La cessione di crediti da finanziamento, pratica comune nel panorama bancario italiano, richiede una rigorosa documentazione probatoria per legittimare il cessionario ad agire nei confronti del debitore ceduto. Una recente pronuncia del Tribunale di Roma ha ribadito tale principio, ponendo l’accento sulla necessità di dimostrare con precisione la “catena” di cessioni che conduce alla titolarità del credito azionato, pena la revoca del decreto ingiuntivo.
Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione sulla legittimazione attiva del cessionario in caso di cessioni “a catena” e sugli strumenti probatori necessari per dimostrare la titolarità del credito, anche in presenza di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso ex art. 58 TUB.
Avv. Cosimo Montinaro – e-mail segreteria@studiomontinaro.it
Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda giudiziaria trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto dalla società Italcapital S.r.l. presso il Tribunale Civile di Roma. Con tale provvedimento, emesso nel marzo 2022, il giudice ingiungeva al debitore di pagare la somma di oltre 23.000 euro, oltre interessi e spese del procedimento monitorio.
Il credito oggetto della controversia derivava da un contratto di finanziamento stipulato nel marzo 2010 tra il debitore e Findomestic, per un importo complessivo di circa 30.000 euro da restituire mediante 84 rate mensili. Secondo quanto sostenuto in giudizio, la società Italcapital S.r.l. aveva agito in qualità di cessionaria di tale credito, a seguito di una complessa catena di cessioni che avrebbe visto il trasferimento del diritto di credito prima da Findomestic a Banca Ifis S.p.A., e successivamente da quest’ultima a Italcapital.
A fronte dell’emissione del decreto ingiuntivo, il debitore propose opposizione chiedendo la revoca del provvedimento con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa. Le eccezioni sollevate dall’opponente si incentravano principalmente su due profili: da un lato, il difetto di titolarità in capo a Italcapital S.r.l. in relazione al credito azionato in via monitoria; dall’altro, l’inesistenza del finanziamento per mancato perfezionamento del contratto o per mancata erogazione delle somme.
Costituitasi in giudizio, Italcapital S.r.l. contestò le deduzioni avversarie e chiese di respingere l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo impugnato. In via subordinata, domandò la condanna dell’opponente al pagamento della somma risultante dall’attività istruttoria, oltre alla refusione delle spese e compensi di lite.
Nel corso del procedimento venne acquisita la documentazione prodotta dalle parti. Con ordinanza del dicembre 2022, il giudice respinse sia la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, sia l’istanza di concessione di termine per l’introduzione del procedimento di mediazione obbligatoria. All’udienza di dicembre 2024, il Giudice trattenne la causa in decisione concedendo i termini previsti dall’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La questione centrale affrontata dal Tribunale di Roma verte sull’onere della prova in capo al cessionario di crediti relativamente alla legittimazione sostanziale per agire nei confronti del debitore ceduto. Il quadro normativo di riferimento è costituito principalmente dall’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993 (Testo Unico Bancario), che disciplina la cessione di rapporti giuridici in blocco da parte degli istituti bancari.
Tale disposizione prevede particolari modalità di pubblicità della cessione attraverso la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, con effetti di esonero dall’obbligo di notifica della cessione al debitore ceduto. Tuttavia, come evidenziato nella sentenza in esame, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non esime il cessionario dal provare la specifica inclusione del credito vantato nel perimetro della cessione.
Di particolare rilevanza è il principio giurisprudenziale richiamato dal Tribunale, affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24798 del 5 novembre 2020 (Sezione VI-I). Secondo tale pronuncia, “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta“.
Questo orientamento della Cassazione risulta determinante nella decisione del caso, poiché pone in capo al cessionario non solo l’onere di provare l’esistenza di un’operazione di cessione in blocco, ma anche di dimostrare specificamente che il credito azionato rientri tra quelli oggetto della cessione stessa.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione proposta dal debitore, revocando il decreto ingiuntivo emesso in favore di Italcapital S.r.l. La ratio decidendi si fonda sull’accertamento del difetto di titolarità in capo alla società in relazione al credito azionato in fase monitoria.
L’analisi del giudice si concentra sulla catena di cessioni che avrebbe dovuto legittimare Italcapital ad agire nei confronti del debitore. In particolare, per poter validamente rivendicare il credito, la società avrebbe dovuto dimostrare due passaggi fondamentali: il trasferimento del credito da Findomestic a Banca Ifis S.p.A. e il successivo trasferimento da Banca Ifis a Italcapital.
Esaminando il materiale probatorio, il Tribunale ha riscontrato una carenza documentale determinante. L’unico documento prodotto dalla società era l’avviso ex art. 58 TUB pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 2017, riguardante la cessione in blocco da Banca Ifis S.p.A. a Italcapital S.r.l. In tale atto venivano menzionati vari crediti acquisiti da Banca Ifis, tra cui quelli acquistati mediante contratti di cessione stipulati con Findomestic Banca in diverse date tra il 2008 e il 2015.
Tuttavia, il giudice ha evidenziato come non fosse stato prodotto né il contratto di cessione dei crediti in blocco da Findomestic a Banca Ifis, né alcun avviso di cessione ex art. 58 TUB da cui fosse possibile rilevare specificamente l’inclusione del credito vantato verso l’opponente. Anche l’elenco prodotto dalla società opposta come “lista crediti ceduti Italcapital Banca Ifis” è stato ritenuto privo di valore probatorio, rappresentando un mero elenco non sottoscritto di nominativi, senza alcun riferimento al contesto e all’atto al quale sarebbe stato eventualmente allegato.
Il Tribunale ha quindi concluso che, pur volendo considerare sufficientemente provato il trasferimento del credito da Banca Ifis a Italcapital (secondo passaggio), altrettanto non poteva dirsi per il primo trasferimento, ossia quello da Findomestic a Banca Ifis. L’insufficienza probatoria relativa al primo passaggio si riverberava automaticamente sul secondo, determinando l’insussistenza di una prova adeguata della titolarità del credito in capo a Italcapital.