Buoni fruttiferi postali senza indicazione della serie: prevale la tutela dell’affidamento del sottoscrittore – Sentenza Corte d’Appello di Napoli 2024

Buoni fruttiferi postali senza indicazione della serie: prevale la tutela dell’affidamento del sottoscrittore – Sentenza Corte d’Appello di Napoli 2024

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 2024 ha riacceso i riflettori su una questione di grande interesse per migliaia di risparmiatori italiani: la tutela dell’affidamento dei sottoscrittori di buoni fruttiferi postali. Il caso in esame solleva interrogativi cruciali: quanto peso ha la mancata indicazione della serie sul titolo? Come si bilanciano gli obblighi informativi di Poste Italiane con la tutela del legittimo affidamento dei risparmiatori? La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente a garantire la conoscibilità delle condizioni contrattuali? La decisione della Corte offre spunti di riflessione importanti, delineando un approccio che potrebbe avere ripercussioni significative su contenziosi analoghi.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria prende le mosse dal ricorso presentato da una procuratrice speciale per conto di due coniugi, titolari di undici buoni fruttiferi postali sottoscritti il 5 marzo 2001 presso un ufficio postale in provincia di Avellino. Nove di questi buoni avevano un valore di 1.000 euro ciascuno, mentre i restanti due erano del valore di 5 milioni di lire ciascuno.

Il contenzioso nasce quando, nell’ottobre 2018, i coniugi si recano presso l’ufficio postale per riscuotere i buoni. In questa occasione, Poste Italiane rifiuta il pagamento, eccependo l’intervenuta prescrizione decennale del diritto al rimborso. È solo in questo momento che i titolari dei buoni vengono informati che i titoli in loro possesso appartengono alla serie “AA1“, emessa tra il 28 dicembre 2000 e il 13 aprile 2001, caratterizzata da una durata di sei anni, anziché dalla durata ordinaria.

Di fronte al rifiuto di Poste Italiane, i coniugi, attraverso la loro procuratrice, intentano un’azione legale. Nel ricorso, evidenziano diverse criticità relative ai buoni in questione:

  1. L’assenza del timbro indicante la data di scadenza e il tasso di rendimento degli interessi.
  2. La mancata indicazione del tipo di serie di appartenenza.
  3. L’assenza di informazioni sul retro dei buoni, dove è riportata solo la data di emissione.

La difesa dei ricorrenti sottolinea che, trattandosi di titoli a termine, avrebbe dovuto essere chiaramente indicata una scadenza precisa. Questa omissione, sostengono, ha impedito ai beneficiari di conoscere il dies a quo dal quale sarebbe iniziata a decorrere la prescrizione del diritto alla restituzione del capitale e degli interessi maturati.

Inoltre, viene lamentata la mancata consegna del foglio informativo contenente la descrizione delle caratteristiche e degli elementi essenziali dei titoli emessi, nonché delle condizioni di rimborso, come previsto dall’art. 6 del D.M. del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica del 19 dicembre 2000. Questa omissione, secondo i ricorrenti, configurerebbe una violazione dei principi di trasparenza, pubblicità, correttezza, diligenza e buona fede, sanciti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile.

Sulla base di queste argomentazioni, i ricorrenti chiedono al Tribunale di dichiarare l’illegittimità del mancato rimborso da parte di Poste Italiane e di condannare quest’ultima al pagamento di 14.164,56 euro per sorte capitale, maggiorato degli utili maturati e degli interessi legali fino al soddisfo.

Poste Italiane si costituisce in giudizio, eccependo la prescrizione dei buoni fruttiferi postali oggetto di causa. L’azienda sostiene che i buoni, emessi il 5 marzo 2001, appartenevano alla serie AA1, istituita con il D.M. del 19 dicembre 2000. Secondo Poste Italiane, tali titoli riconoscevano un rendimento pari al 35% del capitale investito al lordo delle ritenute fiscali al compimento del sesto anno dalla data di emissione. Di conseguenza, argomenta Poste Italiane, i buoni sarebbero scaduti il 5 marzo 2007 e avrebbero potuto essere rimborsati entro e non oltre il 6 marzo 2017.

Poste Italiane sottolinea inoltre che sui buoni compariva in maniera chiara la dicitura “a termine” e che il D.M. 19 dicembre 2000, istitutivo della serie AA1, era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000, indicando rendimento e scadenza di tali titoli. Secondo l’azienda, quindi, gli intestatari dei buoni fruttiferi avevano a disposizione tutti gli strumenti e le informazioni necessarie per conoscere la durata dei titoli, nonché le modalità e la tempistica utile per la riscossione.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce in un contesto normativo e giurisprudenziale complesso, che richiede un’attenta analisi dei principi e delle disposizioni rilevanti.

