In una significativa pronuncia in materia di diritto di famiglia, la Suprema Corte ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica ed emotiva che tocca il delicato equilibrio dei rapporti familiari in caso di separazione: il diritto dei minori a mantenere relazioni significative con i nonni e gli altri parenti. La questione centrale esaminata dalla Corte concerne la legittimazione processuale del genitore a richiedere, nell’ambito del giudizio di separazione, che sia garantito ai figli minori il mantenimento di rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti del ramo familiare paterno, quando tali rapporti vengano ostacolati dall’altro genitore. Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione nasce da una situazione purtroppo comune nelle controversie familiari: un padre lamentava che, a seguito della separazione, i suoi figli minori venissero ostacolati nei rapporti con i nonni e i parenti paterni. La questione giuridica principale riguardava la possibilità per il genitore di avanzare tale richiesta direttamente nel procedimento di separazione, o se invece tale facoltà fosse riservata esclusivamente agli ascendenti, come sostenuto dalla Corte d’Appello di Palermo. Il nodo interpretativo riguardava il coordinamento tra diverse disposizioni normative: da un lato, l’articolo 337-ter del codice civile, che sancisce il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale, e dall’altro l’articolo 317-bis c.c., che attribuisce specificamente agli ascendenti il diritto di mantenere rapporti con i nipoti minorenni e la legittimazione ad agire in caso di impedimento all’esercizio di tale diritto. La pronuncia della Cassazione offre un’interpretazione equilibrata e centrata sul preminente interesse del minore, chiarendo i confini tra diverse azioni giudiziarie e i rispettivi ambiti di applicazione, con importanti risvolti pratici per i professionisti del diritto e le famiglie coinvolte in procedimenti di separazione.
AVV. COSIMO MONTINARO – e-mail segreteria@studiomontinaro.it
Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda processuale trae origine da un giudizio di separazione personale tra due coniugi che avevano contratto matrimonio civile nel giugno 2005. Il Tribunale di Agrigento, con sentenza del luglio 2020, aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi, rigettando le reciproche domande di addebito. Nell’ambito di tale pronuncia, il Tribunale aveva disposto l’affido congiunto dei figli minori, stabilendone il domicilio prevalente presso la madre, e aveva disciplinato il diritto di visita e di incontro tra il padre e i figli. Inoltre, aveva assegnato la casa coniugale alla madre affinché potesse continuarvi a vivere con i figli, e aveva posto a carico del padre l’obbligo di versare un contributo economico per il mantenimento sia dei figli minori che della moglie.
Il padre aveva proposto appello avverso questa decisione, dolendosi principalmente di tre aspetti: il mancato accoglimento della sua domanda di addebito della separazione alla moglie, la quantificazione dell’assegno di mantenimento stabilito a suo carico per il coniuge e, significativamente per la questione giuridica poi esaminata dalla Cassazione, la mancata pronuncia sulla sua richiesta, già avanzata in primo grado, affinché fosse garantito ai minori il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti della famiglia paterna, diritto che sarebbe stato ostacolato dalla madre. Dal canto suo, la moglie si era costituita nel giudizio di appello chiedendo il rigetto dell’impugnazione e, in via incidentale, aveva richiesto che la separazione fosse addebitata al marito.
La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza dell’aprile 2023, aveva respinto l’appello principale e accolto quello proposto in via incidentale, riconoscendo l’addebito della separazione al marito. Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale aveva ritenuto provata la condotta violenta del marito ai danni della moglie, riferendosi in particolare a due episodi specifici: un litigio avvenuto nell’agosto 2015, durante il quale l’uomo avrebbe assunto una condotta violenta causando una lesione al labbro e segni sul braccio della moglie, e un episodio in cui avrebbe abbandonato moglie e figli sul ciglio della strada con le valigie il giorno prima di Natale. In questa seconda circostanza, un testimone aveva riferito di aver soccorso la donna, che presentava segni di violenza sul braccio, e anche uno dei figli mostrava segni sul corpo.
