Nullità parziale delle fideiussioni omnibus per intesa anticoncorrenziale ABI: sentenza Tribunale di Roma 2024

Nullità parziale delle fideiussioni omnibus per intesa anticoncorrenziale ABI: sentenza Tribunale di Roma 2024

In un’epoca in cui la tutela della concorrenza è divenuta un cardine dell’economia di mercato, il caso in esame solleva una questione controversa: qual è il destino dei contratti di fideiussione stipulati dalle banche quando le clausole in essi contenute sono frutto di un’intesa anticoncorrenziale? Il Tribunale di Roma, con una sentenza del 2024, ha affrontato questa delicata problematica, gettando luce su un tema di estrema rilevanza per il mondo del credito e dei consumatori. La decisione sfida le consuetudini radicate nel settore bancario, ponendo l’accento sulla necessità di bilanciare gli interessi in gioco. Ma quali sono le implicazioni concrete di questa pronuncia? Scopriamolo insieme.

INDICE

  1. ESPOSIZIONE DEI FATTI
  2. NORMATIVA E PRECEDENTI
  3. DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  4. MASSIMA RISOLUTIVA DELLA SENTENZA
  5. IMPLICAZIONI PRATICHE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso affrontato dal Tribunale di Roma nel 2024 trae origine da un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) risalente al 2005. In quell’occasione, l’AGCM aveva esaminato lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto nel 2003 dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e, all’esito di un’istruttoria, aveva ritenuto che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema fossero in violazione dell’articolo 2 della Legge n. 287/1990 (la cosiddetta “Legge Antitrust”). Tali clausole, a giudizio dell’Autorità, addossavano in modo ingiustificato al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca o dall’invalidità dell’obbligazione principale.

Successivamente, due persone fisiche, indicate nell’atto come AB e CD, avevano sottoscritto con una banca una fideiussione omnibus contenente le medesime clausole oggetto del provvedimento dell’AGCM. Ritenendole nulle per violazione delle norme a tutela della concorrenza, AB e CD citavano in giudizio la banca, chiedendo al Tribunale di dichiarare la nullità totale o parziale del contratto di fideiussione.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La questione sottoposta al vaglio del Tribunale di Roma trovava fondamento nella Legge n. 287/1990, il cui articolo 2 vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Tali intese sono sanzionate con la nullità ad ogni effetto (art. 2, comma 3).

Nel caso specifico, l’AGCM aveva ritenuto che lo schema contrattuale predisposto dall’ABI costituisse un’intesa vietata ai sensi dell’art. 2 della Legge Antitrust, in quanto le clausole contestate avrebbero determinato un irrigidimento del mercato, limitando la concorrenza tra gli istituti di credito.

La questione degli effetti della pronuncia dell’AGCM sui contratti di fideiussione “a valle” dell’intesa era stata affrontata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 41994/2021. In tale pronuncia, le Sezioni Unite avevano stabilito che tali contratti dovessero considerarsi parzialmente nulli, limitatamente alle clausole riproduttive di quelle dichiarate illecite dall’Autorità Garante.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Sulla scorta dei principi espressi dalla Cassazione, il Tribunale di Roma ha accolto parzialmente la domanda di AB e CD, dichiarando la nullità degli articoli 2, 6 e 8 della fideiussione sottoscritta, in quanto riproduttivi delle clausole dello schema ABI censurate dall’AGCM.

Secondo il Tribunale, la produzione in giudizio del provvedimento dell’Autorità Garante e la dimostrazione della corrispondenza tra le clausole della fideiussione e quelle dello schema ABI erano sufficienti a provare l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale e la natura “a valle” del contratto di fideiussione.

Il giudice ha quindi richiamato i principi espressi dalla Suprema Corte, secondo cui la nullità dell’intesa “a monte” si veicola nell’atto “a valle” per effetto della riproduzione in esso del contenuto del primo atto dichiarato nullo. La tutela più adeguata, pur salvaguardando l’interesse degli istituti di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, è stata individuata nella nullità parziale delle sole clausole illecite.

Una volta espunte tali clausole, il contratto di fideiussione potrebbe continuare a produrre i suoi effetti, in ossequio al principio di conservazione del negozio sancito dall’art. 1419 c.c.. Il Tribunale ha inoltre respinto le ulteriori domande proposte da AB e CD, ritenendo che non fosse stata fornita prova dell’insorgenza del diritto alla decadenza della banca dal potere di agire ex art. 1957 c.c. o della necessità di rettificare le segnalazioni dei nominativi dei fideiussori.

MASSIMA RISOLUTIVA DELLA SENTENZA

I contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione alle clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE devono dichiararsi parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducessero quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza – salvo che fosse desumibile dal contratto, o fosse altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.(TRIBUNALE DI ROMA, Sentenza n. 3914/2024)

IMPLICAZIONI PRATICHE

La sentenza in esame potrebbe avere significative ripercussioni sul settore bancario e sulla tutela dei consumatori. Dichiarando la nullità parziale delle fideiussioni omnibus nella parte in cui riproducono clausole frutto di intese anticoncorrenziali, il provvedimento mira a ripristinare un corretto equilibrio tra gli interessi delle parti e a promuovere una sana concorrenza tra gli istituti di credito.

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Avv. Cosimo Montinaro

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