Subentro nel contratto di locazione: tutelato il convivente con figli (Tribunale di Velletri, 2024)

Il Tribunale di Velletri nel 2024 ha emesso una sentenza che affronta un tema delicato e di grande attualità: il diritto al subentro nel contratto di locazione da parte del convivente more uxorio con prole. La decisione solleva interrogativi cruciali sulla tutela dei diritti abitativi delle famiglie di fatto e sul bilanciamento tra gli interessi dei proprietari e quelli dei nuclei familiari in situazioni di fragilità. Come si configura il diritto all’abitazione quando si intrecciano rapporti di convivenza, presenza di minori e contratti di locazione? Quali sono i limiti del potere dispositivo del proprietario di fronte alle esigenze di tutela dei soggetti più vulnerabili?

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria prende avvio da un’opposizione di terzo proposta da una donna avverso un’ordinanza di convalida di sfratto per morosità. La ricorrente, convivente more uxorio del conduttore dell’immobile e madre di due figli minori nati dalla relazione, si era trovata improvvisamente a dover fronteggiare una procedura di sfratto avviata dalla proprietaria dell’abitazione nei confronti del suo compagno.

I fatti risalgono al 2009, quando la proprietaria stipula un contratto di locazione con il figlio, avente ad oggetto un immobile sito in Ardea. Nel 2013, il conduttore inizia una relazione con la ricorrente, che si trasferisce nell’abitazione. Dalla loro unione nascono due figli, entrambi affetti da paralisi cerebrale.

A partire dal 2016, la relazione tra i conviventi si deteriora, sfociando in episodi di violenza che portano all’emissione di misure cautelari nei confronti dell’uomo. In questo contesto di crescente conflittualità, la proprietaria dell’immobile avvia una procedura di sfratto per morosità nei confronti del figlio.

La ricorrente, ignara dell’esistenza del contratto di locazione e convinta di abitare l’immobile in virtù di un comodato gratuito, viene a conoscenza dello sfratto solo in occasione del primo accesso dell’ufficiale giudiziario. Si trova così a dover tutelare il proprio diritto all’abitazione e quello dei figli minori disabili, in un contesto familiare ormai disgregato e ostile.

La donna decide quindi di proporre opposizione di terzo avverso l’ordinanza di convalida dello sfratto, sostenendo di essere subentrata nel contratto di locazione in qualità di convivente con prole e chiedendo l’accertamento della reale natura del rapporto contrattuale, a suo dire dissimulante un comodato gratuito.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel solco di un’evoluzione normativa e giurisprudenziale volta a tutelare il diritto all’abitazione delle famiglie di fatto, con particolare attenzione alla protezione dei minori.

Il fulcro normativo della questione è rappresentato dall’art. 6 della legge n. 392/1978 (c.d. legge sull’equo canone), che disciplina la successione nel contratto di locazione. La disposizione, nella sua formulazione originaria, non contemplava il caso del convivente more uxorio con prole.

È stata la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 404 del 1988, a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 nella parte in cui non prevedeva la successione nel contratto di locazione al convivente more uxorio del conduttore, in presenza di prole naturale. Questa pronuncia ha segnato una svolta fondamentale nella tutela dei diritti abitativi delle famiglie di fatto.

La giurisprudenza successiva ha ulteriormente specificato la portata di questo principio. In particolare, la Cassazione, con la sentenza n. 2524 del 1989, ha chiarito che il diritto al subentro nel contratto di locazione spetta al convivente anche quando la convivenza sia sorta nel corso della locazione stessa.

Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che il subentro nel contratto avviene in modo automatico, indipendentemente dalla conoscenza che ne abbia il locatore (Cass. n. 9868/1997). Questo aspetto è particolarmente rilevante nel caso in esame, dove la proprietaria sosteneva l’inopponibilità dello sfratto per mancata conoscenza della situazione familiare del conduttore.

Un altro punto cruciale affrontato dalla giurisprudenza riguarda il bilanciamento tra gli interessi del proprietario e quelli del nucleo familiare. La Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 404/1988, ha affermato che in presenza di figli, il diritto del proprietario è recessivo rispetto al superiore interesse della prole.

Per quanto concerne l’opposizione di terzo, disciplinata dall’art. 404 c.p.c., la sua ammissibilità avverso l’ordinanza di convalida di sfratto è stata sancita dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 167/1984, n. 237/1985 e n. 192/1995. Queste pronunce hanno ampliato la tutela giurisdizionale dei terzi pregiudicati da provvedimenti emessi in procedimenti ai quali non hanno partecipato.

Infine, è opportuno ricordare che la simulazione del contratto, dedotta dalla ricorrente nel caso di specie, è regolata dagli artt. 1414 e seguenti del codice civile. La giurisprudenza ha più volte sottolineato la necessità di una prova rigorosa della simulazione, non potendo questa basarsi su mere presunzioni o sul solo mancato pagamento dei canoni (Cass. n. 15650/2018).

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Velletri, con una decisione equilibrata e attenta alle peculiarità del caso concreto, ha accolto l’opposizione di terzo proposta dalla convivente, dichiarando l’inefficacia nei suoi confronti dell’ordinanza di convalida di sfratto.

In primo luogo, il giudice ha correttamente qualificato l’azione proposta come opposizione di terzo ordinaria ex art. 404, primo comma, c.p.c. Ha riconosciuto la legittimazione attiva della ricorrente, in quanto titolare di un diritto autonomo e incompatibile con il rapporto accertato dal provvedimento impugnato.

Il Tribunale ha respinto le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti resistenti. In particolare, ha ritenuto infondata l’eccezione sulla forma dell’atto introduttivo, confermando la correttezza del ricorso in materia locatizia. Ha inoltre escluso la tardività dell’impugnazione, ritenendo rispettato il termine di 30 giorni dalla conoscenza del provvedimento.

