INTRODUZIONE
Una recente sentenza del Tribunale di Treviso ha affrontato un interessante caso riguardante la prededucibilità delle spese legali sostenute dall’aggiudicatario di un immobile all’asta, in relazione a un procedimento di revoca della confisca penale avviato dopo l’emissione del decreto di trasferimento. La decisione solleva importanti questioni sulla tutela dell’aggiudicatario nelle vendite forzate e sui limiti della prededucibilità delle spese nella procedura esecutiva. Ci si chiede: fino a che punto si estende la responsabilità della procedura esecutiva nei confronti dell’aggiudicatario dopo il trasferimento della proprietà? E quali oneri devono essere considerati a carico dell’acquirente in una vendita forzata?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda trae origine da una procedura esecutiva immobiliare avviata nel 2013 presso il Tribunale di Treviso. L’immobile oggetto di pignoramento, un’unità residenziale sita nel Comune di Montebelluna, era gravato da due sequestri penali preventivi, rispettivamente del 28 febbraio 2012 e del 6 maggio 2013. Successivamente, con sentenza del GIP del Tribunale di Treviso del 31 marzo 2015, l’immobile era stato oggetto di confisca nei confronti del debitore esecutato.
Nonostante la presenza di tali gravami, la procedura esecutiva è proseguita e l’immobile è stato aggiudicato all’asta alla società in seguito al terzo esperimento di vendita. Il decreto di trasferimento è stato emesso il 5 novembre 2020.
Circa 8 mesi dopo, il 29 luglio 2021, l’aggiudicataria ha promosso un incidente di esecuzione penale per ottenere la revoca della confisca. A seguito di ciò, ha chiesto che le spese legali sostenute per tale procedimento, pari a 20.983,01 euro, fossero riconosciute in prededuzione a carico della procedura esecutiva.
Inizialmente, con ordinanze del 14 aprile 2021 e del 21-23 maggio 2022, il Giudice dell’Esecuzione aveva accolto tale richiesta, ritenendo che le spese per l’incidente di esecuzione penale dovessero gravare sulla procedura. Tuttavia, con successiva ordinanza del 26 aprile 2023, il GE ha revocato i precedenti provvedimenti, stabilendo che tali spese non avessero natura prededucibile e dovessero restare a carico esclusivo dell’aggiudicataria.
Avverso quest’ultima ordinanza, l’aggiudicataria ha proposto opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., chiedendone la revoca o modifica e la conferma delle precedenti statuizioni favorevoli.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame solleva diverse questioni giuridiche, che il Tribunale ha affrontato richiamando un’ampia gamma di norme e principi.
In primo luogo, viene in rilievo l’art. 617 c.p.c., che disciplina l’opposizione agli atti esecutivi. Tale strumento consente di contestare la regolarità formale del processo esecutivo e dei singoli atti di esecuzione.
Fondamentale è poi l’art. 487 c.p.c., relativo alla modificabilità dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione. La norma prevede che tali provvedimenti siano modificabili o revocabili finché non abbiano avuto esecuzione. Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che la mancata distribuzione delle somme oggetto di contestazione consentisse ancora la revoca delle precedenti ordinanze.
Rilevante è anche l’art. 2922 c.c., che esclude l’operatività della garanzia per vizi nella vendita forzata. Tale norma, insieme all’art. 2921 c.c. sull’evizione, delinea un sistema di tutele dell’aggiudicatario più limitato rispetto alla compravendita ordinaria.
Il Tribunale richiama poi l’art. 586 c.p.c. sul decreto di trasferimento, qualificandolo come atto conclusivo di una fattispecie a formazione progressiva che determina il passaggio di proprietà a favore dell’aggiudicatario. A tal proposito, viene citata la sentenza della Cassazione n. 15222/2005.
Quanto alla pubblicità nella procedura esecutiva, vengono in rilievo gli artt. 567 e 569 c.p.c., che disciplinano rispettivamente la documentazione da depositare e l’udienza di autorizzazione alla vendita. Nel caso di specie, il Tribunale ha valorizzato la presenza di informazioni sui gravami sia nella perizia che negli avvisi di vendita.
Infine, in tema di distribuzione del ricavato, assume rilievo l’art. 510 c.p.c., che regola l’ordine di soddisfazione dei creditori. La questione della prededucibilità delle spese si inserisce in questo contesto normativo.
Va inoltre segnalato che il Tribunale ha affrontato alcune questioni procedurali, come l’applicabilità della mediazione obbligatoria (esclusa in base all’art. 5, co. 6, lett. e del d.lgs. 28/2010) e la disciplina processuale applicabile alla luce della riforma c.d. Cartabia (d.lgs. 149/2022).
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Treviso ha rigettato l’opposizione, confermando la legittimità dell’ordinanza del 26 aprile 2023 che aveva escluso la natura prededucibile delle spese legali sostenute dall’aggiudicataria.
