Usura bancaria e calcolo del TEG: nuovi orientamenti della Corte d’Appello – Sentenza Corte d’Appello di Ancona 2024
Nel panorama delle controversie bancarie, la Corte d’Appello di Ancona ha recentemente emesso una sentenza che getta nuova luce sulla complessa questione dell’usura bancaria e del calcolo del Tasso Effettivo Globale (TEG). Il caso in esame, deciso nel 2024, solleva interrogativi cruciali: come si determina correttamente il TEG? Quali elementi vanno inclusi nel calcolo? E come si confronta con il tasso soglia? La sentenza offre spunti interessanti per comprendere l’evoluzione giurisprudenziale in materia, bilanciando le esigenze di tutela del cliente con la necessità di uniformità nei criteri di calcolo. Addentriamoci nei dettagli di questa pronuncia che potrebbe segnare un importante precedente nel contenzioso bancario.
INDICE
ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda trae origine da un contratto di conto corrente con affidamento di €47.000, sottoscritto nel dicembre 2013 tra una banca e un cliente. Quest’ultimo, contestando l’applicazione di condizioni economiche ritenute illegittime, ha intrapreso un’azione legale presso il Tribunale di Ancona. Le doglianze del correntista riguardavano principalmente la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, l’applicazione di interessi ultralegali potenzialmente eccedenti il tasso soglia usurario, nonché l’addebito di costi, oneri e commissioni – tra cui la commissione di massimo scoperto – non adeguatamente determinati o privi di valida pattuizione.
Il Tribunale di Ancona, accogliendo la domanda del correntista, ha rideterminato il rapporto dare-avere sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), che ha accertato la sussistenza di usura originaria e pattizia, sia al momento della stipula del contratto che nelle successive modifiche dei tassi convenzionali. Conseguentemente, il giudice di prime cure ha condannato la banca al pagamento di una somma in favore del cliente.
La banca, non condividendo la decisione, ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, contestando in particolare la metodologia di calcolo del TEG adottata dal CTU e l’inclusione di determinati elementi nel computo del tasso effettivo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inserisce nel complesso quadro normativo e giurisprudenziale in materia di usura bancaria. Il punto di partenza è rappresentato dalla Legge n. 108 del 1996, che ha introdotto il meccanismo di rilevazione trimestrale del Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sulla base del quale viene determinato il tasso soglia oltre il quale gli interessi sono considerati usurari.
L’articolo 644 del Codice Penale, nella sua formulazione post riforma del 1996, definisce usurari gli interessi che superano il tasso soglia calcolato aumentando il TEGM di un quarto e aggiungendo ulteriori quattro punti percentuali. La norma specifica inoltre che la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.
Un passaggio fondamentale nell’evoluzione della disciplina è rappresentato dall’articolo 2-bis del D.L. n. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla Legge n. 2 del 2009. Questa disposizione ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2010, la commissione di massimo scoperto (CMS) deve essere inclusa nel calcolo del TEGM ai fini della verifica del superamento del tasso soglia.
La giurisprudenza di legittimità ha contribuito a chiarire numerosi aspetti controversi della materia. In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16303 del 20 giugno 2018, hanno affermato il principio di simmetria nel confronto tra il TEG applicato in concreto e il tasso soglia, sottolineando la necessità di utilizzare criteri omogenei di calcolo. Questo orientamento è stato successivamente confermato e approfondito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 19597 del 18 settembre 2020.
Un altro aspetto cruciale riguarda il trattamento degli interessi moratori. La Suprema Corte, sempre con la sentenza n. 19597/2020, ha chiarito che gli interessi moratori e quelli corrispettivi, avendo natura e fondamento diversi, devono essere mantenuti separati ai fini della verifica dell’usura, con la conseguente necessità di individuare una soglia autonoma per gli interessi di mora.
