Il “nuovo” assegno divorzile alla luce delle Sezioni Unite 2018

Affrontiamo la questione del “nuovo” assegno di divorzio alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018.

Com’è noto, l’art. 5, sesto comma, della Legge n. 898/1970 prevede che con la sentenza di divorzio il Tribunale possa disporre la corresponsione di un assegno periodico in favore del coniuge che non ha mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Il Giudice in tal caso è chiamato a valutare la sussistenza dei criteri contemplati dalla norma (condizioni e reddito dei coniugi, ragioni della decisione, contributo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio, proprio o comune), anche in rapporto alla durata del matrimonio.

A seguito dell’intervento della Sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è stato superato lo “storico” criterio del tenore di vita dei coniugi come parametro di determinazione dell’assegno divorzile.

Con l’Ordinanza n. 11178 del 23 aprile 2019 la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha indicato quali sono i criteri e le valutazioni determinanti in materia di assegno divorzile, alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale.

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto contro una Sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la sentenza di primo grado, attributiva dell’assegno divorzile in favore della ex coniuge del ricorrente.

Quest’ultimo contestava il diritto della beneficiaria a percepire l’assegno, lamentando che la Corte si fosse limitata a comparare i redditi delle parti senza verificare se la richiedente fosse oggettivamente impossibilitata a procurarsene di propri.

Contestava inoltre l’ammontare dell’assegno, rilevando che la Corte avesse valutato unicamente la disparità reddituale esistente tra le parti, omettendo invece di applicare i criteri dettati dall’art. 5 della Legge n. 898 del 1970 in punto di quantificazione dell’assegno.

Muovendo dalle predette censure e dal dettato del sopra richiamato articolo 5 della norma sul divorzio, la prima sezione della Corte di Cassazione ha ripercorso la posizione della giurisprudenza sul punto, nel tentativo di chiarire i criteri di determinazione dell’assegno divorzile.

Per circa trent’anni il criterio guida nell’interpretazione dell’art. 5, sesto comma, della legge sul divorzio è stato quello di attribuire all’avente diritto un assegno tale da consentirgli di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

Tale posizione interpretativa, fortemente criticata da quella dottrina timorosa che ciò potesse creare ingiustificate rendite di posizione, è stata poi progressivamente superata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11504 del 2017 che ha affermato l’orientamento opposto, negando il riconoscimento dell’assegno divorzile al richiedente che fosse economicamente autosufficiente (in tal senso si veda anche la Sentenza n. 23602/2017).

L’acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale sorto tra i due contrapposti orientamenti è culminato nel noto intervento delle Sezioni Unite, che con la recente Sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 hanno adottato una linea interpretativa di totale rottura rispetto al passato, sintetizzata nei punti che seguono:

– definitivo abbandono di entrambi i criteri (tenore di vita ed autosufficienza economica del richiedente posti alla base dei contrapposti orientamenti sopra richiamati;

– superamento della struttura necessariamente bifasica del procedimento di determinazione dell’assegno divorzile, abbandonando così la distinzione fondata sulla natura attributiva o determinativa dei criteri richiamati dall’art. 5, comma 6, della legge sul divorzio;

– disconoscimento di una funzione meramente assistenziale all’assegno divorzile, a favore di una natura composita dello stesso, che alla funzione assistenziale unisce quella perequativa e compensativa;

– pariteticità ed equiordinazione dei criteri previsti all’art. 5, sesto comma, della Legge n. 898/1970;

– abbandono di una concezione astratta del criterio di “adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi”, a favore di una visione concreta, relativa allo specifico contesto coniugale;

– valutazione necessariamente complessiva dell’intera storia coniugale e prognosi futura, determinando l’assegno in base all’età e allo stato di salute dell’avente diritto, nonché alla durata del vincolo coniugale;

– valorizzazione del profilo perequativo – compensativo dell’assegno, accertando in maniera rigorosa il nesso causale esistente tra scelte endo-familiari e situazione del richiedente al momento di scioglimento del vincolo coniugale.

Con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno dunque abbandonato la prospettiva individualista fatta propria dalla Corte nel 2017 (Cass. n. 11504/2017), valorizzando il principio di solidarietà post coniugale nel pieno rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione.

Diretta conseguenza di tale impostazione è che, al fine di stabilire se ed eventualmente in che misura spetti l’assegno divorzile, il Giudice è chiamato a procedere secondo l’iter logico sopra delineato.

In primo luogo provvederà a comparare, anche d’ufficio, le condizioni economico-patrimoniali delle parti.

Qualora dovesse risultare che il richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli, il Giudice provvederà ad accertare rigorosamente le cause di questa sperequazione alla luce dei parametri indicati all’art. 5 sesto comma della Legge n. 898/1970.

In particolare, sarà chiamato a valutare se ciò dipenda dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio.

All’esito di tali valutazioni provvederà infine a quantificare l’assegno divorzile, rapportandolo non (più) al pregresso tenore di vita familiare né all’autosufficienza economica del richiedente, ma assicurando all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo fornito come sopra indicato.

Ora, come si vede, non è sufficiente che il coniuge che richiede l’assegno divorzile dimostri l’entità del contributo apportato al nucleo familiare, ma è necessario che tale contributo abbia inciso negativamente sulle proprie aspettative personali e professionali, al punto che sia rimasto privo di mezzi adeguati per essere economicamente autosufficiente.

Avv. Cosimo Montinaro 

 

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