La decisione si fonda su diversi argomenti. In primo luogo, il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse alcun ostacolo alla revoca delle precedenti ordinanze favorevoli all’aggiudicataria, in quanto la distribuzione delle somme contestate era stata sospesa. Ciò ha consentito di superare il limite posto dall’art. 487 c.p.c. alla modificabilità dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
Un punto centrale della motivazione riguarda la pubblicità data ai gravami sull’immobile. Il Tribunale ha rilevato che sia nella perizia di stima che negli avvisi di vendita era stata data piena evidenza dei sequestri penali e della successiva confisca. Inoltre, nell’avviso di vendita era espressamente indicato che l’onere per la cancellazione sarebbe stato a carico dell’aggiudicatario. Secondo il giudice, tali informazioni erano sufficienti a rendere edotti i potenziali acquirenti della situazione giuridica dell’immobile.
Il Tribunale ha poi sottolineato come l’aggiudicataria abbia in realtà beneficiato di tale situazione, ottenendo un prezzo di aggiudicazione notevolmente inferiore al valore di stima e godendo di una minore concorrenza. Questo aspetto è stato valorizzato per escludere una tutela “rafforzata” dell’acquirente.
Un passaggio chiave della motivazione riguarda gli effetti del decreto di trasferimento. Il Tribunale ha ribadito che tale provvedimento determina il passaggio di proprietà a favore dell’aggiudicatario, il quale subentra nella medesima posizione giuridica del debitore. Di conseguenza, dopo l’emissione del decreto, l’aggiudicatario deve farsi carico degli oneri connessi alla proprietà, incluse le spese per liberare il bene da vincoli preesistenti.
Il giudice ha escluso l’applicabilità alla fattispecie sia della garanzia per vizi ex art. 2922 c.c., sia della tutela per evizione ex art. 2921 c.c., ribadendo il carattere “imperfetto” della tutela dell’aggiudicatario nella vendita forzata.
Un ulteriore argomento utilizzato dal Tribunale riguarda la legittimazione a proporre l’incidente di esecuzione penale. Secondo il giudice, dopo il trasferimento della proprietà, né la procedura esecutiva né il creditore procedente erano legittimati a tale azione, essendo venuti meno del diritto reale sul bene. Solo l’aggiudicatario, in quanto nuovo proprietario, poteva agire per la revoca della confisca.
In definitiva, il Tribunale ha ritenuto che le spese per l’incidente di esecuzione penale, sostenute dopo il decreto di trasferimento, non potessero gravare sulla procedura esecutiva. Ciò in quanto, una volta conclusa la fase liquidatoria con l’emissione del decreto ex art. 586 c.p.c., non è più possibile avanzare pretese nei confronti della massa dei creditori.
La decisione appare equilibrata e coerente con i principi che regolano la vendita forzata. Essa tutela l’affidamento dei creditori sulla definitività del riparto una volta emesso il decreto di trasferimento, evitando che costi imprevisti possano gravare sulla massa passiva. Al contempo, responsabilizza l’aggiudicatario, il quale deve valutare attentamente i rischi connessi all’acquisto di un immobile gravato da vincoli, bilanciandoli con il vantaggio economico derivante dal minor prezzo di aggiudicazione.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Il discrimine temporale è rappresentato dal decreto di trasferimento, che rappresenta l’ultimo atto di una fattispecie a formazione progressiva in cui convergono l’aggiudicazione, il versamento integrale del prezzo e, appunto, il decreto di trasferimento (Cass. n. 15222/2005). Esso ha al contempo efficacia ablatoria e traslativa, determinando l’estinzione del diritto dominicale in capo al debitore e dando luogo anche al passaggio di proprietà coattivo a favore dell’aggiudicatario. Quest’ultimo subentra nella medesima posizione giuridica del debitore, e in relazione ai beni espropriati gode dei relativi vantaggi ma è tenuto a far fronte ai connessi oneri (secondo il noto brocardo latino “Qui habet commoda, ferre debet onera”). […] Giunti a questo punto, chiedendo il riconoscimento delle spese in prededuzione, pretende in sostanza di attribuire una forma atipica di ultrattività alla procedura di vendita forzosa, nella misura in cui chiede di addossare i costi e le spese legali a carico della massa creditoria. Ma si tratta di tesi che cozza frontalmente con la natura ablatoria e traslativa del decreto di trasferimento, a valle del quale, esaurita la fase liquidatoria, alcuna pretesa può essere avanzata nei confronti della procedura. […] L’obbligatorietà in capo alla aggiudicataria di far fronte alle spese necessarie per la revoca della confisca rende ultroneo l’esame dell’ulteriore questione concernente il rango prededucibile o privilegiato di tali spese.”
(Tribunale di Treviso, Sentenza n. 1623/2024)
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