nullità per mancanza di autografia. In particolare, evidenziavano diverse incongruenze nella redazione del documento, tra cui l’illeggibilità della firma, la diversità della grafia tra il testo e la sottoscrizione, nonché l’apparente impossibilità della data indicata.
Veniva quindi disposta una consulenza tecnica d’ufficio grafologica per accertare l’autenticità del testamento. La CTU concludeva per l’apocrifia del documento, rilevando che la scrittura non poteva essere attribuita alla testatrice per molteplici ragioni: innanzitutto, risultava vergata con mano sinistra, mentre la de cuius era notoriamente destrimane; inoltre, la fluidità e la continuità del tratto erano incompatibili con le condizioni di salute della testatrice all’epoca della presunta redazione, essendo ella stata colpita da un ictus che le aveva paralizzato la mano destra solo 50 giorni prima.
La consulenza evidenziava altresì che, quattro anni dopo la data apparente del testamento, la testatrice non era stata in grado di firmare nemmeno la richiesta della carta d’identità. Infine, un’indagine chimico-fisica sull’inchiostro utilizzato collocava la redazione del documento in un periodo successivo al 2018, quindi dopo la morte della testatrice avvenuta nel 2016.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame coinvolge diverse norme del codice civile in materia di successioni e testamenti. In primo luogo, viene in rilievo l’art. 606 c.c., che disciplina le ipotesi di nullità del testamento olografo. Tale disposizione prevede che il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore, pena la sua nullità. La giurisprudenza ha chiarito che il requisito dell’autografia è essenziale e non può essere sostituito da equivalenti, come ad esempio la dettatura del testamento ad un terzo (Cass. civ., Sez. II, 30/01/2003, n. 1444).
L’art. 606 c.c. riconosce inoltre la legittimazione ad agire per far valere la nullità o l’annullabilità del testamento a “chiunque vi abbia interesse“. Tale ampia formulazione include non solo gli eredi legittimi o testamentari, ma anche i legatari e i creditori del de cuius o degli eredi, come nel caso di specie. La giurisprudenza ha precisato che l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale, e può consistere anche in un vantaggio solo indiretto o potenziale (Cass. civ., Sez. II, 11/07/1996, n. 6313).
Relativamente alla prova della falsità del testamento, assume rilevanza l’art. 214 c.p.c. in tema di verificazione della scrittura privata. La giurisprudenza ha chiarito che, in caso di contestazione dell’autenticità di un testamento olografo, l’onere della prova grava su chi intende avvalersene, mentre chi ne contesta la genuinità può limitarsi ad una mera negazione (Cass. civ., Sez. II, 15/06/2006, n. 13804). Nel caso di specie, la prova della falsità è stata fornita attraverso una consulenza tecnica d’ufficio grafologica, mezzo istruttorio ampiamente utilizzato in questo tipo di controversie.
In tema di successione legittima, vengono in rilievo gli artt. 565 e ss. c.c., che disciplinano la devoluzione dell’eredità in assenza di testamento valido. Nel caso di specie, essendo la de cuius deceduta senza coniuge e con un solo figlio, trova applicazione l’art. 566 c.c., che attribuisce l’intera eredità ai figli in parti uguali.
Assume inoltre rilevanza l’art. 485 c.c., che disciplina la c.d. accettazione tacita dell’eredità. Tale norma prevede che il chiamato all’eredità che sia nel possesso dei beni ereditari e non faccia l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione è considerato erede puro e semplice. La giurisprudenza ha chiarito che il possesso rilevante ai fini dell’art. 485 c.c. non richiede necessariamente la detenzione materiale dei beni, essendo sufficiente la disponibilità giuridica degli stessi (Cass. civ., Sez. II, 29/03/2003, n. 4845).
Infine, merita menzione l’art. 524 c.c., che disciplina l’azione surrogatoria dei creditori dell’erede. Tale norma consente ai creditori di accettare l’eredità in nome e per conto del debitore che vi abbia rinunciato con loro pregiudizio. La giurisprudenza ha chiarito che tale azione può essere esercitata anche in caso di inerzia del debitore, senza necessità di una preventiva rinuncia formale (Cass. civ., Sez. II, 18/02/2016, n. 3201).
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Bologna ha accolto la domanda principale proposta dai creditori, dichiarando la nullità del testamento olografo per mancanza di autografia ex art. 606 c.c. La decisione si fonda principalmente sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio grafologica, che ha accertato in modo inequivocabile la falsità del documento.