Oltre a respingere la domanda di riduzione del mantenimento disposto in favore della coniuge, la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile la censura relativa alla mancata pronuncia sulla richiesta del padre riguardante il diritto dei figli a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti paterni. Secondo la Corte territoriale, infatti, i legittimati a tale azione sarebbero stati esclusivamente i parenti pretermessi e non il genitore, e la procedura sarebbe stata regolata dall’articolo 336 del codice civile. Proprio questa affermazione è stata oggetto del ricorso in Cassazione da parte del padre, che ha contestato la decisione della Corte d’Appello sostenendo la propria legittimazione a richiedere la regolamentazione dei rapporti tra i figli e i nonni paterni nell’ambito del giudizio di separazione.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il quadro normativo di riferimento in questa controversia è composto da diverse disposizioni del codice civile che disciplinano i rapporti familiari, con particolare riferimento alle relazioni tra genitori, figli e ascendenti in caso di separazione dei coniugi. L’articolo 337-ter del codice civile, che ha sostituito il previgente articolo 155, stabilisce il principio fondamentale secondo cui “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale“. Questa norma, inserita nel contesto delle disposizioni sui provvedimenti riguardo ai figli in caso di separazione, divorzio, nullità del matrimonio o di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, sancisce chiaramente il diritto del minore a mantenere relazioni con i nonni e gli altri parenti di entrambi i rami familiari.
A questa disposizione si affianca l’articolo 317-bis del codice civile, introdotto per riconoscere esplicitamente il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Tale norma prevede che “l’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore“. La procedura applicabile in questo caso è quella prevista dall’articolo 336, secondo comma, del codice civile, che disciplina il procedimento per l’adozione dei provvedimenti in materia di responsabilità genitoriale. L’interpretazione del rapporto tra queste due norme è stata al centro della questione giuridica affrontata dalla Cassazione.
Nel panorama giurisprudenziale precedente alla sentenza in esame, la Suprema Corte aveva già affrontato tematiche correlate. In particolare, con la sentenza n. 22081 del 2009, la Cassazione aveva affermato che la norma che prevede il diritto dei minori, figli di coniugi separati, di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale, affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell’articolazione dei provvedimenti da adottare in tema di affidamento, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto del minore a una crescita serena ed equilibrata. Tuttavia, secondo questa pronuncia, tale disposizione non incideva sulla natura e sull’oggetto dei giudizi di separazione e di divorzio e sulle posizioni e i diritti delle parti in essi coinvolti, e non consentiva pertanto di ravvisare diritti relativi all’oggetto o dipendenti dal titolo dedotto nel processo che potessero legittimare un intervento diretto dei nonni o di altri familiari nel procedimento di separazione.
Rilevante ai fini della questione è anche la sentenza n. 194 del 2015 della Corte Costituzionale, che ha giudicato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 38, primo comma, disp. att. cod. civ., nella parte in cui attribuisce alla competenza del tribunale per i minorenni le controversie di cui all’articolo 317-bis cod. civ. concernenti il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario. La Consulta ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore di attribuire tali controversie alla competenza del giudice specializzato, evidenziando la diversità delle parti in giudizio e degli interessi in contesa rispetto al procedimento di separazione o divorzio.
Per quanto concerne la disciplina processuale, rileva l’articolo 709-ter del codice di procedura civile, che regola la soluzione delle controversie e le misure in caso di inadempienze o violazioni nell’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento. Tale norma attribuisce al giudice il potere di adottare i provvedimenti opportuni in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, inclusa la modifica dei provvedimenti in vigore.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del padre nella parte relativa alla legittimazione a richiedere la regolamentazione dei rapporti tra i figli e gli ascendenti paterni, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Palermo su questo specifico punto. La decisione della Suprema Corte è fondata su un’interpretazione sistematica delle norme in materia di responsabilità genitoriale e di tutela dell’interesse del minore, che rappresenta il faro guida di tutta la disciplina dei rapporti familiari in caso di crisi della famiglia.
Il principio di diritto affermato dalla Cassazione è che “nel giudizio di separazione il genitore è ben legittimato a richiedere la regolamentazione dei rapporti fra ascendenti e nipoti in caso di condotte ostative da parte dell’altro genitore, ai sensi degli articoli 337-ter e seguenti del codice civile“. Questa statuizione si basa sulla considerazione che l’interesse del minore a vedere realizzato un rapporto significativo con i nonni, laddove ostacolato da uno dei genitori, non può che trovare tutela nel giudizio di separazione, con l’attribuzione della legittimazione al genitore che denuncia le condotte ostative e quindi nocive per il minore.
