Doppia cessione del credito non provata: il Tribunale di Lecce revoca il decreto ingiuntivo per difetto di legittimazione attiva (2024)

Nel panorama giuridico italiano, la cessione del credito rappresenta un istituto di fondamentale importanza, soprattutto nel contesto delle operazioni finanziarie e di recupero crediti. Ma cosa accade quando la legittimazione del cessionario a far valere il credito in giudizio viene messa in discussione? Una recente sentenza del Tribunale di Lecce del 2024 affronta proprio questa delicata questione, sollevando interrogativi cruciali sulla prova della titolarità del credito e sulle conseguenze processuali di un’insufficiente dimostrazione della catena di cessioni. Il caso in esame offre spunti di riflessione non solo per gli operatori del diritto, ma anche per chiunque si trovi coinvolto in controversie legate a crediti ceduti.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria in esame trae origine da un’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dinanzi al Tribunale di Lecce. Il caso vede contrapposte due parti: da un lato, l’opponente, un privato cittadino; dall’altro, l’opposta, una società che si presenta come cessionaria di un credito originariamente vantato da un istituto bancario.

Il 19 gennaio 2023, l’opponente cita in giudizio la società opposta, contestando la legittimità del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. Le doglianze dell’opponente si articolano su diversi fronti: in primo luogo, viene eccepito il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, previsto dalla normativa vigente. In secondo luogo, e questo si rivelerà il punto cruciale della controversia, l’opponente solleva la questione del difetto di legittimazione attiva della società opposta.

Il nodo centrale della disputa ruota attorno alla prova della titolarità del credito da parte della società che ha ottenuto il decreto ingiuntivo. Secondo la ricostruzione offerta in giudizio, il credito originario sarebbe stato oggetto di una duplice cessione: dapprima dall’istituto bancario originario creditore ad una prima società, e successivamente da quest’ultima alla società opposta nel presente giudizio.

La società opposta, costituitasi in giudizio il 15 maggio 2023, respinge le eccezioni sollevate dall’opponente, sostenendo la piena legittimità della propria posizione e la validità del decreto ingiuntivo ottenuto. A supporto delle proprie ragioni, produce documentazione relativa alle cessioni del credito, tra cui avvisi di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e contratti.

Tuttavia, emerge sin da subito una criticità nella documentazione fornita: mentre per la prima cessione viene prodotto l’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per la seconda cessione – quella che dovrebbe dimostrare l’acquisizione del credito da parte della società opposta – la documentazione appare lacunosa e non pienamente intellegibile.

In particolare, viene presentato un contratto in lingua inglese, parzialmente oscurato, che non consente di identificare con precisione l’oggetto della cessione e, di conseguenza, di verificare se il credito vantato nei confronti dell’opponente sia effettivamente incluso in tale operazione.

La causa procede con una fase istruttoria basata essenzialmente sulla produzione documentale, culminando nell’udienza del 10 maggio 2024, durante la quale le parti precisano le rispettive conclusioni. Il giudice, a questo punto, trattiene la causa in decisione, concedendo i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e eventuali repliche.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel contesto normativo che regola la cessione del credito e la legittimazione ad agire in giudizio, toccando aspetti sia sostanziali che processuali del diritto civile italiano.

In primo luogo, occorre richiamare la disciplina codicistica della cessione del credito, regolata dagli articoli 1260 e seguenti del Codice Civile. In particolare, l’art. 1260 c.c. stabilisce il principio generale secondo cui il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.

Di fondamentale importanza per il caso in esame è l’art. 1264 c.c., che disciplina l’efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto. La norma prevede che la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Questo aspetto è rilevante nel caso di specie, dove si fa riferimento a una notifica ex art. 1264 c.c. trasmessa da una società mandataria per il recupero crediti.

Sul piano processuale, il fulcro della questione ruota attorno al concetto di legittimazione attiva, principio fondamentale del diritto processuale civile italiano. La legittimazione ad agire, o legittimazione attiva, è la titolarità del potere di promuovere un giudizio in relazione ad una determinata situazione sostanziale. Nel contesto di una cessione del credito, il cessionario subentra nella posizione del cedente e acquista, di conseguenza, la legittimazione ad agire per far valere il credito in giudizio.

Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza, la prova della legittimazione attiva in caso di cessione del credito richiede una dimostrazione rigorosa. A questo proposito, è opportuno citare la recente ordinanza della Cassazione Civile, Sez. II, n. 17944 del 22/06/2023, richiamata anche nella sentenza in esame. Questa pronuncia ha ribadito l’importanza di una prova puntuale e completa della catena di cessioni, soprattutto in presenza di cessioni multiple.

Per quanto riguarda la pubblicazione delle cessioni di crediti in massa, viene in rilievo l’art. 58 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993), che prevede la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione. Tuttavia, come sottolineato dalla giurisprudenza, tale pubblicazione non è di per sé sufficiente a provare l’inclusione di uno specifico credito nell’ambito della cessione, soprattutto quando si tratta di cessioni multiple e complesse.

Nel caso specifico, il giudice fa riferimento anche alla normativa sulla produzione di documenti in lingua straniera nel processo civile italiano. Sebbene non venga citato esplicitamente, il principio generale è che i documenti redatti in lingua straniera devono essere accompagnati da una traduzione certificata conforme al testo straniero, come previsto dall’art. 122 c.p.c.

Infine, per quanto riguarda l’aspetto probatorio, è importante richiamare l’art. 2697 c.c., che pone l’onere della prova a carico di chi vuol far valere un diritto in giudizio. Nel contesto di un’opposizione a decreto ingiuntivo basata sul difetto di legittimazione attiva del creditore, spetta quindi alla parte che ha ottenuto il decreto dimostrare la propria titolarità del credito.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Lecce, nella sentenza in esame, accoglie l’opposizione proposta dal debitore, revocando il decreto ingiuntivo precedentemente emesso. La decisione si fonda principalmente sul riconoscimento del difetto di legittimazione attiva della società opposta, cessionaria del credito.

Il giudice affronta la questione partendo dall’analisi della documentazione prodotta dalla società opposta a sostegno della propria legittimazione. Emerge immediatamente una criticità: mentre per la prima cessione del credito (dall’istituto bancario originario alla prima società cessionaria) viene prodotto l’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per la seconda cessione (dalla prima società cessionaria alla società opposta) la documentazione risulta insufficiente e poco chiara.

In particolare, il Tribunale evidenzia come la seconda cessione sia documentata solo attraverso un avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e un contratto in lingua inglese, peraltro parzialmente oscurato. Questa documentazione viene ritenuta inadeguata a provare l’effettiva inclusione del credito in questione nell’oggetto della cessione.

Il giudice sottolinea l’importanza di una prova puntuale e completa della catena di cessioni, soprattutto in presenza di cessioni multiple. A tal proposito, viene richiamata la recente ordinanza della Cassazione Civile, Sez. II, n. 17944 del 22/06/2023, che ha ribadito la necessità di una dimostrazione rigorosa della legittimazione attiva in simili circostanze.

Un elemento cruciale nella decisione è l’impossibilità di verificare con esattezza l’oggetto della seconda cessione. Il contratto in lingua inglese, oltre ad essere parzialmente oscurato, non consente di individuare con precisione quali crediti siano stati effettivamente trasferiti. Questo impedisce al giudice di accertare se l’esposizione debitoria dell’opponente sia effettivamente inclusa nella cessione.

Il Tribunale critica anche la mancata produzione dei contratti integrali relativi a entrambe le cessioni, sottolineando come tale omissione impedisca una verifica completa della continuità delle cessioni intervenute.

Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda la notifica ex art. 1264 c.c. trasmessa da una società mandataria per il recupero crediti. Il giudice ritiene che tale documento non sia idoneo a provare l’intervenuta cessione del credito, evidenziando così la distinzione tra la mera attività di recupero crediti e l’effettiva titolarità del credito stesso.

La decisione del Tribunale di Lecce si allinea con un orientamento giurisprudenziale che richiede una prova rigorosa della legittimazione attiva in caso di cessioni multiple di crediti. Questo approccio mira a tutelare il debitore ceduto, garantendo che il soggetto che agisce in giudizio sia effettivamente il titolare del credito.

In conclusione, il giudice, ritenendo non provata la continuità delle cessioni intervenute con il credito oggetto del giudizio, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo. Questa decisione sottolinea l’importanza di una documentazione completa e chiara nelle operazioni di cessione del credito, specialmente quando queste coinvolgono più passaggi e soggetti diversi.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“L’opposizione è fondata e merita accoglimento. Preliminarmente va esaminato l’eccepito difetto di legitimazione ad agire dell’opposta formulato dall’opponente.

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