Lesione del nervo sciatico durante intervento chirurgico: responsabilità della struttura sanitaria e del medico non dipendente. Corte d’Appello di Bologna, 2024

La Corte d’Appello di Bologna nel 2024 ha affrontato un caso significativo di responsabilità medica, ribaltando la sentenza di primo grado. La vicenda riguarda una paziente che ha subito la lesione del nervo sciatico durante un intervento di protesi all’anca, con conseguente invalidità permanente. La Corte ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria, condannandola al risarcimento del danno. Ha inoltre accolto la domanda di regresso della clinica nei confronti del chirurgo non dipendente e la richiesta di manleva verso la compagnia assicurativa. La sentenza offre importanti chiarimenti in materia di onere della prova, responsabilità solidale e copertura assicurativa nel contesto sanitario.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso in esame trae origine da un intervento chirurgico di artroprotesi all’anca destra effettuato il 18 febbraio 2011 presso una struttura sanitaria privata. Durante l’operazione, la paziente ha subito una lesione irreversibile del nervo sciatico destro, con conseguenti danni permanenti. In seguito a tale evento, la donna ha intentato causa nei confronti della casa di cura, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla lesione subita.

In primo grado, il Tribunale di Forlì ha rigettato la domanda risarcitoria della paziente, ritenendo che non fossero emersi elementi di responsabilità a carico dei sanitari e che l’attrice non avesse adeguatamente allegato uno specifico inadempimento qualificato da parte della struttura. La sentenza di primo grado ha inoltre condannato la paziente al pagamento delle spese processuali in favore di tutte le parti convenute.

Avverso tale decisione, la paziente ha proposto appello dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna, chiedendo l’accoglimento della sua domanda risarcitoria e, in subordine, la riforma della pronuncia sulle spese processuali. La casa di cura, il chirurgo e la compagnia assicurativa si sono costituiti in giudizio, resistendo all’appello e riproponendo, in via subordinata, le domande di manleva e l’eccezione di inoperatività della garanzia assicurativa.

Nel corso del procedimento di appello, è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per chiarire gli aspetti medico-legali della vicenda. La CTU ha accertato che la lesione del nervo sciatico si era effettivamente prodotta durante l’intervento chirurgico e che non erano emersi problemi tecnici di speciale difficoltà nell’esecuzione dell’operazione. Inoltre, è stata quantificata l’entità del danno biologico subito dalla paziente, consistente in un’invalidità permanente del 20%, oltre a periodi di inabilità temporanea.

La Corte d’Appello ha quindi proceduto all’esame delle questioni giuridiche sollevate dalle parti, con particolare attenzione al riparto dell’onere della prova in materia di responsabilità medica, alla valutazione della condotta dei sanitari e della struttura, nonché all’interpretazione delle clausole del contratto di assicurazione stipulato dalla casa di cura.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La Corte d’Appello di Bologna ha fondato la sua decisione su un articolato quadro normativo e giurisprudenziale in materia di responsabilità medica. In particolare, ha richiamato i principi consolidati relativi alla natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria e al conseguente riparto dell’onere della prova.

Il riferimento principale è all’art. 1218 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità del debitore per l’inadempimento delle obbligazioni. In base a tale norma e alla costante interpretazione giurisprudenziale, nella responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per danno alla salute, il paziente (creditore/danneggiato) deve provare il contratto, il danno e il nesso causale tra la condotta del debitore e il danno, mentre è sufficiente che alleghi l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.

La Corte ha inoltre richiamato gli artt. 1176 e 1228 del Codice Civile, relativi rispettivamente alla diligenza nell’adempimento e alla responsabilità per fatto degli ausiliari. In particolare, l’art. 1228 c.c. è stato applicato per affermare la responsabilità della struttura sanitaria per l’operato del chirurgo, anche se non dipendente ma operante in regime di libera professione.

In merito ai precedenti giurisprudenziali, la sentenza cita diverse pronunce della Corte di Cassazione che hanno consolidato i principi in materia di responsabilità medica. Tra queste, si menzionano:

  • Cass. 10050/22 e 28991/19, che ribadiscono il principio secondo cui, una volta che il paziente abbia dimostrato il contratto e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione, spetta alla struttura sanitaria provare che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.
  • Cass. 7074/24, che precisa i limiti dell’onere di allegazione del paziente, il quale non è tenuto a enucleare specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conoscibili soltanto dagli esperti del settore.
  • Cass. 35024/22, 24074/17, 12516/16 e 13328/15, che chiariscono come il verificarsi di una complicanza, pur statisticamente rilevabile, non sia di per sé sufficiente a escludere la responsabilità della struttura sanitaria, essendo necessario dimostrare che tale complicanza sia stata determinata da un evento imprevisto e imprevedibile secondo la diligenza qualificata.

