Cosa fare se il debitore vende tutti i suoi beni?

Come può tutelarsi il creditore se il debitore vende tutti i suoi beni, rendendosi impossidente?

Naturalmente, nessuno può impedire al debitore di compiere atti che modifichino la consistenza del suo patrimonio (come, ad esempio, vendere un’automobile o un’abitazione), soprattutto se tali atti rientrano nella sua normale attività (v. Cass. 31 ottobre 2014, n. 23158).

Tuttavia, in questi casi, a tutela del creditore interviene il codice civile attraverso il rimedio della c.d. azione revocatoria ex art. 2901 c.c. (detta anche “pauliana”, dal diritto romano).

Cos’è l’azione revocatoria?

Nello specifico, l’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale finalizzato a far dichiarare l’inefficacia degli atti di disposizione patrimoniale con cui il debitore ha arrecato pregiudizio alle ragioni dei creditori. In altri termini, se il debitore aliena l’unico immobile di cui è proprietario, l’atto di compravendita è valido a tutti gli effetti ma, dopo aver esperito positivamente l’azione revocatoria, diventa inefficace nei confronti del solo creditore. In altri termini ancora, a seguito di revocatoria, l’abitazione venduta non rientra nel patrimonio del debitore, ma, ciò nonostante, può essere ugualmente aggredita dal creditore tramite pignoramento e, quindi, sottoposta ad esecuzione forzata per essere venduta all’asta.

Prescrizione dell’azione revocatoria

Ai sensi dell’art. 2903, l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, a prescindere dalla circostanza che il creditore ne fosse a conoscenza. Il termine quinquennale decorre anche se il credito da tutelare non è esigibile, è contestato o soggetto ad accertamento (Cass. 22 gennaio 1999 n. 591).

Chi può proporre l’azione revocatoria

Soggetto legittimato attivamente a proporre l’azione revocatoria è il creditore, quand’anche il suo credito non sia certo, liquido ed esigibile (v. Cass. 15 maggio 2018, n. 11755; Cass. 7 marzo 2017, n. 5618;). Di più: l’azione revocatoria può essere promossa anche se il credito dell’attore risulti oggetto di contestazione in separato giudizio: c.d. credito litigioso (v. Cass., sez. un., 18 maggio 2004, n. 9440; e, da ultimo, Cass. 29 gennaio 2016, n. 1658). L’importante è che il credito possa valutarsi come probabile, anche se non è ancora definitivamente accertato (v. Cass. 15 maggio 2018, n. 11755).

Presupposti essenziali dell’azione revocatoria

a) un atto di disposizione, ossia un atto negoziale in forza del quale il debitore modifica la propria situazione patrimoniale, o trasferendo ad altri un diritto che gli appartiene o assumendo un obbligo nuovo verso terzi o costituendo su propri beni diritti a favore di terzi;

b) il c.d. eventus damni, ossia un pregiudizio per il creditore, consistente nel fatto che, come conseguenza dell’atto di disposizione compiuto, il patrimonio del debitore rischia di divenire insufficiente a soddisfare tutti i creditori.

c) la c.d. scientia fraudis o scientia damni del debitore, ossia la conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore. Non occorre la specifica intenzione di nuocere ai creditori (c.d. animus nocendi), essendo sufficiente che il debitore abbia la consapevolezza che, a seguito dell’atto dispositivo, il suo patrimonio divenga incapiente.

Nel caso in cui l’atto dispositivo è a titolo oneroso, occorre, per la proponibilità dell’azione, anche la c.d. participatio fraudis del terzo: ossia la consapevolezza da parte del terzo che l’atto dispositivo avrebbe arrecato pregiudizio ai creditori, al punto da compromettere la realizzazione delle loro ragioni.

Soggetto a revocatoria non è solo l’atto dispositivo compiuto dal debitore successivamente al sorgere del credito, ma anche quello posto in essere anteriormente (art. 2901, comma 1 nn. 1 e 2, c.c.): in tale ultimo caso, però, non è sufficiente la sussistenza della scientia damni, ma occorre il c.d. consilium fraudis, ossia, la dolosa preordinazione in frode delle ragioni del (futuro) creditore da parte del (futuro) debitore (v. Cass. 20 febbraio 2015, n. 3461) e, ove si tratti di atto a titolo oneroso, anche da parte del terzo (v. Cass. 7 ottobre 2016, n. 20251).

L’onere di fornire la prova della scientia fraudis e del consilium fraudis (sia del debitore che del terzo), grava sempre su chi agisce in revocatoria (v. Cass. 29 gennaio 2016, n. 1658).

Avv. Cosimo Montinaro

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