Nullità parziale fideiussione omnibus ABI per violazione antitrust: sentenza Corte d’Appello di Bari 2024
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari ha riacceso il dibattito sulla validità delle fideiussioni omnibus predisposte dalle banche secondo lo schema contrattuale dell’ABI. Il caso in esame solleva una questione cruciale: quando può dirsi violata la normativa antitrust nella predisposizione di tali contratti? La risposta non è scontata e potrebbe avere ripercussioni significative per i garanti. Infatti, se viene accertata un’intesa anticoncorrenziale, le fideiussioni potrebbero essere dichiarate nulle, liberando i fideiussori dalle proprie obbligazioni. La Corte d’Appello di Bari ha affrontato tale problematica, fornendo importanti chiarimenti. Scopriamo insieme i dettagli di questa sentenza potenzialmente rivoluzionaria.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- MASSIMA RISOLUTIVA DELLA SENTENZA
- IMPLICAZIONI PRATICHE
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso trae origine da un decreto ingiuntivo emesso nel 2012 da un istituto di credito nei confronti di alcuni garanti, in forza di due contratti di fideiussione: una fideiussione omnibus del 2004 e una fideiussione specifica del 2006, entrambe rilasciate a garanzia di operazioni bancarie. I fideiussori opposero il decreto, eccependo la nullità totale o parziale delle garanzie per violazione della normativa antitrust.
Il Tribunale di Bari, con sentenza del 2020, accolse parzialmente l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando i garanti a corrispondere l’importo derivante dal saldo del mutuo garantito dalla fideiussione specifica del 2006.
Insoddisfatti, i garanti proposero appello, censurando l’omessa pronuncia sulla nullità della fideiussione omnibus del 2004 per violazione antitrust, oltre alla clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. contenuta nella fideiussione specifica del 2006.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Nel dirimere la controversia in esame, la Corte d’Appello di Bari ha dovuto confrontarsi con un articolato quadro normativo e giurisprudenziale in materia di nullità delle fideiussioni bancarie per violazione della disciplina antitrust.
Il perno normativo è rappresentato dall’art. 2, comma 2, lett. a) della Legge 10 ottobre 1990, n. 287, che vieta le intese restrittive della libertà di concorrenza mediante la costituzione diretta o indiretta di prezzi o altre condizioni contrattuali. Una disposizione speculare a quella contenuta nell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che sanziona gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.
Proprio la Banca d’Italia, nell’esercizio dei poteri di Autorità Garante della concorrenza nel settore del credito ad essa attribuiti ratione temporis, ha svolto un ruolo cruciale con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005. In tale delibera, l’Istituto censurò alcune clausole dello schema contrattuale di fideiussione a garanzia di operazioni bancarie (c.d. fideiussione omnibus) predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) nell’ottobre 2002, ritenendole in contrasto con la citata normativa antitrust per l’ingiustificato aggravio della posizione del fideiussore.
Le clausole nulle erano, in particolare, quelle degli artt. 2 (c.d. clausola di reviviscenza), 6 (rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.) e 8 (c.d. clausola di sopravvivenza) del modello ABI, diffuse in modo seriale ed uniforme dalle banche associate.
Il valore dirimente del provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia per le fideiussioni omnibus rilasciate fino al 2005 è stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che vi ha attribuito la valenza di “prova privilegiata” dell’esistenza dell’intesa illecita vietata dalla normativa antitrust (ex multis, Cass. 13846/2019, 11904/2014, 13486/2011).
Ciò in virtù di alcuni basilari principi espressi dalla Suprema Corte. Anzitutto, il rilievo secondo cui il contratto di fideiussione a valle costituisce “lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti” (Cass. 2305/2007). Inoltre, la valorizzazione del principio di complementarietà tra l’enforcement pubblico, attuato dall’Autorità Garante, e il private enforcement, realizzato dai singoli consumatori/utenti nei giudizi civili (Cass. 11904/2014). Infine, la considerazione dell’asimmetria informativa tra istituti bancari e clientela nella prova dell’intesa, con conseguente attribuzione di rilevanza probatoria agli accertamenti svolti dalla p.a. (Cass. 11904/2014).
Sempre la Cassazione ha peraltro delimitato l’ambito di operatività della “prova privilegiata“, ritenendola circoscritta alle sole fideiussioni omnibus conformi al modello ABI e rilasciate fino al 2005, non anche per quelle successive o per le differenti tipologie di garanzie bancarie, come le fideiussioni specifiche legate a singoli rapporti obbligatori (cfr. Cass. 24044/2019).
Quanto agli effetti della nullità parziale delle fideiussioni per illecita intesa, la strada è stata tracciata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 41994/2021, che ha optato per una soluzione intermedia tra la nullità totale e la piena validità del contratto a valle. Per il Supremo Collegio, infatti, i contratti di fideiussione omnibus a valle di intese parzialmente nulle sono parzialmente nulli ex artt. 2, comma 3, L. 287/1990 e 1419 c.c., limitatamente alle clausole contrarie alla disciplina antitrust, salva la prova dell’interdipendenza del resto del contratto.