Entrando nel merito, il giudice ha rigettato la domanda di simulazione del contratto di locazione. Ha ritenuto non provata la tesi della ricorrente, secondo cui il contratto dissimulava un comodato gratuito. Il Tribunale ha dato rilievo al dato documentale rappresentato dal contratto di locazione stipulato nel 2009, considerando insufficiente a provare la simulazione il solo mancato pagamento dei canoni.

Il punto centrale della decisione riguarda il diritto al subentro nel contratto di locazione da parte della convivente con prole. Il Tribunale ha fatto un’applicazione puntuale dei principi elaborati dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione in materia.

In particolare, ha riconosciuto che il subentro nel contratto avviene in modo automatico, senza necessità di un provvedimento di assegnazione della casa familiare. Ha individuato il momento di insorgenza del diritto al subentro nella cessazione della convivenza, coincidente con l’emissione della misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti del conduttore.

Il giudice ha sottolineato come, al momento della notifica dello sfratto, la ricorrente fosse già titolare di un diritto soggettivo incompatibile con quello azionato dalla proprietaria. Ha quindi ritenuto che l’ordinanza di convalida di sfratto non fosse stata validamente emessa nei confronti della convivente.

Un aspetto interessante della decisione riguarda l’efficacia retroattiva della risoluzione del contratto. Il Tribunale ha precisato che tale efficacia trova un limite proprio nell’acquisto del diritto del terzo intervenuto nelle more dell’emissione della pronuncia costitutiva di risoluzione.

In conclusione, il Tribunale di Velletri ha offerto una tutela effettiva al diritto all’abitazione della convivente e dei figli minori, bilanciando in modo equilibrato gli interessi in gioco. La decisione si pone in linea con l’orientamento costituzionale e giurisprudenziale volto a garantire una protezione adeguata alle famiglie di fatto, soprattutto in presenza di soggetti vulnerabili come i minori disabili.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Con riferimento al merito si osserva che la domanda di simulazione del contratto di locazione, articolata in via principale, è infondata e va rigettata. Invero, dalla documentazione in atti risulta che abbia stipulato in data 1.12.2009 con il figlio un contratto di locazione (registrato il 18.12.2009 presso l’Agenzia delle Entrate di Roma, ufficio di Pomezia (n. 7879 serie 3), avente ad oggetto l’immobile sito in Ardea, alla Via Campo di Carne n. 4, per la durata di sei anni dal 1.12.2009 al 30.11.2015 (contratto rinnovabile di 4 anni alla prima scadenza, nonché successivamente di 4 anni in 4 anni, in difetto di disdetta e di attivazione della procedura di rinnovo). Deve, pertanto, rinvenirsi in tale contratto di locazione, sottoscritto sin dal 2009, la fonte negoziale del rapporto di locazione in essere tra le parti. Di contro, a fronte del dato documentale rappresentato dal contratto di locazione, non è stata provata la simulazione contrattuale dedotta dalla ricorrente e fondata sul solo presupposto del mancato pagamento dei canoni. […]

Con riferimento alla domanda articolata in via subordinata si osserva che la ricorrente ha dedotto l’inopponibilità a sé del provvedimento di convalida di sfratto. Sul punto si osserva che l’art. 6 l. 392/1978, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 404/1988, deve essere interpretato nel senso di garantire il diritto al subentro nel contratto di locazione al convivente del conduttore, allorché vi sia prole naturale al momento della cessazione della convivenza e ciò anche quando la convivenza sia sorta nel corso della locazione (cfr. Cass. n. 2524/1989) e a prescindere dal consenso, attesa la ratio di tutela dell’interesse pubblicistico in rilievo (l’interesse alla tutela dei minori). Infatti, in presenza di figli, infatti, il diritto del proprietario è recessivo di fronte al superiore interesse della prole. Il subentro nel contratto è del tutto indipendente dalla conoscenza, che possa avere la parte locatrice, dei presupposti di fatto che lo condizionano, essendo solo dipendente dalla volontà della legge, nel testo ampliato dalla sentenza additiva della Corte costituzionale (cfr. Cass. n. 9868/1997). […]

Nel caso di specie, il conduttore ha cessato la convivenza per effetto dell’emissione, in data 11.11.2022, della misura cautelare del divieto di avvicinamento nei riguardi della ricorrente. A tale epoca risale, quindi, l’insorgenza del diritto al subentro da parte della ricorrente, la quale, quindi, era titolare di un diritto soggettivo incompatibile rispetto a quello azionato dalla locatrice al momento dello sfratto (notificato in data 7.3.2023). D’altronde la circostanza che la ricorrente non fosse titolare di una situazione giuridica incompatibile con il diritto azionato, avrebbe dovuto trovare ingresso proprio nell’ambito del giudizio di convalida di sfratto, atteso che, all’epoca della proposizione della domanda, l’immobile fosse pacificamente occupato dalla ricorrente. Occorre poi rilevare che l’effetto retroattivo della risoluzione del contratto, derivante dalla pronuncia costitutiva (in caso di prospettato inadempimento, cfr. art. 1453 c.c.), trova quale limite proprio l’acquisto del diritto del terzo intervenuto nelle more dell’emissione della pronuncia costitutiva di risoluzione.

In conclusione, deve ritenersi che, nel caso di specie, l’ordinanza di convalida di sfratto non sia stata validamente emessa e che la ricorrente, quale titolare del diritto di godimento sull’immobile, abbia legittimamente proposto la presente opposizione per conseguirne l’annullamento nei propri confronti.”

(Tribunale di Velletri, sentenza n. 929/2024)

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