Per quanto riguarda la responsabilità solidale tra struttura sanitaria e medico non dipendente, la Corte ha fatto riferimento a Cass. 28987/19, 29001/21 e 34516/23, che hanno stabilito il criterio presuntivo di ripartizione paritaria della responsabilità nei rapporti interni, salvo la prova di una condotta del medico eccezionalmente grave e imprevedibile.

Infine, in materia di interpretazione del contratto di assicurazione, la Corte ha richiamato i principi generali sull’interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. c.c.) e la giurisprudenza relativa all’onere della prova in tema di limitazioni della garanzia assicurativa, citando Cass. 5625/20 e 1168/20.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte d’Appello di Bologna ha accolto l’appello proposto dalla paziente, riformando integralmente la sentenza di primo grado. L’analisi della Corte si è concentrata su diversi punti cruciali, che hanno portato al riconoscimento della responsabilità della struttura sanitaria e all’accoglimento delle domande di regresso e manleva.

In primo luogo, la Corte ha ritenuto erronea l’interpretazione del Tribunale circa l’onere di allegazione gravante sulla paziente. Ha chiarito che, in un caso di responsabilità medica, è sufficiente che il paziente alleghi l’esistenza del contratto, il danno subito e il nesso causale tra la condotta medica e il danno, senza dover specificare nel dettaglio le modalità tecniche attraverso cui si è prodotta la lesione. Nel caso di specie, la paziente aveva correttamente allegato questi elementi, indicando la lesione del nervo sciatico come conseguenza dell’intervento chirurgico.

La Corte ha poi esaminato gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, che ha confermato la produzione della lesione durante l’intervento, in assenza di problemi tecnici di speciale difficoltà. Ha rilevato che né la struttura sanitaria né il chirurgo hanno fornito la prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 c.c., non avendo dimostrato né la correttezza dell’adempimento né l’esistenza di una causa esterna imprevedibile e inevitabile che avesse reso impossibile la corretta esecuzione della prestazione.

Particolare attenzione è stata dedicata al tema delle “complicanze“. La Corte ha sottolineato che il fatto che un certo tipo di danno costituisca una possibile complicanza del trattamento sanitario non è sufficiente a integrare la prova liberatoria dalla responsabilità contrattuale. Spetta al professionista dimostrare che la complicanza, pur statisticamente rilevabile, sia stata determinata in quello specifico caso da un evento imprevisto e imprevedibile secondo la diligenza qualificata.

Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha dichiarato la responsabilità della struttura sanitaria per il danno subito dalla paziente. Ha quindi proceduto alla liquidazione del danno, quantificando il danno biologico, il danno morale e il danno patrimoniale emergente e da lucro cessante, per un totale di oltre 318.000 euro.

In merito alla domanda di regresso proposta dalla struttura nei confronti del chirurgo, la Corte ha applicato il principio della ripartizione paritaria della responsabilità nei rapporti interni, condannando il medico a tenere indenne la clinica del 50% di quanto questa dovrà corrispondere alla paziente. Tale decisione si basa sul consolidato orientamento giurisprudenziale che riconosce una responsabilità condivisa tra struttura e medico, salvo la prova di una condotta eccezionalmente grave e imprevedibile del sanitario, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Infine, la Corte ha accolto la domanda di manleva della struttura sanitaria nei confronti della compagnia assicurativa. Ha respinto l’eccezione di inoperatività della polizza sollevata dall’assicurazione, interpretando le clausole contrattuali nel senso di includere la copertura per la responsabilità della struttura derivante dall’operato di medici non dipendenti. La Corte ha inoltre escluso l’applicabilità della franchigia, ritenendo tardiva l’eccezione sollevata dalla compagnia in primo grado.

In conclusione, la decisione della Corte d’Appello di Bologna offre un’importante riaffermazione dei principi in materia di responsabilità medica, con particolare attenzione al riparto dell’onere della prova e alla valutazione delle complicanze. Inoltre, fornisce utili indicazioni sull’interpretazione delle polizze assicurative nel contesto sanitario e sulla ripartizione della responsabilità tra struttura e medico non dipendente.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Il Tribunale mostra di avere, di fatto, sovrapposto il tema dell’onere di allegazione con quello dell’onere della prova. Il riferimento alla mancata ‘allegazione di qualificate inadempienze’ è errato: la [paziente], allegati il titolo della pretesa, ossia il rapporto contrattuale con la causa di cura, e la lesione da lei riportata, cui sono collegati i danni, patrimoniali e non, oggetto della domanda risarcitoria, ha altresì affermato la dipendenza causale di tali danni da un inadempimento della convenuta “qualificato” perché chiaramente specificato, ossia l’intervenuta lesione del nervo sciatico nel corso dell’operazione di protesizzazione dell’anca.

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