Randagismo: l’Ente risponde dei danni ex art. 2043 c.c.

Randagismo l’Ente risponde dei danni ex art. 2043 c.c.
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Randagismo: l’Ente risponde dei danni ex art. 2043 c.c.

Corte d’Appello di Lecce, sentenza n. 873/2022 del 02.08.2022

Estratto della sentenza:

[…] La Corte ritiene meritevole di accoglimento l’appello per le ragioni di seguito rappresentate.

I giudici di legittimità hanno pacificamente chiarito come, in materia di responsabilità per danni causati da animali randagi, debbano trovare applicazione le regole generali di cui all’art. 2043 cc. e non di cui all’art. 2052 cc, non potendosi ravvisare un rapporto di proprietà o di uso in relazione ad essi, da parte degli enti pubblici preposti alla gestione e contenimento del fenomeno del randagismo.

Nello specifico, quanto ai profili di interesse nel caso di specie, la Suprema Corte ha chiarito che “La responsabilità per i danni causati dagli animali randagi è disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c., e non da quelle stabilite dall’art. 2052 c.c., sicché presuppone l’allegazione e la prova, da parte del danneggiato, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di una condotta obbligatoria in concreto esigibile, mentre non può essere affermata in virtù della sola individuazione dell’ente al quale è affidato il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo, ovvero quello di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto responsabile il Comune convenuto per il danno subito dall’attore a causa dell’impatto tra la propria auto e un cane randagio verificatosi “assai fuori” dal centro abitato, senza accertare se, oltre che prevedibile, l’evento fosse evitabile mediante uno sforzo ragionevole)” [Cass. civ. Sez. III, Ord. n. 31957 del 11.12.2018].

Pertanto, ai fini dell’affermazione in tal senso della responsabilità per colpa di cui all’art. 2043 cc, non è sufficiente individuare gli enti preposti al recupero ed alla custodia dei randagi, ma occorre provare – ed il relativo onere incombe sull’attore danneggiato – la condotta obbligatoria esigibile dall’ente e nella specie omessa, nonché soprattutto la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di detta condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva. Ciò in quanto appare invero inesigibile un controllo del territorio così penetrante e diffuso ed un’attività di cattura così repentina da impedire in maniera assoluta che possano trovarsi sul territorio in un determinato momento degli animali randagi, in considerazione del costante e possibile spostamento degli stessi sul territorio. Diversamente ragionando, si perverrebbe all’affermazione di una inammissibile forma di responsabilità oggettiva, da posizione, in violazione delle regole ordinarie che informano la disciplina della responsabilità aquiliana sancite all’art. 2043 cc. Invero, si perverrebbe in tal modo all’applicazione di “principi analoghi o addirittura più rigorosi di quelli previsti per le ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli artt. 2051, 2052, e 2053 c.c.” [cfr. pag. pag. 5, Ordinanza Sez. III, n. 18954 del 31.07.2017] […]

Avv. Cosimo Montinaro

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