I presupposti del procedimento di interdizione (Trib. Lecce, sent. n. 1993/2023)
Il procedimento di interdizione rappresenta un importante strumento giuridico volto a tutelare gli individui affetti da un’infermità di mente che comprometta la loro sfera intellettiva e volitiva, rendendoli completamente incapaci di provvedere ai propri interessi.
In questa sede, esamineremo un estratto significativo della sentenza del Tribunale di Lecce (sent. n. 1993/2023), il quale offre importanti indicazioni sui presupposti necessari per ottenere un provvedimento di interdizione.
Presupposti interdizione: valutazione dell’infermità di mente e i suoi caratteri
Secondo la sentenza in questione, il giudice del procedimento di interdizione deve valutare se il soggetto interessato sia affetto da un’infermità di mente caratterizzata dalla presenza di uno stato di malattia duraturo, anche se non necessariamente irreversibile, e che influisca negativamente sia sulla sfera intellettiva che su quella volitiva della persona. In altre parole, l’infermità deve essere abituale e compromettere in maniera completa la capacità di comprendere e di manifestare la volontà.
L’interrogatorio dell’interdicendo come strumento primario di valutazione
Un importante strumento utilizzato per accertare la compromissione delle facoltà intellettive e volitive del soggetto è l‘interrogatorio dell’interdicendo. L’articolo 714 del Codice di Procedura Civile (c.p.c.) lo impone come un presupposto necessario per la pronuncia dell’interdizione e rappresenta una fonte primaria di convincimento per il giudice. Attraverso l’interrogatorio, si cerca di valutare lo stato di coscienza, soprattutto la libertà del volere, del soggetto oggetto del procedimento.
La scelta tra interdizione e amministrazione di sostegno
La sentenza del Tribunale di Lecce richiama una consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la decisione del giudice tra l’interdizione e l’amministrazione di sostegno non dovrebbe basarsi tanto sul grado di infermità psichica del soggetto, quanto sull’idoneità della misura ad affrontare le specifiche esigenze del soggetto stesso. La flessibilità e l’agilità dell’amministrazione di sostegno sono considerate maggiori rispetto all’istituto dell’interdizione, rendendo quest’ultima una misura residuale. Tuttavia, nel caso in cui il beneficiario sia un individuo anziano, con condizioni psicofisiche precarie e in continua peggioramento, e presenti una chiara riduzione delle capacità cognitive e delle relazioni affettive e interpersonali, l’interdizione potrebbe risultare preferibile all’amministrazione di sostegno. Questo è particolarmente vero se il beneficiario possiede un notevole patrimonio che richiede la gestione di un tutore, e non l’applicazione dell’art. 405 comma 5 nn. 3 e 4 del Codice Civile.
Conclusioni
Il procedimento di interdizione rappresenta uno strumento giuridico volto a proteggere gli individui che sono completamente incapaci di provvedere ai propri interessi a causa di un’infermità di mente. La valutazione di questa incapacità richiede un’attenta analisi delle facoltà intellettive e volitive del soggetto, spesso effettuata attraverso l’interrogatorio dell’interdicendo. La scelta tra l’interdizione e l’amministrazione di sostegno dipende dalle specifiche esigenze del beneficiario e dalla capacità delle misure di tutela di adeguarsi a tali esigenze. In alcuni casi, come quelli in cui vi è una significativa riduzione delle capacità cognitive e un notevole patrimonio da gestire, l’interdizione può risultare la soluzione più appropriata.
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