È questa la cornice giuridica alla luce della quale la Corte d’Appello di Bari ha esaminato il caso concreto, con un percorso argomentativo attento nel collocarsi negli stretti binari tracciati dall’elaborazione giurisprudenziale.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Nel decidere il caso in esame, la Corte d’Appello di Bari ha operato un’attenta disamina degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia di nullità delle fideiussioni bancarie per violazione della normativa antitrust, applicandoli in modo puntuale alle due diverse tipologie di contratto dedotte in giudizio.
Come premesso, il leading case in materia è rappresentato dalla sentenza n. 41994/2021 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha enunciato il principio secondo cui i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante per violazione degli artt. 2, comma 2, lett. a) della L. 287/1990 e 101 TFUE in relazione alle sole clausole riproducenti quelle dello schema contrattuale costituente l’intesa vietata. Nullità parziale suscettibile di estendersi all’intero contratto solo ove sia provata l’interdipendenza del resto del negozio dalle clausole nulle.
Orbene, nel caso di specie, la Corte ha innanzitutto evidenziato come il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, che aveva censurato le clausole degli artt. 2, 6 e 8 dello schema di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI, costituisca una “prova privilegiata” dell’intesa illecita e della conseguente nullità parziale dei contratti di fideiussione omnibus conformi al modello ABI e stipulati fino al 2005. In ossequio al consolidato orientamento della Cassazione, tale provvedimento preclude alle parti di rimettere in discussione i fatti accertati in quella sede, attribuendo piena utilizzabilità agli accertamenti ivi contenuti, pena la negazione dell’effettività della tutela dei consumatori e delle stesse finalità dell’Autorità Garante.
Pertanto, avendo accertato la riproduzione pedissequa delle clausole nulle nel contratto di fideiussione omnibus del 2004, la Corte ne ha dichiarato la nullità parziale ex art. 1419 c.c., limitatamente alla clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (art. 6). Una decisione conforme al principio delle Sezioni Unite, che consente di preservare la validità del contratto per il resto, salvo che sia dimostrata l’interdipendenza delle clausole nulle rispetto all’intera operazione economica perseguita dalle parti.
Decisive, per la Corte, sono state le argomentazioni addotte dalla Cassazione a sostegno della soluzione della nullità parziale. In particolare, il rilievo secondo cui il contratto a valle costituisce “lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti“, sicché non può teorizzarsi una “profonda cesura” tra contratto a monte e contratto a valle, pena la negazione dell’intero assetto normativo antitrust. Nonché la valorizzazione del principio di complementarietà tra private e public enforcement e dell’evidente asimmetria informativa tra banca e cliente nella prova dell’intesa.
Diverso l’esito per la fideiussione specifica del 2006, in relazione alla quale la Corte ha escluso l’operatività della “prova privilegiata” costituita dal provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia. Ciò in quanto l’istruttoria e l’accertamento ivi contenuti riguardavano esclusivamente lo schema di fideiussione omnibus elaborato dall’ABI, senza investire il distinto settore delle fideiussioni specifiche, prestate cioè a garanzia di singoli rapporti obbligatori.
Per queste ultime tipologie di garanzia, la Corte ha ritenuto che gli appellanti avrebbero dovuto fornire un’autonoma prova dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra gli istituti di credito finalizzata all’applicazione uniforme delle clausole illegittime. Prova che, nel caso concreto, non è stata offerta, conducendo alla conferma di validità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. contenuta nella fideiussione specifica del 2006 e, di conseguenza, alla condanna dei garanti nei limiti dell’importo garantito.
L’analisi della Corte si è attestata, dunque, su un percorso logico e giuridico rigoroso, discendente dall’applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, senza sottrarsi alle eventuali distinzioni imposte dalle peculiarità del caso concreto. Anzitutto, la piena adesione al dictum delle Sezioni Unite in punto di nullità parziale dei contratti di fideiussione a valle, integrati dalle clausole nulle dell’intesa anticoncorrenziale accertata dall’Autorità Garante.
Ma anche la puntuale delimitazione dell’ambito oggettivo e temporale di applicazione del provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, considerato “prova privilegiata” dell’illecita intesa solo per le fideiussioni omnibus rilasciate fino al 2005, non per quelle successive o le distinte fattispecie delle fideiussioni specifiche. Per queste ultime, la Corte ha richiesto un onere probatorio rafforzato in capo ai garanti, coerentemente con il riparto degli oneri probatori delineato dalla giurisprudenza di legittimità.
In definitiva, un’approfondita disamina del caso concreto ha condotto la Corte a un’applicazione mirata e differenziata della normativa antitrust, dichiarando la nullità parziale della sola fideiussione omnibus del 2004, ma confermando la validità della fideiussione specifica del 2006, in assenza della richiesta prova dell’esistenza di un’intesa illecita ad essa sottesa.
MASSIMA RISOLUTIVA DELLA SENTENZA
“I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3, della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata.” (Corte d’Appello di Bari, n.438/2024)
IMPLICAZIONI PRATICHE
La sentenza in esame conferma l’orientamento delle Sezioni Unite sulla nullità parziale delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI censurato per violazione antitrust, limitatamente alle clausole contrarie alla normativa. Ciò consente di preservare la validità del contratto per il resto, salvo prova dell’interdipendenza delle clausole nulle. Un aspetto rilevante riguarda l’ambito di applicazione del provvedimento della Banca d’Italia, considerato prova privilegiata solo per le fideiussioni omnibus fino al 2005, non per quelle successive o specifiche.
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