Il Collegio ha ritenuto particolarmente significativi alcuni elementi emersi dalla CTU: in primo luogo, il fatto che la scrittura fosse vergata con mano sinistra, mentre la testatrice era notoriamente destrimane; in secondo luogo, l’incompatibilità tra la fluidità e la continuità del tratto e le condizioni di salute della de cuius all’epoca della presunta redazione del testamento, essendo ella stata colpita da un ictus solo 50 giorni prima; infine, l’accertamento chimico-fisico che ha collocato la redazione del documento in un periodo successivo al 2018, quindi ben dopo la morte della testatrice avvenuta nel 2016.
La decisione del Tribunale appare condivisibile e ben motivata. L’accertamento della falsità del testamento attraverso una perizia tecnica costituisce infatti un elemento probatorio di grande rilievo, difficilmente superabile in assenza di prove contrarie di pari valore scientifico. Nel caso di specie, peraltro, la difesa dell’opponente non ha fornito alcuna valida contestazione alle conclusioni del CTU.
Una volta accertata la nullità del testamento, il Tribunale ne ha tratto le dovute conseguenze in termini di devoluzione dell’eredità. In assenza di valide disposizioni testamentarie, si è aperta la successione legittima, con conseguente attribuzione dell’intero asse ereditario all’unico figlio della de cuius.
Il Collegio ha correttamente rilevato che il figlio della testatrice aveva comunque acquisito la qualità di erede, indipendentemente da suoi atti di accettazione o rinuncia, in virtù dell’art. 485 c.c. Infatti, essendo rimasto nel possesso dei beni ereditari per oltre tre mesi dall’apertura della successione senza fare l’inventario, egli doveva considerarsi erede puro e semplice.
Particolarmente interessante è il passaggio in cui il Tribunale riconosce la legittimazione dei creditori ad agire per la dichiarazione di nullità del testamento. Il Collegio ha correttamente interpretato in senso ampio la nozione di “interesse” di cui all’art. 606 c.c., includendovi anche l’interesse dei creditori a far accertare la qualità di erede del proprio debitore al fine di potersi soddisfare sui beni ereditari.
In conclusione, la sentenza in esame offre un’importante conferma della rilevanza della prova tecnica nelle controversie sulla genuinità dei testamenti olografi. Al contempo, essa ribadisce alcuni principi consolidati in materia successoria, quali l’operatività dell’accettazione tacita ex art. 485 c.c. e la legittimazione dei creditori a far valere la nullità del testamento lesivo dei loro interessi.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Sulla base delle conclusioni rassegnate dalla CTU incaricata, dalle quali non vi è motivo di discostarsi sia perché adeguatamente motivate e pertinenti al quesito proposto sia perché neppure in alcun modo confutate dalla difesa della parte opponente, va dunque affermata la nullità del testamento oggetto di causa ex art. 606 1° comma c.c, perché non redatto e sottoscritto dall’apparente testatore, dovendosi altresì disporre l’annotazione ex art. 2655 c.c. della presente sentenza a margine dell’atto dichiarato nullo.
Va, dunque, esclusa in capo alla parte opponente la qualità di erede testamentaria dei beni della de cuius, così dovendosi, altresì escludere in capo alla stessa, per il fine che qui interessa, la titolarità sugli immobili pignorati, conseguendone l’inevitabile rigetto dell’opposizione di terzo ex art. 619 c.p. proposta dalla stessa parte.
Quale ulteriore conseguenza deriva che, venuta meno la successione testamentaria, si apre la successione legittima, in forza della quale il figlio, quale unico figlio legittimo della de cuius, ha acquistato la qualità di erede universale dei beni già della madre, tra cui quelli oggetto di pignoramento e i di lui creditori hanno diritto di soddisfarsi sugli stessi peraltro a prescindere da suoi atti di accettazione o rinuncia dell’eredità (Art. 524 c.c.).
È, infatti, emerso, secondo quanto confermato dalla stessa parte opponente (vedi atto di citazione e pag. 4 della memoria ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c.), che morta la de cuius, il figlio, unitamente alla moglie, sia rimasto fin da subito nel possesso dei beni immobili oggetto di pignoramento, dove abita e risiede – sia prima che dopo la morte della madre – , trovando comunque applicazione l’art. 485 c.c., a norma del quale il chiamato all’eredità, che sia nel possesso dei beni ereditari e non faccia l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione, termine già decorso ampiamente prima dell’opposizione di terzo, è considerato erede puro e semplice.”
(Tribunale di Bologna, Sentenza n. 1660/2024)