La Cassazione ha chiarito che mentre l’articolo 317-bis del codice civile ha introdotto nell’ordinamento il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i loro nipoti minorenni, subordinando però tale diritto al prevalente interesse del minore, tale norma “non inerisce l’ambito del giudizio di separazione e divorzio“. In altri termini, la disposizione non regola una legittimazione degli ascendenti per un’azione esercitabile in sede separatizia o divorzile, ma in un giudizio separato azionato in via diretta dagli ascendenti stessi. Questo significa che gli ascendenti hanno una loro autonoma legittimazione ad agire per veder riconosciuto il proprio diritto a mantenere rapporti con i nipoti, ma in un procedimento distinto da quello di separazione o divorzio.
D’altra parte, nel giudizio di separazione, dove le parti sono rappresentate esclusivamente dai coniugi che esercitano la responsabilità genitoriale sui figli minori, si fa riferimento alle norme di cui agli articoli 337-ter e seguenti del codice civile, che assegnano ai genitori la legittimazione in ordine alle controversie aventi ad oggetto la regolamentazione della responsabilità genitoriale o le modalità di affidamento, in un’ottica di esclusivo interesse prevalente del minore. In questo contesto, il genitore può e deve tutelare l’interesse del minore a mantenere rapporti significativi con i nonni e gli altri parenti, quando tali rapporti siano ostacolati dall’altro genitore.
La decisione della Cassazione valorizza il principio del superiore interesse del minore, riconoscendo che la tutela del suo diritto a mantenere relazioni significative con entrambi i rami familiari è parte integrante del giudizio sulla regolamentazione della responsabilità genitoriale in caso di separazione. Questa interpretazione è in linea con l’evoluzione della concezione giuridica della famiglia, che sempre più riconosce l’importanza delle relazioni affettive che il minore sviluppa non solo con i genitori ma con tutti i membri del nucleo familiare allargato, in particolare con i nonni, che spesso rappresentano un punto di riferimento fondamentale nella crescita emotiva e sociale dei nipoti.
La sentenza si inserisce quindi nel filone giurisprudenziale che tende a garantire la continuità delle relazioni familiari anche in caso di crisi della famiglia, valorizzando il ruolo di tutti i soggetti che contribuiscono alla crescita equilibrata del minore. Nello stesso tempo, la pronuncia mantiene ferma la distinzione tra le diverse azioni a tutela dei rapporti familiari, riconoscendo la specificità dell’azione autonoma degli ascendenti ai sensi dell’articolo 317-bis del codice civile, ma chiarendo che nel contesto del giudizio di separazione la legittimazione a tutelare l’interesse del minore a mantenere rapporti con i nonni spetta al genitore.
La Corte ha inoltre ribadito la competenza specifica del tribunale per i minorenni per le controversie di cui all’articolo 317-bis del codice civile, anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario, confermando la giurisprudenza costituzionale sul punto. Questo orientamento si giustifica con la diversità delle parti in giudizio e degli interessi in contesa nei due procedimenti, che rende inopportuno un cumulo processuale.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“L’art. 317 bis c.c. stabilisce che ‘Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma’. Tale norma ha introdotto nell’ordinamento il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i loro nipoti minorenni subordinando però tale diritto al prevalente interesse del minore. Tale norma non inerisce l’ambito del giudizio di separazione e divorzio in cui le parti sono rappresentate esclusivamente dai coniugi che esercitano la responsabilità genitoriale sui figli minori e che, in caso di dissidio, deve essere regolamentata dal giudice all’esito del giudizio sul rapporto di coniugio. In altri termini, la disposizione non regola una legittimazione degli ascendenti per un’azione esercitabile in sede separatizia o divorzile, ma in un giudizio separato azionato in via diretta dagli ascendenti. […] In tale quadro è da osservarsi come la tutela dell’interesse del minore a veder realizzato un rapporto significativo con i nonni laddove ostacolato da uno dei genitori non possa che trovare tutela nel giudizio di separazione con l’attribuzione della legittimazione al genitore che denuncia le condotte ostative e quindi nocive per il minore nell’ambito delle domande volte a richiedere la regolamentazione dei rapporti non solo fra genitori e figli, ma anche fra ascendenti e nipoti al fine di tutelare l’interesse prevalente di questi ultimi ad un sano ed equilibrato sviluppo affettivo anche con la frequentazione della propria famiglia di origine. […] In conclusione, il motivo è fondato, perché nel giudizio di separazione il genitore è ben legittimato a richiedere la regolamentazione dei rapporti fra ascendenti e nipoti in caso di condotte ostative da parte dell’altro genitore, ai sensi degli articoli 337 ter e seguenti c.c.”
(Corte di Cassazione, Sez. I, Ord. n. 3539/2025)