In primo luogo, è necessario fare riferimento al Decreto Ministeriale del 19 dicembre 2000, emanato dal Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, che stabilisce le “Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni“. Questo decreto è fondamentale per comprendere il quadro normativo entro cui si colloca la controversia.

L’articolo 1 del suddetto decreto stabilisce che “L’emissione dei buoni fruttiferi postali viene effettuata per “serie” con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, adottati ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 284/1999, ove sono indicati il prezzo, il taglio, il tasso di interesse, la durata, l’eventuale importo massimo sottoscrivibile da un unico soggetto nella giornata lavorativa, nonché ogni altro elemento ritenuto necessario.”

Di particolare rilevanza per il caso in esame è l’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto, che dispone: “Per il collocamento dei buoni fruttiferi postali rappresentati da documento cartaceo viene consegnato al sottoscrittore il titolo e il foglio informativo contenente la descrizione delle caratteristiche dell’investimento.” Questa disposizione è cruciale per valutare gli obblighi informativi di Poste Italiane nei confronti dei sottoscrittori.

Il decreto introduce due nuove serie di buoni fruttiferi postali: la serie “A1” e la serie “AA1”. Le condizioni di queste serie sono disciplinate rispettivamente nella Parte Seconda e nella Parte Terza del decreto. In particolare:

  • L’articolo 14 regola i buoni della serie “A1”, stabilendo che possono “essere liquidati, in linea capitale e interessi, entro la fine del ventesimo anno successivo a quello di emissione.”
  • L’articolo 18 disciplina i buoni della serie “AA1”, prevedendo che possono “essere liquidati, in linea capitale e interessi, al termine del sesto anno successivo a quello di emissione.”

Questa distinzione è fondamentale per comprendere la controversia in esame, dato che la mancata indicazione della serie sui buoni oggetto di causa ha generato incertezza sul regime applicabile.

Sul piano giurisprudenziale, il caso richiama importanti precedenti della Corte di Cassazione in materia di tutela dell’affidamento del sottoscrittore di buoni fruttiferi postali.

In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite n. 13979/2007 ha affrontato il problema della divergenza tra il testo del buono e la disciplina normativa ad esso applicabile, quando quest’ultima sia peggiorativa rispetto alle condizioni riportate sul buono. In questo caso, la Suprema Corte ha stabilito che deve essere tutelato l’affidamento del sottoscrittore su quanto espressamente indicato nel testo del buono sottoscritto.

Questo principio è stato successivamente ribadito e sviluppato in altre pronunce, come l’ordinanza n. 19002/2017 della Cassazione, che ha confermato la prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a eventuali modifiche normative peggiorative non riportate sul buono stesso.

Tuttavia, il caso in esame presenta una peculiarità: non si tratta di una divergenza tra il testo del buono e la normativa applicabile, ma di una mancanza di informazioni sul buono stesso, in particolare l’assenza dell’indicazione della serie di appartenenza.

In questo contesto, assumono rilevanza i principi generali del diritto civile, in particolare gli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile, che sanciscono rispettivamente i doveri di correttezza e di buona fede nell’esecuzione del contratto. Questi principi, come sottolineato dalla giurisprudenza, permeano l’intero ambito dei rapporti bilaterali, dalla fase delle trattative (art. 1337 c.c.) fino all’interpretazione del negozio concluso (art. 1366 c.c.).

Infine, è importante considerare il regime della prescrizione applicabile ai buoni fruttiferi postali. L’articolo 8 del D.M. 19 dicembre 2000 estende a dieci anni il termine di prescrizione, in deroga al termine quinquennale menzionato sui buoni nn. 06.663.249 13 e 06.663.250 13 oggetto della controversia.

Questo quadro normativo e giurisprudenziale costituisce la base su cui la Corte d’Appello di Napoli ha fondato la sua decisione, cercando di bilanciare gli obblighi informativi di Poste Italiane con la tutela del legittimo affidamento dei sottoscrittori dei buoni fruttiferi postali.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza in esame, ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello proposto da Poste Italiane S.p.A. e affermando alcuni principi fondamentali in materia di tutela dell’affidamento dei sottoscrittori di buoni fruttiferi postali.

Il primo punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la rilevanza della dicitura “A TERMINE” presente sui buoni oggetto di controversia. Poste Italiane sosteneva che tale dicitura fosse sufficiente a caratterizzare i buoni come appartenenti alla serie AA1, con conseguente applicazione del termine di prescrizione più breve. La Corte, tuttavia, ha respinto questa argomentazione, sottolineando che dall’articolo 18 del D.M. 19 dicembre 2000, che disciplina la durata e gli interessi dei buoni fruttiferi della serie AA1, non emerge alcun elemento che avrebbe consentito agli intestatari di ricondurre i buoni a tale serie sulla base della sola presenza della dicitura “a termine“.

