Distanze legali tra costruzioni e risarcimento danni: Sentenza Tribunale di Latina 2016

Distanze legali tra costruzioni e risarcimento danni: Sentenza Tribunale di Latina 2016

È lecito costruire a ridosso del confine del vicino, violando le distanze minime previste dalla legge? Quali sono le conseguenze per chi realizza opere edilizie illegittime? La sentenza del Tribunale di Latina del 2016 affronta queste spinose questioni, offrendo chiarimenti sulla normativa applicabile e sugli orientamenti giurisprudenziali in materia di distanze tra fabbricati e risarcimento dei danni derivanti dalla loro violazione. Cosa ha deciso il giudice in questo caso? Scopriamolo insieme.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La controversia oggetto della sentenza del Tribunale di Latina riguarda due proprietà confinanti. La proprietaria del fondo dominante ha citato in giudizio la proprietaria del fondo servente, lamentando la realizzazione di opere edilizie (una costruzione e una tettoia) a distanza inferiore a quella legale, con contestuale costituzione di un’illegittima veduta. L’attrice ha chiesto al giudice di dichiarare la violazione delle distanze legali, l’inesistenza di servitù di veduta, ordinando la demolizione o l’arretramento delle opere, oltre al risarcimento dei danni subiti, quantificati in 25.000 euro.

La convenuta si è opposta, sostenendo che le opere contestate fossero preesistenti, risalenti agli anni ’70, e semplicemente ristrutturate nel 2009, non soggette quindi al rispetto delle distanze minime. Ha dedotto inoltre che all’epoca della loro realizzazione il fabbricato dell’attrice non esisteva ancora, rivendicando quindi l’esercizio del diritto di prevenzione. Ha contestato anche la sussistenza di servitù di veduta e di qualsivoglia danno. In via riconvenzionale, ha domandato l’accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto a mantenere i manufatti nella collocazione attuale e della servitù di veduta, chiedendo l’arretramento del fabbricato dell’attrice di 10 metri in base alle norme del PRG locale, oltre al risarcimento dei danni per 20.000 euro e ulteriori 5.000 euro per lite temeraria.

NORMATIVA E PRECEDENTI NORMATIVA E PRECEDENTI

La disciplina delle distanze tra costruzioni trova il suo fondamento normativo nel Codice Civile, agli articoli 873 e seguenti. L’art. 873 c.c., in particolare, sancisce il principio generale per cui le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a una distanza non minore di 3 metri, salvo diverse previsioni dei regolamenti locali.

Nell’ambito della legislazione speciale, un ruolo di primo piano spetta al D.M. 1444/1968, il cui art. 9 impone una distanza minima inderogabile di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Si tratta di una prescrizione posta a tutela di fondamentali esigenze igienico-sanitarie, quali l’areazione, l’illuminazione e la salubrità degli ambienti, che prevale anche su difformi disposizioni degli strumenti urbanistici locali. La cogenza di tale norma è stata più volte rimarcata dalla giurisprudenza amministrativa (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 31/03/2015, n. 1679).

L’operatività dell’art. 9 D.M. 1444/1968, peraltro, è circoscritta ai Comuni che si siano dotati di piani regolatori generali (PRG) successivamente all’entrata in vigore dello stesso decreto (cfr. Cassazione civile, sez. II, 31/12/2014, n. 27558). Nel caso di specie, tale requisito risulta soddisfatto, avendo il Comune di Fondi approvato il proprio PRG in data 20/03/1978.

Un profilo di frequente scrutinio giurisprudenziale attiene alla qualificazione degli interventi edilizi ai fini del rispetto delle distanze legali. È pacifico che le nuove costruzioni vi siano sempre soggette, a prescindere dalla loro entità. Più controversa la questione delle ristrutturazioni e, in particolare, delle sopraelevazioni di edifici preesistenti.

Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione, con la nota sentenza n. 21578/2011, hanno affermato il principio per cui “la sopraelevazione di un edificio preesistente, in quanto determina un incremento della volumetria e della superficie dell’immobile, deve essere considerata, ai fini delle distanze, come una nuova costruzione“. L’orientamento è stato successivamente ribadito da numerose pronunce (tra le più recenti, Cassazione civile, sez. II, 05/03/2019, n. 6312; Cassazione civile, sez. VI, 28/05/2018, n. 13205), le quali hanno precisato come ai fini della qualificazione “nuova costruzione” rilevi il solo dato oggettivo dell’aumento di volume o superficie, a nulla rilevando la consistenza del fabbricato sottostante.

In applicazione di tali principi, anche modifiche solo parziali a edifici preesistenti, come sopraelevazioni o addizioni volumetriche, sono assoggettate al rispetto delle (sopravvenute) distanze legali. Al contrario, gli interventi di semplice ristrutturazione o manutenzione, che non alterano sagoma e consistenza del fabbricato, vi si sottraggono, in virtù del principio tempus regit actum.

Non sono invece idonei a legittimare il mantenimento di distanze inferiori a quelle legali né il c.d. diritto di prevenzione, riconosciuto a chi costruisce per primo a distanza legale dal confine (nel caso in esame inapplicabile ratione temporis), né l’eventuale usucapione ventennale del diritto a mantenere la costruzione a distanza illegale, che presuppone il decorso del termine al momento della proposizione della domanda giudiziale.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Nel caso di specie, all’esito dell’istruttoria svolta anche tramite CTU, il Tribunale di Latina ha accertato che le opere oggetto di causa sono state realizzate in epoca successiva al fabbricato dell’attrice, già esistente al 1981. Per la convenuta non può quindi invocarsi alcun diritto di prevenzione. Né risulta provata l’intervenuta usucapione della servitù di veduta o del diritto a mantenere i manufatti a distanze inferiori, non essendo decorso il ventennio al momento dell’instaurazione del giudizio.

Le modifiche apportate dalla convenuta nel 2009, pur di entità ridotta (sopraelevazione dei muri perimetrali di soli 20 cm), hanno comportato un oggettivo aumento di volumetria e un mutamento della sagoma, oltre che della destinazione d’uso (da porcilaia a deposito) e delle caratteristiche costruttive (da tetto spiovente a lastrico praticabile con scala). Ciò vale a qualificare l’intervento come nuova costruzione, soggetta al rispetto delle distanze legali, nella specie violate.

Da qui la condanna della convenuta alla riduzione in pristino, con demolizione o arretramento dei corpi di fabbrica sino a 10 metri dalla parete finestrata dell’edificio dell’attrice. Viene altresì riconosciuto a quest’ultima il risarcimento dei danni subiti, quantificati dal giudice in via equitativa in 225 euro per ogni anno di abusiva permanenza delle opere, a far data dall’instaurazione della lite.

Rigettate invece le domande riconvenzionali di accertamento dell’usucapione e di arretramento del porticato dell’attrice, risultando quest’ultimo realizzato prima del 1986 e comunque rispettoso delle distanze dal confine e dalle costruzioni dell’attrice.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura dell’estratto della sentenza.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“…Vertendosi in tema di distanze tra costruzioni e dai confini, è opportuno chiarire quali siano le norme applicabili, in quanto sia parte attrice che parte convenuta fanno generico riferimento alle norme del codice civile ed a quelle del PRG del Comune di Fondi.

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