Infine, per quanto concerne la prova dell’esistenza di aperture di credito in assenza di un contratto scritto, la recente giurisprudenza di legittimità ha adottato un approccio più flessibile. La Cassazione, con le ordinanze n. 2338/2024 e n. 5387/2024, ha infatti ammesso la possibilità di dimostrare l’esistenza di un affidamento anche attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale, come ad esempio gli estratti conto che attestino il reiterato adempimento di ordini di pagamento in assenza di provvista.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte d’Appello di Ancona, nel rigettare l’appello proposto dalla banca, ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, offrendo importanti spunti interpretativi su diverse questioni controverse in materia di usura bancaria.
In primo luogo, la Corte ha avallato la metodologia di calcolo del TEG adottata dal CTU, basata sulle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi. I giudici hanno sottolineato l’importanza di utilizzare criteri omogenei nel confronto tra il tasso applicato in concreto e il tasso soglia, richiamando il principio di simmetria affermato dalla Cassazione. Questo approccio garantisce la coerenza e l’attendibilità del raffronto, evitando distorsioni derivanti dall’utilizzo di metodologie di calcolo differenti.
Un punto cruciale della decisione riguarda il trattamento della commissione di massimo scoperto (CMS). La Corte ha chiarito che, per i contratti stipulati dopo il 1° gennaio 2010, la CMS deve essere inclusa nel calcolo del TEG, in linea con quanto previsto dalla normativa vigente. Tuttavia, per i periodi antecedenti, la Corte ha adottato l’approccio delle Sezioni Unite, prevedendo una verifica separata del TEG degli interessi e della CMS applicata, con un successivo meccanismo di compensazione.
Particolare attenzione è stata dedicata alla questione degli interessi moratori. La Corte d’Appello, allineandosi all’orientamento della Cassazione, ha ribadito la necessità di mantenere separati gli interessi moratori da quelli corrispettivi ai fini della verifica dell’usura, escludendo la possibilità di una loro sommatoria. Questa impostazione riflette la diversa natura e funzione delle due tipologie di interessi, imponendo l’individuazione di una soglia autonoma per gli interessi di mora.
Un ulteriore aspetto significativo della sentenza riguarda l’accertamento dell’esistenza di un’apertura di credito in assenza di un contratto scritto. La Corte, in linea con i recenti orientamenti di legittimità, ha ammesso la possibilità di dimostrare l’affidamento attraverso mezzi di prova alternativi, come gli estratti conto. Questa interpretazione flessibile mira a bilanciare le esigenze di tutela del cliente con la realtà operativa dei rapporti bancari.
Infine, la Corte ha respinto la richiesta di divulgazione della sentenza ex art. 120 c.p.c., ritenendo non sufficientemente provato l’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo alla banca. Questa decisione sottolinea la natura eccezionale e sanzionatoria di tale misura, che richiede un accertamento rigoroso dei presupposti.
In conclusione, la sentenza della Corte d’Appello di Ancona si configura come un importante tassello nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di usura bancaria, offrendo chiarimenti su questioni tecniche e metodologiche di grande rilevanza pratica. L’approccio adottato dalla Corte, improntato al rispetto del principio di simmetria e alla separazione degli interessi moratori, contribuisce a delineare un quadro più chiaro e coerente per la valutazione delle condizioni economiche applicate nei contratti bancari.
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ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Reputa il Collegio di poter condividere, in quanto logicamente motivate e convincenti, le argomentazioni addotte dal giudice di prime cure che, in tema di calcolo del TEG, ha ritenuto la validità di utilizzo da parte del CTU della formula della Banca d’Italia di cui alle Istruzioni dettate al fine di verificare l’eventuale superamento del tasso soglia anti usura, all’uopo richiamando il principio di diritto espresso dal Supremo Consesso quale valido e coerente elemento di valutazione: “il giudizio in punto di usurarietà si basa infatti, in tal caso, sul raffronto tra un dato concreto (il TEG applicato in contratto) e un dato astratto (il TEGM), sicché, se detto raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato” (cfr. Cass. 12965/2016), come testualmente riportato in sentenza (si veda pag. 8).