Questo passaggio della sentenza è particolarmente significativo perché evidenzia l’importanza di una comunicazione chiara e inequivocabile delle caratteristiche essenziali del prodotto finanziario. La mera presenza di una dicitura generica come “a termine” non può essere considerata sufficiente a informare adeguatamente il sottoscrittore sulle specifiche condizioni contrattuali, soprattutto quando queste comportano una significativa riduzione dei diritti dell’investitore.

Il secondo aspetto fondamentale della decisione riguarda gli obblighi di informazione e comunicazione alla clientela. La Corte ha respinto l’argomento di Poste Italiane secondo cui la sola pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale del 19 dicembre 2000 costituirebbe condizione necessaria e sufficiente per la conoscibilità delle condizioni contrattuali. Al contrario, la Corte ha ribadito l’importanza del foglio informativo previsto dall’articolo 3, comma 1, del D.M. 19 dicembre 2000, che deve essere consegnato al sottoscrittore insieme al titolo e contenere la descrizione delle caratteristiche dell’investimento.

Questa statuizione è di particolare rilievo perché afferma un principio di trasparenza e tutela del consumatore che va oltre il mero adempimento formale degli obblighi di pubblicità legale. La Corte riconosce che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, pur essendo un requisito necessario, non è di per sé sufficiente a garantire un’effettiva conoscenza delle condizioni contrattuali da parte dell’investitore medio. L’obbligo di consegna del foglio informativo si configura quindi come uno strumento essenziale per colmare il gap informativo tra l’emittente e il sottoscrittore, garantendo a quest’ultimo la possibilità di comprendere pienamente le caratteristiche del prodotto finanziario acquistato.

La Corte ha poi affrontato la questione centrale dell’incertezza creata dalla mancata indicazione della serie di appartenenza sui buoni. In assenza di questa informazione fondamentale, la Corte ha ritenuto che non si potessero applicare le condizioni meno favorevoli previste per i buoni della serie AA1, in particolare per quanto riguarda il termine di prescrizione. Questa decisione si fonda sui principi di buona fede e correttezza nello svolgimento del rapporto contrattuale, sanciti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile.

L’approccio adottato dalla Corte d’Appello di Napoli si inserisce nel solco della giurisprudenza della Cassazione che, come visto, ha più volte affermato la necessità di tutelare l’affidamento del sottoscrittore basato sulle informazioni espressamente riportate sul titolo. Tuttavia, la peculiarità di questo caso risiede nel fatto che l’incertezza non deriva da una divergenza tra il testo del buono e la normativa applicabile, ma da una carenza informativa sul titolo stesso.

La decisione della Corte di applicare le condizioni più favorevoli al sottoscrittore in caso di incertezza rappresenta un’importante estensione del principio di tutela dell’affidamento. Essa riconosce che, in presenza di un’ambiguità creata dall’emittente stesso attraverso l’omissione di informazioni essenziali, il rischio dell’incertezza non può ricadere sul sottoscrittore, che è la parte più debole del rapporto contrattuale.

Questa impostazione ha importanti implicazioni pratiche. Da un lato, essa incentiva gli emittenti di prodotti finanziari a essere quanto più possibile chiari e trasparenti nella comunicazione delle condizioni contrattuali, non limitandosi al mero rispetto formale degli obblighi di legge. Dall’altro, offre una maggiore tutela ai risparmiatori, garantendo loro una protezione anche in situazioni di ambiguità o incompletezza informativa.

La sentenza della Corte d’Appello di Napoli si configura quindi come un importante precedente in materia di tutela del risparmio e di trasparenza nei rapporti tra intermediari finanziari e clienti. Essa ribadisce l’importanza di una comunicazione chiara, completa e comprensibile delle caratteristiche dei prodotti finanziari, ponendo l’onere della chiarezza in capo all’emittente.

Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda il rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata da Poste Italiane. La Corte, applicando il principio di tutela dell’affidamento, ha ritenuto che in assenza di una chiara indicazione della serie di appartenenza dei buoni, non potesse essere applicato il termine di prescrizione più breve previsto per la serie AA1. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché estende significativamente il periodo entro il quale i sottoscrittori possono richiedere il rimborso dei buoni.

È interessante notare come la Corte abbia bilanciato diversi principi giuridici nel giungere a questa conclusione. Da un lato, ha riconosciuto l’importanza della certezza del diritto e della stabilità dei rapporti giuridici, che sono alla base dell’istituto della prescrizione.  

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ESTRATTO DELLA SENTENZA

Dalla lettura dell’art. 18 del DM 19 dicembre 2000 – che disciplina la durata e gli interessi dei buoni fruttiferi della serie AA1 – non emerge alcun elemento che avrebbe consentito agli intestatari dei buoni oggetto di causa, di ricondurli alla serie AA1, per la sola circostanza della presenza sugli stessi della dicitura “a termine”, atteso che in nessuna parte dell’art. 18 si fa riferimento alla dicitura “a termine”, caratterizzante la serie AA1 […]

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