L’azione di riduzione nelle successioni

L’azione di riduzione nelle successioni

Nel complesso panorama delle successioni ereditarie, l’azione di riduzione riveste un ruolo di fondamentale importanza, delineando i confini delle quote ereditarie riservate e disponibili. Per comprendere appieno le caratteristiche di tale azione, è necessario esaminare preliminarmente concetti quali la quota ereditaria riservata, la porzione legittima e la quota disponibile.

Ogni patrimonio ereditario è diviso concettualmente in due parti: una disponibile, soggetta alla libera disposizione mediante testamento o donazione, e un’altra indisponibile, riservata ai legittimari secondo il codice civile italiano (art. 536 c.c.). Questi legittimari sono chiamati ad acquisire una quota minima del patrimonio del defunto, denominata “legittima“, affinché possano ottenere effettivamente la parte di patrimonio loro spettante per legge.

L’azione di riduzione, nell’ambito delle successioni necessarie, mira a ottenere l’annullamento di disposizioni testamentarie o donazioni che ledono i diritti dei legittimari. Essa si compone di tre azioni autonome ma correlate: l’azione di riduzione “in senso stretto” (art. 553 c.c.), l’azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte e l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti.

Per intraprendere l’azione di riduzione, il legittimario leso deve soddisfare due condizioni fondamentali: l’accettazione con beneficio di inventario (art. 564 c.c.) e l’imputazione di cessione e/o donazione da parte del defunto (art. 564 c.c.). Solo in presenza di tali requisiti minimi il legittimario può avviare il procedimento legale.

È importante distinguere l’azione di riduzione da altre azioni legali come la rescissione e la risoluzione, poiché queste ultime si applicano a negozi caratterizzati da vizi originari o sopravvenuti, mentre l’azione di riduzione ha lo scopo di rendere inefficaci le disposizioni lesive solo nei confronti del legittimario.

La giurisprudenza italiana, soprattutto la Corte di Cassazione, ha confermato che le disposizioni testamentarie e donative riducibili sono valide in sé e possono essere rendute inefficaci solo attraverso l’azione di riduzione. Tuttavia, nel caso di invalidità, queste disposizioni devono essere impugnate con le azioni appropriate.

L’effetto dell’accoglimento dell’azione di riduzione comporta diverse fasi: l’accertamento della legittimità del richiedente, la verifica della lesione o pretermissione, la ridefinizione delle quote ereditarie e infine la dichiarazione di inefficacia delle disposizioni lesive.

L’azione di riduzione è personale e può essere esperita solo contro i beneficiari delle disposizioni ridotte, come legatari, eredi testamentari e donatari. Non è applicabile erga omnes o verso qualsiasi possessore dei beni oggetto delle liberalità riducibili.

In conclusione, l’azione di riduzione costituisce uno strumento legale essenziale per tutelare i diritti dei legittimari nelle successioni ereditarie, delineando con precisione i limiti delle disposizioni testamentarie e delle donazioni. La sua corretta applicazione richiede una conoscenza approfondita delle norme di legge e delle sentenze giurisprudenziali pertinenti.

Avv. Cosimo Montinaro

(avvocato esperto in successioni ed eredità)

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